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sconfitta con se stessi


diase

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Mai.

Ora conosci solo che quella è una strada da non percorrere. Quindi hai ottenuto "quel risultato".

Si sconfiggono le squadre in una gara, non le persone nella vita con se. Il tuo avversario chi sarebbe, l'obiettivo che ti sei data da sola tempo prima?

Edison al 999esimo tentativo si disse: - ora so che anche questo metodo non va bene. - Poi inventò la lampadina

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quando ci si rassegna, si perde..ma credo anche che la vera rassegnazione la vivono in pochi, per la maggiorparte di noi che ci lamentiamo , ci atterriamo ci sconsoliamo, alla fine è sempre più forte la voglia di vincere o dovrei dire di vivere!!!!!

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quando ci si rassegna, si perde.. ma credo anche che la vera rassegnazione la vivono in pochi, per la maggiorparte di noi che ci lamentiamo , ci atterriamo ci sconsoliamo, alla fine è sempre più forte la voglia di vincere o dovrei dire di vivere!!!!!

Penso le parole abbiano un valore condizionante, (a dir la verità non lo dico io, ma passamela :D: ) soprattutto quelle ricorsive, che ci ripetiamo da soli più spesso. Scegliersi effetto (neutra) al posto di sconfitta (negativa), ci porta a pensare più spesso produttivamente verso soluzioni future, piuttosto che aumentare l'intensità emotiva di quelle passate, cristallizzandole.

Non è un caso, per esempio, che dove gli stessi uffici reclami (uguali proprio, eh?) sono stati semplicemente rinominati in "uffici soddisfazione della clientela" (prendendo allegramente per il sedere i clienti senza darlo a vedere), siano diminuiti mediamente sia l'intensità che il numero dei reclami. Con le parole pertanto possiamo condizionare in negativo e in positivo sia gli altri che noi stessi.

Per questo la parola sconfitta con se stessi non è produttiva. Se poi ne facciamo una ridefinizione di SIGNIFICATO, ancora meglio! Potremo però anche mutare i legami CAUSA-EFFETTO, (attraverso il capovolgimento causale degli eventi)

oppure cambiare la visione CONTESTO che facciamo dell'evento (in quali altre situazioni questa stessa caratteristica o comportamento si rivelerebbero validi o utili?)

Per questo per me è un MAI. O mi conviene che lo sia... :unsure:

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Penso le parole abbiano un valore condizionante, (a dir la verità non lo dico io, ma passamela :D: ) soprattutto quelle ricorsive, che ci ripetiamo da soli più spesso. Scegliersi effetto (neutra) al posto di sconfitta (negativa), ci porta a pensare più spesso produttivamente verso soluzioni future, piuttosto che aumentare l'intensità emotiva di quelle passate, cristallizzandole.

Non è un caso, per esempio, che dove gli stessi (uguali proprio, eh?) uffici reclami sono stati semplicemente rinominati in "uffici soddisfazione della clientela" (prendendo allegramente per il sedere i clienti senza darlo a vedere), siano diminuiti mediamente sia l'intensità che il numero dei reclami. Con le parole pertanto possiamo condizionare in negativo e in positivo sia gli altri che noi stessi.

Hai fatto un bellissimo esempio (c'è molto di pnl in quello che hai detto, se non sbaglio). Le parole andrebbero dosate, sia verso di noi, sia verso gli altri. Qualcuno affermava che la parola è magia, è che in un orecchio fragile poteva fare molti danni. Si deposita nell'orecchio come un seme e poi cresce. Dovremmo essere più responsabili e coscienti di ciò che diciamo e di quali termini usiamo. La parola e il pensiero loro modo creano.....

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Hai fatto un bellissimo esempio (c'è molto di pnl in quello che hai detto, se non sbaglio). Le parole andrebbero dosate, sia verso di noi, sia verso gli altri. Qualcuno affermava che la parola è magia, è che in un orecchio fragile poteva fare molti danni. Si deposita nell'orecchio come un seme e poi cresce. Dovremmo essere più responsabili e coscienti di ciò che diciamo e di quali termini usiamo. La parola e il pensiero loro modo creano.....

