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Sei assertivo, aggressivo o passivo?


oscar

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e scommetto che da piccola non era così... e con loro eri più sulle estreme, neh... digi?

eheh bravo!!!!!

Con i miei smpre incazzata, con gli estranei superpassiva!!!!! :D:

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Alla fine "hai imparato empiricamente" che "conveniva" fare come fai adesso, no? :D:

Ma non tutti imparano.

Quindi... tanto teorica sta faccenda mica la è! .... anzi...

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io credo di avere tratti delle tre categorie in ogni circostanza..

mai sono completamente aggressivo . .o passivo o assertivo ..

sono sempre un misto di tutt' e tre .. piu altro ancora...

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io credo di avere tratti delle tre categorie in ogni circostanza..

mai sono completamente aggressivo . .o passivo o assertivo ..

sono sempre un misto di tutt' e tre .. piu altro ancora...

Se soltanto riesci a riconoscerti "quando" sei l'uno o l'altro, anche a distanza di 30 secondi nella stessa discussione, avrai già capito meglio come ti comporti. Cosa ti fa scattare l'una o l'altra, modalità? E quando sei "così"... cosa accade? Ottieni ciò che vuoi? Oppure ti accorgi che non vuoi neppure una comunicazione o una relazione? oppure vuoi lo scontro per sentire vive le tue emozioni? oppure vuoi la pace per sentirti sereno? e così via

E soprattutto, (non questo, ma qualsiasi semplificazione) ti consente di prevedere con maggiore attendibilità le reazioni altrui. Già oggi "sai che con alcuni" occorre parlare in un certo modo, e con altri in un altro, no? Quindi dei cambiamenti già li fai, ma con l'uso di "modelli tutti tuoi". Si chiameranno pippo-pluto-come-ti-pare, ma sempre semplificazioni sono. Che ti servono.

Tutto ciò serve per darti un'idea maggiormente simile tra come TI percepisci e come ti vedono gli altri. Cerca in rete la "finestra di johari", come ho già detto non ricordo a chi, qua.

I punti di riferimento servono a quello, per dare un "linguaggio interpretativo comune" tra te e gli altri.

Se tu "non riesci a vederti" se non "sempre" in tutte e 3 le modalità comunicative, e invece la maggioranza di chi ti conosce la pensa diversamente, allora qualcosa nella percezione di te c'è. Saresti l'unico a vederti rosso (per es) mentre tutti gli altri vedono verde.

La finestra interpretativa aiuta proprio a "leggersi" con lenti nuove, da prospettive nuove sempre te stesso, per "poterti misurare" e vedere a che velocità stai andando, ma soprattutto se stai andando dove davvero vuoi, e non dove credevi di andare.

Poi è chiaro che di lenti ce ne sono tantissime, ma ognuna serve per qualcosa, con quelle da lontano non ci leggi mica da vicino...

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purtroppo non riesco a rintracciare in me una pura aggressività .. o una pura passività .. o una pura assertività..

sarò un alieno..

peraltro non sono in grado di adottare strategie comunicative e non lo faccio mai .

io sono timido introverso quindi per nulla aggressivo ma non sono neanche un tipo passivo ..e davvero poco assertivo .

con la mia analista facciamo davvero tanta fatica per rintracciare in me l ' aggressività ... in qualche forma..

ciò non vuol dire che io sia passivo .. insomma davvero .. credo di non capire.. queste categorie..

non credo di starci ,,.. qui si parla di forme caratteriali .. roba molto complessa.

dei veri miscugli... di emozioni azioni e reazioni .. dei brodi fatti di tutto un po...

l' animo umano è un unicum, credi davvero di conoscere una persona perchè in lei rintarcci dei tratti aggressivi o passivi in certe situazioni ?..

purtroppo non è cosi' facile conoscersi .. e guardarsi con lenti cosi effettate e false.. non aiuta anzi mette fuori strada ..

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..[..]....

purtroppo non riesco a rintracciare in me una pura aggressività .. o una pura passività .. o una pura assertività..

sarò un alieno..

si parla di sfumature nei termini usati, come hai visto dal primo post. E usarla ovunque è assurdo. Si tratta di tendenze, prevalenze. E poi anche per ambiti.

peraltro non sono in grado di adottare strategie comunicative e non lo faccio mai .

