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domanda a uno psicologo


mio

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vorrei sapere scientificamente come è considerato e cosa è il "pensiero" qualcuno mi sa rispondere non per idea propria ma per averlo studiato?

Grazie :Big Grin:

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La domanda è interessante :Big Grin: . Sono curioso anche io!

Mentre aspettiamo una risposta professionale, per non saper leggere né scrivere

(ma copincollare si! :Whistle: ) vado a lustrare la parola nel topic dei lustraparole...

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La domanda è interessante :Big Grin: . Sono curioso anche io!

Mentre aspettiamo una risposta professionale, per non saper leggere né scrivere

(ma copincollare si! :Whistle: ) vado a lustrare la parola nel topic dei lustraparole...

lustraparole?? cos'è ste?

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lustraparole?? cos'è ste?

Hai presente i sciuscià, i ragazzini che lustravano le scarpe?

Ecco... qualcosa di simile solo che invece che le scarpe... le parole.

Il topic è in coccole e carezze e io e Datango abbiamo già lustrato mezzo vocabolario italiano! :icon_surprised:

E' un lavoro sporco e duro... :im Not Worthy: ... ma qualcuno lo dovrà pur fare!

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I L P E N S I E R O

I) è la facoltà di conoscere e comprendere gli aspetti generali e universali delle cose, senza dipendere immediatamente, e di volta in volta, dalle singole cose e dagli aspetti isolati con cui esse ci appaiono. Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione". Ad es. con la parola "mela" possono essere comprese e identificate tutte le mele del mondo, anche se ogni mela può essere diversa dall'altra. Inoltre col concetto di "mela" s'intende un vasto complesso di elementi strettamente integrati: forma, colore, volume, peso, ecc.

II) Il pensiero è presente in ogni fenomeno cosciente: è l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona. Abbiamo un pensiero percettivo che ci mette in contatto con gli avvenimenti che accadono in noi e nel mondo esterno; un pensiero immaginativo che ci rappresenta i dati percepiti o evocati dal passato; un pensiero associativo che stabilisce un certo ordine tra i vari fenomeni psichici; un pensiero affettivo che elabora le manifestazioni della nostra affettività; un pensiero volitivo che presiede ad ogni azione volontaria.

III) Il pensiero si eleva al di sopra del mondo delle percezioni per formare schemi generali che sono i concetti; esso afferra relazioni e trasforma il materiale fornito dai ricettori sensoriali in un sistema di giudizi, attraverso un processo di analisi e sintesi (ragionamenti).

La formazione dei concetti. Presupposto necessario alla formazione del ragionamento è il concetto: termine con cui ci si riferisce ad un simbolo astratto e generale che racchiude tutte le caratteristiche più rilevanti, comuni a un gruppo determinato di oggetti o eventi. I concetti si formano perché il nostro pensiero separa nella realtà quello che è utile o essenziale da ciò che è superfluo, ovvero le caratteristiche costanti da quelle variabili. Noi riconosciamo e classifichiamo gli oggetti sulla base dei concetti. Questo processo di schematizzazione dei dati percettivi rappresenta una grande economia di energia e di pensiero. Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.

Il pensiero come giudizio. Si parla di giudizio esplicito quando dalla percezione (che di per sé può anche costituire un giudizio implicito) si passa ad una riflessione cosciente, espressa verbalmente o per iscritto o in maniera gestuale. L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Ad es. il viso di una persona incontrata ci fa venire in mente quello di un'altra persona: questa associazione per somiglianza, per diventare giudizio, richiede che il pensiero decida la verità o la falsità dell'asserzione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.

Il pensiero come ragionamento. Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo. Il giudizio di conclusione scaturisce dalle premesse, considerate come evidenti, e dai rapporti logici con altri giudizi che si fanno nel corso del ragionamento. Il passaggio da un giudizio all'altro costituisce il processo della ragione, che è appunto una serie coordinata di giudizi in un tutto organico. Dai dati particolari passiamo, con un procedimento induttivo, ai principi generali e dai principi generali, con un procedimento deduttivo, passiamo alle conseguenze particolari; oppure procediamo per somiglianze, ma il procedimento per analogia non è rigoroso.

IV) Il pensiero nell'età evolutiva. Il pensiero si struttura durante l'età evolutiva, in rapporto alla progressiva maturazione fisica e psichica dell'individuo.

Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione. Il bambino inizia a ragionare con la forma analogica, che risponde al primo bisogno di "prova", cioè con un procedimento di verosimiglianza che va da un particolare a un altro particolare, detto "transduttivo" (aldilà della deduzione). Questo pensiero difetta di analisi, è irreversibile, unidirezionale.

Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.

L'adolescente supera il ragionamento concreto del fanciullo, basato unicamente sulle azioni e sulla realtà, e sconfina nel campo del pensiero puro, della logica formale (aritmetica, matematica, geometria ecc.), dando così inizio al ragionamento ipotetico-deduttivo, svincolato da ogni dipendenza dal reale.