Grazie! :unsure:

non lo dicevano solo B & G, ma molto tempo prima di loro, illustri psicolinguisti :D:

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Hai fatto un bellissimo esempio (c'è molto di pnl in quello che hai detto, se non sbaglio). Le parole andrebbero dosate, sia verso di noi, sia verso gli altri. Qualcuno affermava che la parola è magia, è che in un orecchio fragile poteva fare molti danni. Si deposita nell'orecchio come un seme e poi cresce. Dovremmo essere più responsabili e coscienti di ciò che diciamo e di quali termini usiamo. La parola e il pensiero loro modo creano.....

PNL..... PERBACCO è il mio pane quotidiano.

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.........quando vorresti FARE determinate cose, avere, dare vita, a determinati attegiamenti, ed in realtà rimani nell'Immobilità.........

.........quando pensi di esserti distaccata/o da situazioni che invece non si sono mosse di un centimetro dal tuo cuore..........

......... quando il Vissuto non ti porta a comprendere i Nuovi comportamenti da adottare per un Presente Migliore........

.......... quando sei portata/o a FARE/AGIRE in conseguenza "degli altri" e non seguendo la Tua vera indole..............

.......... Quando pensi, pensi,pensi......che GLI ALTRI siano più importanti di TE stessa/o.................................

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Penso le parole abbiano un valore condizionante, (a dir la verità non lo dico io, ma passamela :D: ) soprattutto quelle ricorsive, che ci ripetiamo da soli più spesso. Scegliersi effetto (neutra) al posto di sconfitta (negativa), ci porta a pensare più spesso produttivamente verso soluzioni future, piuttosto che aumentare l'intensità emotiva di quelle passate, cristallizzandole.

Non è un caso, per esempio, che dove gli stessi uffici reclami (uguali proprio, eh?) sono stati semplicemente rinominati in "uffici soddisfazione della clientela" (prendendo allegramente per il sedere i clienti senza darlo a vedere), siano diminuiti mediamente sia l'intensità che il numero dei reclami. Con le parole pertanto possiamo condizionare in negativo e in positivo sia gli altri che noi stessi.

Per questo la parola sconfitta con se stessi non è produttiva. Se poi ne facciamo una ridefinizione di SIGNIFICATO, ancora meglio! Potremo però anche mutare i legami CAUSA-EFFETTO, (attraverso il capovolgimento causale degli eventi)

oppure cambiare la visione CONTESTO che facciamo dell'evento (in quali altre situazioni questa stessa caratteristica o comportamento si rivelerebbero validi o utili?)

Per questo per me è un MAI. O mi conviene che lo sia... :;):

in effetti io alla fine dico proprio questo: che la vera rassegnazione (che per me equivale alla sconfitta di cui parla Diase) l vivono in pochi (esempio tipico di rassegnazione è il suicidio) tutti gli altri lo dicono perchè comunque ci si lamenta, ci si atterra...ogni tanto ma poi si ricomincia a vivere, vincendo!!!!

Quindi per me esiste la sconfitta ma non sempre è quello che crediamo essa sia!!!

Io ho cercato di fare un discorso di visione generale, per quello che io vedo (quindi pur sempre soggettiva) ma non ho parlato per me o di me, se lo dovessi fare allora direi anch'io che la sconfitta non esiste, perchè non è da me, perchè io non ho questa visione della vita e nonostante i miei guai ho sempre voluto vedere positivo....

Riguardo alla pnl e alla psicologia, non posso esprimermi in termini specialistici perchè non conosco la materia, quindi parlo solo per ciò che vedo e sento...

ciao

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Penso le parole abbiano un valore condizionante, .................

Ciao Oscar, un pensiero condizionato da un meccanismo psicolinguistico può dare dei risultati positivi, ma questi risultati sono positivi oggettivamente? Nel momento in cui giudichiamo che pensiero di sconfitta sia negativo, non credi sia metta in moto un meccanismo in cui cerchiamo di allontanare una parte di noi da noi piuttosto che accoglierla. Chi l'ha detto che lo sconfitto dia risultati peggiori del neutro? Una società omologata al miglioramento tratto da giudizi non oggettivi è una società migliore e più integrata?