V) Caratteristiche essenziali del pensiero logico

Un pensiero sensoriale è concreto, un pensiero intellettuale è astratto. La capacità di astrazione permette di cogliere l'essenziale di un tutto, di analizzare il tutto nelle sue parti e di riunirle nell'unità della sintesi. Un pensiero logico ha la capacità di riflettere sulle proprietà comuni delle cose, di schematizzarle nella struttura del concetto e di ordinare i concetti in un serie gerarchica, secondo il loro grado di astrazione. Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri.

Da ricordare anche il pensiero intuitivo, che ci permette di cogliere la verità non col ragionamento, ma con una specie di illuminazione interna, improvvisa, inconscia. Questo pensiero spesso lo si ritrova (unito al pensiero logico) a capo di molte scoperte scientifiche, ma soprattutto nel campo artistico e religioso.

VI) Ovviamente l'articolazione del pensiero presuppone l'uso della parola, sia essa pensata, parlata, scritta o espressa col linguaggio dei sordomuti. Senza il linguaggio che socializza i pensieri, non sarebbe possibile pensare, come senza pensiero sarebbero impossibili il linguaggio interiore ed esteriore. Il pensiero precede, anzi crea la parola, ma la parola, a sua volta, è creatrice di pensiero, perché la parola creata torna al pensiero, lo precisa, lo arricchisce, lo sviluppa.

VII) Il pensiero produttivo

Il pensiero produttivo è quella forma di ragionamento che entra in azione ogni volta che ci troviamo di fronte a una situazione problematica, possibile di soluzione, ma tale da non presentare possibilità di soluzioni immediate e da non permettere nemmeno l'impiego di schemi di comportamento abituali. Tale situazione, se risolta, porta in genere a una nuova conoscenza.

Su questa particolare forma di pensiero è da vedere il contributo offerto dagli studi sulla psicologia animale compiuti da Kohler (uno dei maggiori esponenti della psicologia della percezione).

Le sue numerose osservazioni possono essere ricondotte a questo schema: un animale è affamato e quindi motivato a prendere cibo; questo non può essere raggiunto direttamente; per farlo l'animale deve risolvere un piccolo problema (p.es. aggirare la gabbia, utilizzare delle cassette o dei bastoni). I risultati mostrano che lo scimpanzé giunge alla soluzione mediante un'improvvisa riorganizzazione del campo psicologico (ciò soprattutto avviene nel momento in cui, p.es., il bastone cambia di significato e diviene da oggetto per giocare a strumento).

Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.

A volte risulta difficile vedere altre proprietà o funzioni in un oggetto che è sempre stato utilizzato in una determinata maniera (p.es. una bottiglia che in una situazione d'emergenza può anche essere vista come "candeliere").

Quando questa fissità dovuta all'abitudine è tale da precludere con un certa forza la soluzione dei problemi, si parla di rigidità mentale.

Tuttavia l'individuo, a differenza dell'animale, può distaccarsi dalla situazione, mettersi al di fuori della presenza reale degli oggetti, al fine di cercare la giusta soluzione. In lui si realizza il ragionamento che è reso possibile in quanto ha raggiunto il pensiero concettuale.

VIII) Il pensiero onirico

Freud è stato il primo ad occuparsi seriamente dei sogni in maniera del tutto nuova rispetto alle teorie mediche precedenti. Egli riteneva che il sogno, come il lapsus, doveva essere considerato come un fenomeno psichico finalizzato a soddisfare un desiderio inconscio attraverso un'allucinazione visiva che assume il carattere di realtà.

Il sogno è una forma particolare di pensiero in cui non ci sembra di pensare bensì di vivere, accettando in buona fede delle allucinazioni.

I pensieri vengono trasformati in immagini (per lo più visive): le rappresentazioni delle parole vengono trasposte in rappresentazioni di cose concordanti, che divengono consce come percezione sensoriale.

Nel sogno agisce la censura che maschera il materiale inconscio prima che possa accedere alla coscienza sotto forma di sogno. Se il desiderio rimosso non ha una sufficiente copertura, il sogno è regolarmente accompagnato da angoscia, che interrompe il sonno.

Il pensiero onirico segue una logica diversa dal pensiero vigile, creando contatti e legami e coincidenze anche quando non esistono o sono irreali. Le scene visive che costituiscono il sogno rappresentano il contenuto manifesto, dall'analisi del quale si può risalire al contenuto latente.

CERTO CHE METTERE UN LIMITE O DARE LA DEFINIZIONE DI PENSIERO E' IMPRESA IMPOSSIBILE E INUTILE

NON VI E' PENSIERO PIU' INUTILE CHE IL PENSIERO DELLA ONNISCENZA DEFINIZIONALE.

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vorrei sapere scientificamente come è considerato e cosa è il "pensiero" qualcuno mi sa rispondere non per idea propria ma per averlo studiato?

Grazie :icon_surprised:

è un processo mentale di tipo cognitivo, è la nostra struttura più complessa..

il pensiero ha una struttura rappresentativa legata alla percezione..

la struttura è innata e si divide in intelligenza, percezione ed apprendimento..

il pensiero può essere divergente [= affrontare i problemi con più soluzioni ], convergente [= affrontare i problemi con una sola soluzione ] e cratività che è una parte innata

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IL PENSIERO SECONDO ME NN E' ALTRO CHE CONTINUE PIPPE MENTALI

E ROMPONO I MARONI QUOTIDIANAMENTE.

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il pensiero è una differenza di potenziale ai capi di un neurone

NN SE SONO ATROFIZZATI COME I MIEI!!!!

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IL PENSIERO SECONDO ME NN E' ALTRO CHE CONTINUE PIPPE MENTALI

E ROMPONO I MARONI QUOTIDIANAMENTE.

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I L P E N S I E R O

Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione".

è l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona.

Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.

L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.

Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo.

Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione.

Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.

Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri.

Da ricordare anche il pensiero intuitivo, che ci permette di cogliere la verità non col ragionamento, ma con una specie di illuminazione interna, improvvisa, inconscia.

Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.

Tuttavia l'individuo, a differenza dell'animale, può distaccarsi dalla situazione, mettersi al di fuori della presenza reale degli oggetti, al fine di cercare la giusta soluzione. In lui si realizza il ragionamento che è reso possibile in quanto ha raggiunto il pensiero concettuale.

CERTO CHE METTERE UN LIMITE O DARE LA DEFINIZIONE DI PENSIERO E' IMPRESA IMPOSSIBILE E INUTILE

NON VI E' PENSIERO PIU' INUTILE CHE IL PENSIERO DELLA ONNISCENZA DEFINIZIONALE.

grazie Nello,

hai dato un apporto fantastico a tutto cio che conoscevo e per il quale volevo riscontro....

In effetti definire il pensiero non avrebbe significato se non per un ragionamento mio personale al quale volevo arrivare, e devo dire la verità non credevo che da una spigazione psicologica-scientifica avrei avuto tante conferme quante credevo....

adesso vi pongo un mio ragioneamento che spero piacerà o interesserà qualcuno di voi.

Il mio interesse era confutare o costatare se alcune teorie orientali sulla percezione della verità, di quello che io spesso ho chiamato : cio che è, è possibile oppure è un'immaginazione, una visione di monaci e/o santoni che con belle parole riescono a traviare l'ignaro lettore....

bhe confrontiamo quanto affermano con l'analisi fatta o riportata da Nello (il grande aggiungo io...... :icon_confused: )

allora intanto vediamo quanto affermano...

loro affermano che è possibile giungere alla verità ultima, attraverso cio che è, il problema per l'uomo è che si autointifica con il suo passato, con la sua conoscenza, dando vita ad un "io" che sarebbe un' immagine creata dalla conoscenza, per far sì che se stessa diventi realtà e che viva attivando un processo di accumulo che dal il senso della continuazione...o per dirla in altre parole accumulando conoscenza, esperienze e sensazioni si ha il senso che questo "io" cresca e che viva nel tempo.

Questo "me o io" sarebbe il problema alla comprenzione e alla consapevolezza della Verità , dell'illuminazione dell'uomo.... perchè partendo dal presupposto (non comprovabile fino alla sperimentazione personale) che nella percezione totale di cio che è, si nasconda l'inconoscibile, la verità , dio, come vogliamo chiamarla è lo stesso....si afferma che questo io fa da filtro con la verità trasformando da oggettiva a soggiettiva, in quanto interpreta e confronta in base alla sua conoscenza.

Naturalmente nessuno parla di inutilità della conoscenza, ma si afferma che l'unico problema è l'autoidentificazione in qualcosa che è un'idea e non esiste nella verità.

Nello scrive (riporto in neretto):

Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione".

E' l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona.

dunque se è vero che ci autointifichiamo ( io per esperienza personale dire di sì con il nostro pensiero) e se è vero che la Verità è presente immediato , il famoso "qui e ora", il pensiero ovvero "io" non potro averne percezione mai, dunque fino a che c'è identificazione nulla è possibile--

Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.

si direbbe che se il pensiero funzionasse correttamente (secondo tali filosofie) impazzirebbe, sopraffatto dalla realtà, questo personalmente lo spiego con il fatto che il mare non può stare in una bottiglia, è il pensierò vuole accumulare tutto cio che incontra, dunque cerca di compiere un'azione impossibile, ma se non ci fosse accumulo?? ossia se alla bottiglia tolgo il fondo??

L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.

Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo.

da qui emerge la parzialità del pensiero , la sua propensione al giudizio, al commento non alla ricezione di una cosa per quello che è, ma piuttosto per cio che interessa il pensiero, che distorce, giudica intereta, vieta dunque la percezione della verità di un fatto.

Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione.

Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.

qui mi viene in mente il Vangelo di San tommaso , ve lo cito:

22. Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli, "Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno."

E loro gli dissero, "Dunque entreremo nel regno come neonati?"

Gesù disse loro, "Quando farete dei due uno, e quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno."

come dire fino a che c'è pensiero, fino a che non cogliete cioc he è per quello che è... (ma è una mia chiave di lettura....)

Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri

bhe qui si afferma proprio il concetto per il quale "l'io e il non -io" sono imputabili solo all'identificazione e che senza tale illusione, il "se" , la frammentazione non esiste....non c'è il senso del "me" senza il pensiero.

Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.