Secondo me considerare e osservare ogni aspetto che affiora nel nostro modo di essere è una possibilità che abbiamo, informazioni che distolgono l'attenzione al fine di veicolarla verso un obbiettivo di integrazione sociale, sono manipolazioni inutili perche la società stessa non è oggettivamente integrata.

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quando avviene?

Non esiste sconfitta. La maggior parte delle persone reputano sconfitta quando non realizzano i loro desideri o modelli mentali che hanno creato. Come dice Mio ci creiamo un'immagine di noi che vorremmo adattare a qualcosa di ben preciso (che sia un'altra immagine o altre immagini). In sintesi su quell'immagine creiamo un altro mondo fittizio (immaginato) su cui vorremmo adattare l'immagine di noi stessi. Tralasciando dove può portare un'immagine positiva o negativa di se stessi, v'è comunque da dire che in tutti e due i casi, v'è di mezzo un'illusione che ci siam creati nella mente. Andando nel territorio più prettamente psicologico, noi vogliamo essere sempre qualcosa di diverso, mentre semplicemente "siamo" già. Con ciò non dico che non dobbiamo fare cose, ho "desiderare" cose, ma semplicemente prendere le distanze, non investire noi stessi (inteso con non identificarci con la riuscita o non riuscita di qualche progetto) con l'azione o l'atto che si svolge. Si vuole fare una cosa o metter su un progetto, lo si fa semplicemente senza attendersi un risultato e non dando un giudizio all'esperienza. Ci si si fa del proprio meglio, senza legare all'azione noi stessi. Capisco che non è facile, ma basterebbe semplicemente non farci ingannare dalla mente, restando il più presenti possibili. Il dare un valore fortemente emotivo ad una azione, a un progetto, ad un'esperienza, porta ad una identificazione, sia nella riuscita del progetto (secondo lo schema mentale della persona) sia nella "non riuscita" (idem)... Follemente valutiamo e diamo valore al nostro essere in base ad un giudizio, ad una identificazione. Ma noi non siamo le azioni e nemmeno la riuscita di un progetto di "vita" (della mente). Ecco che allora una semplice azione (quale dovrebbe essere), che non è riuscita come la mente avrebbe voluto, ci fa sentire "sconfitti" (sempre la mente)...in realtà è solo uno schema mentale, un'aspettativa che si è creata, che non ha nessuna attinenza con la quello che accade nella vita, con il percorso e con l'essere che siamo....Da li possono nascere depressioni, stati negativi, malinconie, vittimismo, ecc.ecc...solo perchè ci siamo identificati con un'azione, un progetto, un desiderio... Non può esserci sconfitta se non la si crea illusoriamente nella mente, con alcuni processi sopra descritti. C'è solo un percorso, un viaggio, che andrebbe osservato semplicemente per quello che è....

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Non esiste sconfitta. La maggior parte delle persone reputano sconfitta quando non realizzano i loro desideri o modelli mentali che hanno creato. Come dice Mio ci creiamo un'immagine di noi che vorremmo adattare a qualcosa di ben preciso (che sia un'altra immagine o altre immagini). In sintesi su quell'immagine creiamo un altro mondo fittizio (immaginato) su cui vorremmo adattare l'immagine di noi stessi. Tralasciando dove può portare un'immagine positiva o negativa di se stessi, v'è comunque da dire che in tutti e due i casi, v'è di mezzo un'illusione che ci siam creati nella mente. Andando nel territorio più prettamente psicologico, noi vogliamo essere sempre qualcosa di diverso, mentre semplicemente "siamo" già. Con ciò non dico che non dobbiamo fare cose, ho "desiderare" cose, ma semplicemente prendere le distanze, non investire noi stessi (inteso con non identificarci con la riuscita o non riuscita di qualche progetto) con l'azione o l'atto che si svolge. Si vuole fare una cosa o metter su un progetto, lo si fa semplicemente senza attendersi un risultato e non dando un giudizio all'esperienza. Ci si si fa del proprio meglio, senza legare all'azione noi stessi. Capisco che non è facile, ma basterebbe semplicemente non farci ingannare dalla mente, restando il più presenti possibili. Il dare un valore fortemente emotivo ad una azione, a un progetto, ad un'esperienza, porta ad una identificazione, sia nella riuscita del progetto (secondo lo schema mentale della persona) sia nella "non riuscita" (idem)... Follemente valutiamo e diamo valore al nostro essere in base ad un giudizio, ad una identificazione. Ma noi non siamo le azioni e nemmeno la riuscita di un progetto di "vita" (della mente). Ecco che allora una semplice azione (quale dovrebbe essere), che non è riuscita come la mente avrebbe voluto, ci fa sentire "sconfitti" (sempre la mente)...in realtà è solo uno schema mentale, un'aspettativa che si è creata, che non ha nessuna attinenza con la quello che accade nella vita, con il percorso e con l'essere che siamo....Da li possono nascere depressioni, stati negativi, malinconie, vittimismo, ecc.ecc...solo perchè ci siamo identificati con un'azione, un progetto, un desiderio... Non può esserci sconfitta se non la si crea illusoriamente nella mente, con alcuni processi sopra descritti. C'è solo un percorso, un viaggio, che andrebbe osservato semplicemente per quello che è....