Krisnhamurti direbbe che li nasce una difficoltà umana, ossia il voler trovare soluzioni al nuovo, applicando metodi vecchi, e che senza "me" il problema non solo è risolvibile ma addirittura non esiste. Si afferma che prorio nel campo psicologico l'uomo abbia cercato di riportare cio che funzionava in campo tecnico, o meglio , se tecnicamente più conoscenza ho in un campo maggiore è la mia capacità di costruire per esempio un ponte o una casa.......per risolvere il problema della violenza devo conoscerne i fattori , le cause e le conseguenze e programmarne il superamento, ma evidentemente essendo trascorsi migliaia di anni dalla comparsa dell'uomo se da un lato sia arrivati sulla luna dall'altro odio, rabbia, solitudine angoscia, tristezza ecc...ecc.. se pur con abito diverso sono immutate , direi che quindi pensare ad un progresso psicologico grazie alla conoscenza è falso, almeno per i riusltati ottenuti...

Per molti che leggeranno sembrerà inutile dialettica e stupida analisi, a me è servito molto sapere che scentificamente non posso essere definito "pazzo" ma anzi , tanti punti sembrano sottointendere che non solo è possibile quanto si afferma, ma che addiritura potrebbe essere vero..

ciao a tutti

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  • 3 weeks later...
bhe confrontiamo quanto affermano con l'analisi fatta o riportata da Nello (il grande aggiungo io...... :ola (2): )

allora intanto vediamo quanto affermano...

loro affermano che è possibile giungere alla verità ultima, attraverso cio che è, il problema per l'uomo è che si autointifica con il suo passato, con la sua conoscenza, dando vita ad un "io" che sarebbe un' immagine creata dalla conoscenza, per far sì che se stessa diventi realtà e che viva attivando un processo di accumulo che dal il senso della continuazione...o per dirla in altre parole accumulando conoscenza, esperienze e sensazioni si ha il senso che questo "io" cresca e che viva nel tempo.

Questo "me o io" sarebbe il problema alla comprenzione e alla consapevolezza della Verità , dell'illuminazione dell'uomo.... perchè partendo dal presupposto (non comprovabile fino alla sperimentazione personale) che nella percezione totale di cio che è, si nasconda l'inconoscibile, la verità , dio, come vogliamo chiamarla è lo stesso....si afferma che questo io fa da filtro con la verità trasformando da oggettiva a soggiettiva, in quanto interpreta e confronta in base alla sua conoscenza.

Naturalmente nessuno parla di inutilità della conoscenza, ma si afferma che l'unico problema è l'autoidentificazione in qualcosa che è un'idea e non esiste nella verità.

Nello scrive (riporto in neretto):

Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione".

E' l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona.

dunque se è vero che ci autointifichiamo ( io per esperienza personale dire di sì con il nostro pensiero) e se è vero che la Verità è presente immediato , il famoso "qui e ora", il pensiero ovvero "io" non potro averne percezione mai, dunque fino a che c'è identificazione nulla è possibile--

Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.

si direbbe che se il pensiero funzionasse correttamente (secondo tali filosofie) impazzirebbe, sopraffatto dalla realtà, questo personalmente lo spiego con il fatto che il mare non può stare in una bottiglia, è il pensierò vuole accumulare tutto cio che incontra, dunque cerca di compiere un'azione impossibile, ma se non ci fosse accumulo?? ossia se alla bottiglia tolgo il fondo??

L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.

Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo.

da qui emerge la parzialità del pensiero , la sua propensione al giudizio, al commento non alla ricezione di una cosa per quello che è, ma piuttosto per cio che interessa il pensiero, che distorce, giudica intereta, vieta dunque la percezione della verità di un fatto.

Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione.

Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.

qui mi viene in mente il Vangelo di San tommaso , ve lo cito:

22. Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli, "Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno."

E loro gli dissero, "Dunque entreremo nel regno come neonati?"

Gesù disse loro, "Quando farete dei due uno, e quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno."

come dire fino a che c'è pensiero, fino a che non cogliete cioc he è per quello che è... (ma è una mia chiave di lettura....)

Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri

bhe qui si afferma proprio il concetto per il quale "l'io e il non -io" sono imputabili solo all'identificazione e che senza tale illusione, il "se" , la frammentazione non esiste....non c'è il senso del "me" senza il pensiero.

Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.

Krisnhamurti direbbe che li nasce una difficoltà umana, ossia il voler trovare soluzioni al nuovo, applicando metodi vecchi, e che senza "me" il problema non solo è risolvibile ma addirittura non esiste. Si afferma che prorio nel campo psicologico l'uomo abbia cercato di riportare cio che funzionava in campo tecnico, o meglio , se tecnicamente più conoscenza ho in un campo maggiore è la mia capacità di costruire per esempio un ponte o una casa.......per risolvere il problema della violenza devo conoscerne i fattori , le cause e le conseguenze e programmarne il superamento, ma evidentemente essendo trascorsi migliaia di anni dalla comparsa dell'uomo se da un lato sia arrivati sulla luna dall'altro odio, rabbia, solitudine angoscia, tristezza ecc...ecc.. se pur con abito diverso sono immutate , direi che quindi pensare ad un progresso psicologico grazie alla conoscenza è falso, almeno per i riusltati ottenuti...