a volte questo viaggio viene interrotto ....

e non si puo' proseguire..

perchè succede qualcosa che ci distrugge dentro .

un male che divora.

a cui non c' è soluzione .

allora la barca è rotta e non prosegue , ma affonda lemntamente., oppure resta a galla come un relitto ...

si restare a guardare .. certo non si puo' fare altro .

non tutti i viaggi sono belli da osservare . alcuni fanno soffrire molto .

fallire significa non riuscire nel proprio lavoro .. perdere gli amici perdere l' amore..

restare soli .

esiste anche la disperazione, e non è che se uno non si suicida non è un vero disperato ..

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Ciao Oscar, un pensiero condizionato da un meccanismo psicolinguistico può dare dei risultati positivi, ma questi risultati sono positivi oggettivamente? Nel momento in cui giudichiamo che pensiero di sconfitta sia negativo, non credi sia metta in moto un meccanismo in cui cerchiamo di allontanare una parte di noi da noi piuttosto che accoglierla.

L'accoglienza rogersiana di cui forse parli, se autoriflessa, porta alla comprensione e giustificazione verso le proprie routine perverse. Un circolo vizioso come difesa non risolutiva, invece della confrontazione e l'azione. L'aspetto meccanicistico delle routine ha un ruolo eccome. Affrontare tutto e sempre in termini di analisi risolve solo secondo i casi. In ogni caso, a volte.

Chi l'ha detto che lo sconfitto dia risultati peggiori del neutro? Una società omologata al miglioramento tratto da giudizi non oggettivi è una società migliore e più integrata?

Secondo me considerare e osservare ogni aspetto che affiora nel nostro modo di essere è una possibilità che abbiamo, informazioni che distolgono l'attenzione al fine di veicolarla verso un obbiettivo di integrazione sociale, sono manipolazioni inutili perche la società stessa non è oggettivamente integrata.

Mi riferisco alle spinte endogene, verso il benessere individuale. Altrimenti la risposta va vista in chiave sociologica, non psicologica.

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esistono dei desideri autentici che non hanno nulla a che vedere con proiezioni aspettative,modelli mentali.(diversamente sarebbe una pura sconfitta dell'apparenza).quindi riguardano noi come persone autentiche.la sconfitta è quando come dice digi79 c'è quella vocina 'giusta,difficile,delcuore,dovuta'in noi che parla e che può alimentare e la lasciamo andare,non lottiamo.sconfitta significa annullare la nostra parte più vera,significa tradirsi,dirsi bugie.

la società è orientata sull'apparire..signori come si fa?si continua..fra cosa?

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esistono dei desideri autentici che non hanno nulla a che

la società è orientata sull'apparire..signori come si fa?si continua..fra cosa?

prima mi adeguavo adesso vado contro vento è difficli il più delle volte ma mi fa sentire libera....

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L'accoglienza rogersiana di cui forse parli, se autoriflessa, porta alla comprensione e giustificazione verso le proprie routine perverse. Un circolo vizioso come difesa non risolutiva, invece della confrontazione e l'azione. L'aspetto meccanicistico delle routine ha un ruolo eccome. Affrontare tutto e sempre in termini di analisi risolve solo secondo i casi. In ogni caso, a volte.

Mi riferisco alle spinte endogene, verso il benessere individuale. Altrimenti la risposta va vista in chiave sociologica, non psicologica.