Per molti che leggeranno sembrerà inutile dialettica e stupida analisi, a me è servito molto sapere che scentificamente non posso essere definito "pazzo" ma anzi , tanti punti sembrano sottointendere che non solo è possibile quanto si afferma, ma che addiritura potrebbe essere vero..

ciao a tutti

Se supponiamo che la Verità sia presente immediato , allora essa effettivamente non è conoscibile. Il nostro cervello affronta in tempo reale solo alcune delle cose che percepisce. Altre le immagazzina nelle linee essenziali e decide dopo cosa farne, a seconda delle occasioni. Molto banalmente , quando tu "perecpisci"- con qualunque senso - qualcosa , in realtà hai già ampiamente filtrato e ristrutturato ciò che hai percepito.

Non penso sia del tutto corretto dire che il pensiero "accumuli" - o cerchi di accumulare - tutto ciò che incontra. Attua un processo molto più complicato e intelligente: cerca di inferire delle costanti generali, scartando ciò che gli sembra invalutabile ma mantenendo una certa soglia di attenzione verso gli imprevisti più "di spicco". In questo senso , la bottiglia non è mai piena...non si accumulano "oggetti psichici" , ma strutture psichiche che si consolidano a seconda delle conferme che ricevono, pur rimanendo modificabili e integrabili tra loro.

E' certamente vero che il pensiero tende il giudizio. D'altro canto , è fisiologicamente vero che anche le percezione pura senza pensiero logico e cosciente alla base tende ugualmente al giudizio.

Noi possiamo, in alcuni modi , modifcare la percezione che abbiamo della realtà - sia interna che esterna , se vogliamo mantenere la distinzione-...è pur vero che il nostro cervello fa sempre da filtro , non possiamo percepire nulla se non tramite una intepretazione data dal nostro sistema cerebrale.

Noi non riusciamo a risolvere determinati problemi non necessariamente perchè non li comprendiamo, ma perchè forse tali "problemi" - come la violenza o altro - sono stati promossi dalla evoluzione e ci hanno aiutati a sopravvivere (sembra paradossale , ma non lo è). Altri problemi , probbailmente , nascono invece , non riusciamo a rislverli perchè effettivamente non li comprendiamo....e questo certamente mette in luce i limiti di tutti i tipi di psicologia - scientifica e non - elaborati fino ad ora.

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bhe confrontiamo quanto affermano con l'analisi fatta o riportata da Nello (il grande aggiungo io...... :ola (2): )

allora intanto vediamo quanto affermano...

loro affermano che è possibile giungere alla verità ultima, attraverso cio che è, il problema per l'uomo è che si autointifica con il suo passato, con la sua conoscenza, dando vita ad un "io" che sarebbe un' immagine creata dalla conoscenza, per far sì che se stessa diventi realtà e che viva attivando un processo di accumulo che dal il senso della continuazione...o per dirla in altre parole accumulando conoscenza, esperienze e sensazioni si ha il senso che questo "io" cresca e che viva nel tempo.

Questo "me o io" sarebbe il problema alla comprenzione e alla consapevolezza della Verità , dell'illuminazione dell'uomo.... perchè partendo dal presupposto (non comprovabile fino alla sperimentazione personale) che nella percezione totale di cio che è, si nasconda l'inconoscibile, la verità , dio, come vogliamo chiamarla è lo stesso....si afferma che questo io fa da filtro con la verità trasformando da oggettiva a soggiettiva, in quanto interpreta e confronta in base alla sua conoscenza.

Naturalmente nessuno parla di inutilità della conoscenza, ma si afferma che l'unico problema è l'autoidentificazione in qualcosa che è un'idea e non esiste nella verità.

Nello scrive (riporto in neretto):

Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione".

E' l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona.

dunque se è vero che ci autointifichiamo ( io per esperienza personale dire di sì con il nostro pensiero) e se è vero che la Verità è presente immediato , il famoso "qui e ora", il pensiero ovvero "io" non potro averne percezione mai, dunque fino a che c'è identificazione nulla è possibile--

Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.

si direbbe che se il pensiero funzionasse correttamente (secondo tali filosofie) impazzirebbe, sopraffatto dalla realtà, questo personalmente lo spiego con il fatto che il mare non può stare in una bottiglia, è il pensierò vuole accumulare tutto cio che incontra, dunque cerca di compiere un'azione impossibile, ma se non ci fosse accumulo?? ossia se alla bottiglia tolgo il fondo??

L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.

Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo.

da qui emerge la parzialità del pensiero , la sua propensione al giudizio, al commento non alla ricezione di una cosa per quello che è, ma piuttosto per cio che interessa il pensiero, che distorce, giudica intereta, vieta dunque la percezione della verità di un fatto.

Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione.

Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.

qui mi viene in mente il Vangelo di San tommaso , ve lo cito:

22. Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli, "Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno."

E loro gli dissero, "Dunque entreremo nel regno come neonati?"

Gesù disse loro, "Quando farete dei due uno, e quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno."

come dire fino a che c'è pensiero, fino a che non cogliete cioc he è per quello che è... (ma è una mia chiave di lettura....)

Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri

bhe qui si afferma proprio il concetto per il quale "l'io e il non -io" sono imputabili solo all'identificazione e che senza tale illusione, il "se" , la frammentazione non esiste....non c'è il senso del "me" senza il pensiero.

Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.

Krisnhamurti direbbe che li nasce una difficoltà umana, ossia il voler trovare soluzioni al nuovo, applicando metodi vecchi, e che senza "me" il problema non solo è risolvibile ma addirittura non esiste. Si afferma che prorio nel campo psicologico l'uomo abbia cercato di riportare cio che funzionava in campo tecnico, o meglio , se tecnicamente più conoscenza ho in un campo maggiore è la mia capacità di costruire per esempio un ponte o una casa.......per risolvere il problema della violenza devo conoscerne i fattori , le cause e le conseguenze e programmarne il superamento, ma evidentemente essendo trascorsi migliaia di anni dalla comparsa dell'uomo se da un lato sia arrivati sulla luna dall'altro odio, rabbia, solitudine angoscia, tristezza ecc...ecc.. se pur con abito diverso sono immutate , direi che quindi pensare ad un progresso psicologico grazie alla conoscenza è falso, almeno per i riusltati ottenuti...

Per molti che leggeranno sembrerà inutile dialettica e stupida analisi, a me è servito molto sapere che scentificamente non posso essere definito "pazzo" ma anzi , tanti punti sembrano sottointendere che non solo è possibile quanto si afferma, ma che addiritura potrebbe essere vero..

ciao a tutti

Se supponiamo che la Verità sia presente immediato , allora essa effettivamente non è conoscibile. Il nostro cervello affronta in tempo reale solo alcune delle cose che percepisce. Altre le immagazzina nelle linee essenziali e decide dopo cosa farne, a seconda delle occasioni. Molto banalmente , quando tu "perecpisci"- con qualunque senso - qualcosa , in realtà hai già ampiamente filtrato e ristrutturato ciò che hai percepito.

Non penso sia del tutto corretto dire che il pensiero "accumuli" - o cerchi di accumulare - tutto ciò che incontra. Attua un processo molto più complicato e intelligente: cerca di inferire delle costanti generali, scartando ciò che gli sembra invalutabile ma mantenendo una certa soglia di attenzione verso gli imprevisti più "di spicco". In questo senso , la bottiglia non è mai piena...non si accumulano "oggetti psichici" , ma strutture psichiche che si consolidano a seconda delle conferme che ricevono, pur rimanendo modificabili e integrabili tra loro.

E' certamente vero che il pensiero tende il giudizio. D'altro canto , è fisiologicamente vero che anche le percezione pura senza pensiero logico e cosciente alla base tende ugualmente al giudizio.

Noi possiamo, in alcuni modi , modifcare la percezione che abbiamo della realtà - sia interna che esterna , se vogliamo mantenere la distinzione-...è pur vero che il nostro cervello fa sempre da filtro , non possiamo percepire nulla se non tramite una intepretazione data dal nostro sistema cerebrale.

Noi non riusciamo a risolvere determinati problemi non necessariamente perchè non li comprendiamo, ma perchè forse tali "problemi" - come la violenza o altro - sono stati promossi dalla evoluzione e ci hanno aiutati a sopravvivere (sembra paradossale , ma non lo è). Altri problemi , probabilmente , non riusciamo a risolverli perchè effettivamente non li comprendiamo....e questo certamente mette in luce i limiti di tutti i tipi di psicologia - scientifica e non - elaborati fino ad ora.

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Se supponiamo che la Verità sia presente immediato , allora essa effettivamente non è conoscibile. Il nostro cervello affronta in tempo reale solo alcune delle cose che percepisce. Altre le immagazzina nelle linee essenziali e decide dopo cosa farne, a seconda delle occasioni. Molto banalmente , quando tu "perecpisci"- con qualunque senso - qualcosa , in realtà hai già ampiamente filtrato e ristrutturato ciò che hai percepito.

Non penso sia del tutto corretto dire che il pensiero "accumuli" - o cerchi di accumulare - tutto ciò che incontra. Attua un processo molto più complicato e intelligente: cerca di inferire delle costanti generali, scartando ciò che gli sembra invalutabile ma mantenendo una certa soglia di attenzione verso gli imprevisti più "di spicco". In questo senso , la bottiglia non è mai piena...non si accumulano "oggetti psichici" , ma strutture psichiche che si consolidano a seconda delle conferme che ricevono, pur rimanendo modificabili e integrabili tra loro.

E' certamente vero che il pensiero tende il giudizio. D'altro canto , è fisiologicamente vero che anche le percezione pura senza pensiero logico e cosciente alla base tende ugualmente al giudizio.

Noi possiamo, in alcuni modi , modifcare la percezione che abbiamo della realtà - sia interna che esterna , se vogliamo mantenere la distinzione-...è pur vero che il nostro cervello fa sempre da filtro , non possiamo percepire nulla se non tramite una intepretazione data dal nostro sistema cerebrale.

Noi non riusciamo a risolvere determinati problemi non necessariamente perchè non li comprendiamo, ma perchè forse tali "problemi" - come la violenza o altro - sono stati promossi dalla evoluzione e ci hanno aiutati a sopravvivere (sembra paradossale , ma non lo è). Altri problemi , probbailmente , nascono invece , non riusciamo a rislverli perchè effettivamente non li comprendiamo....e questo certamente mette in luce i limiti di tutti i tipi di psicologia - scientifica e non - elaborati fino ad ora.

tutto cio che dici è vero, però lo è perchè percepisci sempre tramite il pensiero....io ti confermo che però è possibile anche togliersi questa benda e avere contatto diretto con il presente.....