Io parlo di accoglienza, perchè credo sia il contrario della fuga immediata verso la soluzione, stare su se stessi, autosservarsi passivamente senza una coscienza giudicante, credo sia qualcosa che possiamo concederci ed è qualcosa che può liberare una reale attività.

L'abitudine routinaria esiste nei nostri pensieri che giudicano quello che osserviamo, che spingono ad una azione in fuga verso un modello non oggettivamente migliore, che concettualizzano un processo di evoluzione che nella realta, a mio parere, non avviene.

Secondo me, parlare di società non integrata credo risuoni negativamente per chi, con la psicologia si affanna a concettualizzare l'integrazione con essa. La spinta endogena verso un modello integrato di benessere è un concetto non oggettivo. Utile è la psicologia come possibile chiave di lettura di ciò che affiora spontaneamente.

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quando avviene?

Quando l'immagine che abbiamo di noi stessi...non corrisponde (ovviamente e logicamente) ai nostri desideri....più dista più e lo sconforto!

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Io parlo di accoglienza, perchè credo sia il contrario della fuga immediata verso la soluzione, stare su se stessi, autosservarsi passivamente senza una coscienza giudicante, credo sia qualcosa che possiamo concederci ed è qualcosa che può liberare una reale attività.

in alcuni casi funziona. Se è sporcata dal rumore delle routine negative, si avvita intorno ad esse e aggrava il problema. Per questo.... "dipende" dal peso delle routine e dei pensieri ricorsivi negativi.

L'abitudine routinaria esiste nei nostri pensieri che giudicano quello che osserviamo, che spingono ad una azione in fuga verso un modello non oggettivamente migliore, che concettualizzano un processo di evoluzione che nella realta, a mio parere, non avviene.

Non mi riferivo a questo tipo di routine.

Secondo me, parlare di società non integrata credo risuoni negativamente per chi, con la psicologia si affanna a concettualizzare l'integrazione con essa.

E chi parla di società non integrata?

La spinta endogena verso un modello integrato di benessere è un concetto non oggettivo. Utile è la psicologia come possibile chiave di lettura di ciò che affiora spontaneamente.

Il modello integrato di benessere generalizzato è utopico. Ognuno dovrebbe poi avere il suo modello, e finisce allora l'utilità di "modello" determinabile da persone/studiosi esterni a da sè.

Potrei continuare per ore a ingannarmi con astrazioni ed esempi di impippaggio teorico razional virtuale. :italian_flag: Mo mi mangio un panino, vàh... : :italian_flag::italian_flag:

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Cara Diase, bella domanda! Mi sento sconfitta quando non faccio quello che vorrei fare, quando vorrei urlare in faccia ad alcune persone quello che penso di loro, non lo faccio perchè scatenerei un inferno, quando mi si dice di no e di si e invece scopro che è esattamente il contrario, quando penso che vorrei finirla ma poi sembra rimettersi tutto al propio posto. Sena che io abbia fatto nulla per farlo.

Un abbraccio.

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Mi sono rassegnato circa 6 anni fa, all'età di 14 anni.

cosa è successo? Se ti va diparlarne....

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cosa è successo? Se ti va diparlarne....

Tutto e niente, niente di così grave ma tante piccole cose insieme che mi hanno portato ad essere quello sono oggi.

Diciamo che da quel periodo in poi ho cominciato veramente a chiudermi in me stesso non riuscendo più ad uscirne, oggi ne sono la prova lampante.

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Tutto e niente, niente di così grave ma tante piccole cose insieme che mi hanno portato ad essere quello sono oggi.

Diciamo che da quel periodo in poi ho cominciato veramente a chiudermi in me stesso non riuscendo più ad uscirne, oggi ne sono la prova lampante.

se parli di sconfitta in quel niente c'è il tutto caro reset, prova ad aprirti sai io ho imparato che parlare di cose frammentarie è difficile ma riportarle tutte alla luce cominciando da una anche la più insignificante ci porta acapire molto di più di quanto possiamo fare cercando di sotterrare il tutto...

Non so la tua età ma non si possono portare dietro le sconfitte dell'adolescenza, se ci sono e fanno male è perchè non hai imparato a fartene una ragione....

Giusy

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