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Noi non riusciamo a risolvere determinati problemi non necessariamente perchè non li comprendiamo, ma perchè forse tali "problemi" - come la violenza o altro - sono stati promossi dalla evoluzione e ci hanno aiutati a sopravvivere (sembra paradossale , ma non lo è). Altri problemi , probabilmente , non riusciamo a risolverli perchè effettivamente non li comprendiamo....e questo certamente mette in luce i limiti di tutti i tipi di psicologia - scientifica e non - elaborati fino ad ora.

ti assicuro che se ci fosse contatto con il presente immediato il termine problema non avrebbe più alcun senso. :ola (2):

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tutto cio che dici è vero, però lo è perchè percepisci sempre tramite il pensiero....io ti confermo che però è possibile anche togliersi questa benda e avere contatto diretto con il presente.....

Certo, ma come puoi percepire in modo del tutto "non pensante", se teniamo conto del fatto che la percezione è già di per sè stessa una forma di pensiero? Dobbiamo cambiare l'idea di percezione. Dunque , di cosa parliamo quando parliamo di percezione?

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Certo, ma come puoi percepire in modo del tutto "non pensante", se teniamo conto del fatto che la percezione è già di per sè stessa una forma di pensiero? Dobbiamo cambiare l'idea di percezione. Dunque , di cosa parliamo quando parliamo di percezione?

d'essere....

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... o non essere, questo è il problema: la domanda. Ma ancor più la risposta.

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Oh per favore, mio...non cadermi in questo pseudo-cripticismo da due soldi...mi sembri un ragazzo con la testa sulle spalle, e hai meno di dieci anni in più di me. Non cercare di fregarmi, Se sai rispondere, bene , se no , non rifilarmi sciocchezze , ok?

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... o non essere, questo è il problema: la domanda. Ma ancor più la risposta.

E tu ste , non attaccarci interventi inutili...ti conosco da più tempo di quanto tu creda, e il tuo modo apparentemente sincero di scrivere non mi incanta.

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d'essere....

caro jambi,

so (scusa l'arroganza ,ma per me la questione è seria, o meglio è una cosa per voi importante, dunque cerco di attenermi al Vero anche a costo di rischiare di sembrare arrogante e pazzo) dunque so benissimo cosa pensi adesso, conosco cosa non ti quadra....e sai cos'è? L'approccio mentale alla cosa, stai cercando di capire l'incomprensibile, l'unico modo e farlo tu stesso......

proverò con una metafora quanto possibile...

la vita è un fiume che scorre......e tu sei acqua......scorri insieme a lei, e se lo fai tutto è magnifico e perfetto....l'uomo, tu , io ecc...però si è illuso di non essere fiume, ma goccia ,indipendente e singola, come ha fatto? Ricorda e immagazzina in se ogni esperienza del percorso e lo fa suo, cio lo rende diverso da ogni altra goccia, e adesso si immagina grazie alla memoria anche il suo futuro e passa il tempo a ricordare e immaginare , grazie a questa falsa illusione dell'io, una sorta di controllore, d'attore....che da la sensazione di essere singoli.....

la goccia invece che è acqua, sa di esserlo, non ha domande, scorre...e in questo scorrere trova l'eternita.....il fiume sarà li per sempre.....

metafora finita.....torniamo a noi,,,

tu dici è sempre una forma del pensiero......no la percezione , come la sensazione sono lo "start" al pensiero....non tutte le attività della mente sono pensiero, lo diventano quando ne prendi coscenza.....e io affermo che è possibile vivere senza fare esperienza mai, senza rimasugli, vivere come tubi vuoti dove scorra la vita, e coglierne la totale bellezza....

Tutto cio può sembrarti difficile, e anche assurdo, ma ti dò un consiglio, puoi fregartene, puoi non crederci, mapuoi voler scoprire se è verità quella che dico, in tal caso, ricorda che un'approccio violento, rabbioso, così come curioso e ansioso ti porteranno alla frustrazione del non riuscire.....non essere rabbioso se non arrivi, subito, alla comprensione, potrebbe volerci un ora come una vita, tutto diponde dalla "passione" con cui ti ci dedichi, la passione non ha scopo, ne obbiettivo , è serieta e razionalità, abbinata all'intelligenza.....

Io non ho nulla da vendere neda inseganre, non ho vie da indicare, perchè ognuno è via per se stesso , solo tu puoi aiutarti io come una goccia d'acqua del fiume che ne nota una triste,,,,,,dico "Ehi perchè ti distrai dalla vita......immagginando!"...

come iniziare "osserva te stesso senza giudicarti?" e dimmi cosa scopri....

un'abbraccio

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Oh per favore, mio...non cadermi in questo pseudo-cripticismo da due soldi...mi sembri un ragazzo con la testa sulle spalle, e hai meno di dieci anni in più di me. Non cercare di fregarmi, Se sai rispondere, bene , se no , non rifilarmi sciocchezze , ok?

lo so sembra così...come darti torto....ma davvere parliamo di essere...essere totali, presenti, mai distratti,,,nell'adesso....

ricorda quanto di ho detto su come approcciarti a queste cose , mi raccomando..

ti riporto alcune frasi di una celebre figura orientale che io ho imparato a conoscere anni fa...si chiama AMMA e dice

Qualunque cosa state facendo, cercate di essere consapevoli. Se siete costantemente vigili, lentamente comincerete ad accorgervi del fardello di pensieri negativi e non necessari che portate con voi. La vigilanza ci aiuta ad abbandonare ogni fardello e divenire liberi.

Mata Amritanandamayi Devi (Amma)

* * *

Quando vivete nell'attimo presente, siete completamente qui - il momento successivo non vi interessa affatto, non entra mai nella vostra mente. Non vi preoccupate di niente, non avete alcuna paura o idea preconcetta. Allo stesso modo, quando continuate nel momento successivo, lasciate andare quello precedente. Il passato non vi interessa più, ve ne dimenticate. Niente può legarvi - voi siete liberi per sempre.

Mata Amritanandamayi Devi (Amma)

* * *

Quando siete attenti, non potete andare nella direzione sbagliata, né potete fare niente che sia ingiusto. L'attenzione costante vi renderà così puri che, alla fine, voi stessi diverrete l'incarnazione della Purezza e quello sarà il vostro vero essere. Una volta che raggiungete questo più alto stato, ogni vostra intenzione, parola e azione diverrà pura. Il fardello dell'impurità non sarà più lì. La luce della purezza è tutto ciò che esiste. Allora vedrete ogni cosa come Pura Coscienza. Ciò significa che vedrete ogni cosa in modo eguale. Le apparenze esteriori non avranno più importanza, poiché avrete sviluppato la capacità di penetrare profondamente e vedere attraverso ogni cosa. La materia, che cambia sempre, perde di importanza. Dentro ogni cosa vedrete soltanto l'immutevole Atman (il Sé).

Mata Amritanandamayi Devi (Amma)

* * *

“La mente, o il passato, non è un problema; il problema è nella vostra identificazione con la mente, con il vostro passato. L'attaccamento non intelligente, il sentimento di 'Io e mio' è il problema. Una volta che avete appreso l'arte del distaccare il vostro attaccamento e del divenire testimone, allora qualcosa cambierà nel modo in cui vedete ogni cosa.

* * *

Un bimbo non può fare nulla parzialmente. Qualunque cosa fa, è pienamente presente. Fare qualcosa parzialmente è possibile soltanto quando c'è l'ego.

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E tu ste , non attaccarci interventi inutili...ti conosco da più tempo di quanto tu creda, e il tuo modo apparentemente sincero di scrivere non mi incanta.

Jambi, le tue valutazioni sull'inutilità dei miei interventi e sulla mia sincerità mi interessano fino ad un certo punto.

Attieniti a ciò di cui si parla, per favore.

Secondo te il monologo shakespeariano "essere o non essere?", che è per antonomasia il dilemma di chi soffre per

i flussi dei pensieri, è un monologo senza significato? A mio modo di vedere Shakespeare era un grande drammaturgo

perché era un grande conoscitore di uomini, e quel monologo è denso di spunti di riflessione sull'argomento, a partire

dalla domanda introduttiva, passando per il vortice di pensieri ed angosce, fino alle frasi finali, dove sfocia in una

considerazione tanto buttata lì furtivamente, quasi fosse incidentale, quanto rivelatrice (il massimo dei colpi di scena:

quello che non si nota nemmeno... GRANDE WILLY!! :im Not Worthy: ).

PS: Non so come te la cavi con l'inglese... per me è un po' dura seguirlo senza testo a fianco, però questa interpretazione

di Kenneth Branagh la trovo splendida anche senza capire le parole (che comunque bene o male conosco)!

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Jambi, le tue valutazioni sull'inutilità dei miei interventi e sulla mia sincerità mi interessano fino ad un certo punto.

Attieniti a ciò di cui si parla, per favore.

Secondo te il monologo shakespeariano "essere o non essere?", che è per antonomasia il dilemma di chi soffre per

i flussi dei pensieri, è un monologo senza significato? A mio modo di vedere Shakespeare era un grande drammaturgo

perché era un grande conoscitore di uomini, e quel monologo è denso di spunti di riflessione sull'argomento, a partire

dalla domanda introduttiva, passando per il vortice di pensieri ed angosce, fino alle frasi finali, dove sfocia in una

considerazione tanto buttata lì furtivamente, quasi fosse incidentale, quanto rivelatrice (il massimo dei colpi di scena:

quello che non si nota nemmeno... GRANDE WILLY!! :im Not Worthy: ).

PS: Non so come te la cavi con l'inglese... per me è un po' dura seguirlo senza testo a fianco, però questa interpretazione

di Kenneth Branagh la trovo splendida anche senza capire le parole (che comunque bene o male conosco)!

ma non intendeva vivere o morire.....? con essere o non essere? cosa c'entra con il pensiero.....bello sarebbe domandaresi essere o illudersi?

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