Permettimi di dissentire...

quando argomenti logicamente, pure qua, già lo fai. E' già una strategia, o una competenza comunicativa. Non sei affatto scemo. Hai già più di una capacità, e non sei consapevole di usarle. Usi quelle a te congeniali, sapessi quanta gente invece parla a vanvera... Quando cambi tono di voce per parlare con i bimbi pure lo fai. Quando parli con i totalmente ignoranti pure un pò lo farai e cambierai registro. Usi tanti registri e neppure lo sai. Forse lo farai soltanto un pò poco, proprio perchè potresti non avere consapevolezza delle "sfumature", che per altri sono invece cose scontate. Qui poniamo attenzione su "altri registri ancora", che già usi senza sapere di farlo.

Io per esempio ho molto sofferto per questa faccenda delle sfumature. Mi anestetizzavo... non mi allenavo a capire le mie emozioni e non capivo neppure quelle altrui, ovviamente. E gli altri mi prendevano per marziano. - Ma come fai a non capire? - mi dicevano. Non mi ci far pensare...

io sono timido introverso quindi per nulla aggressivo ma non sono neanche un tipo passivo ..e davvero poco assertivo .

con la mia analista facciamo davvero tanta fatica per rintracciare in me l ' aggressività ... in qualche forma..

ciò non vuol dire che io sia passivo .. insomma davvero .. credo di non capire.. queste categorie..

io ci vedo da dietro uno schermo (con tutti i limiti del mezzo) più una anaffettività, una sorta di diapason affettivo, qualcosa di costante...non so se riesco a spiegarmi...

Si, se è come dici, è vero, questo modello non ti dovrebbe essere molto utile, ma aspetta a dirlo, perchè l'assertività mica è solo questa. Ci sono gli errori cognitivi, le manipolazioni, e bla bla bla che ti potrebbero forse essere molto più di aiuto interpretativo. In ogni caso il modello è una chiave di consapevolezza solo di un tuo modo di comunicare, non quello di essere in toto, e proprio perchè ti sembra tutto uguale, occorre capire perchè.

non credo di starci ,,.. qui si parla di forme caratteriali .. roba molto complessa.

dei veri miscugli... di emozioni azioni e reazioni .. dei brodi fatti di tutto un po...

l' animo umano è un unicum, credi davvero di conoscere una persona perchè in lei rintarcci dei tratti aggressivi o passivi in certe situazioni ?..

Certo che no! Le semplificazioni servono proprio per via della faccenda del controllo cosciente delle variabili da considerare. Se pensi che chi ti sta di fronte è qualsiasi cosa, non ti ci raccapezzi più. Quand'anche giudichi "pallone gonfiato" qualcuno, hai già usato una categorizzazione ficcandolo in un modello tuo. - I palloni gonfiati fanno così e cosà - Hai semplificato.

purtroppo non è cosi' facile conoscersi .. e guardarsi con lenti cosi effettate e false.. non aiuta anzi mette fuori strada ..

Sul fatto che non è facile concordo. Le lenti purtroppo sono vere e non hanno colpe, hanno solo colori diversi, ti fanno vedere solo una parte che con le lenti di prima non vedevi. Sono vere tutte e due (o tutte e 100) le immagini. Falso sarebbe credere che la realtà è rappresentata solo da una lente.

D'altronde, vecchie strategie, vecchi risultati. Provare se ci vedi altre cose non costa nulla, ma sempre con l'umiltà del ricercatore, quindi senza nè entusiasimi irrealistici, ma senza nemmeno pregiudizi.

Prima o poi becchi la lente ad hoc per te, tranquillo.

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Parliamo un pò di assertività parlando dei primi concetti base. In quale di questi tre modi di comportarti ti riconosci di più?

Fatto questo, diamoci un punteggio più alto a salire, man mano che la nostra comunicazione si fa più aggressiva:

1,2,3 = molta, media, blanda passività,

4 = blanda assertività, tendente alla comunicazione passiva

5 = assertività marcata

6 = blanda assertività, tendente alla comunicazione aggressiva

7,8,9 = blanda, media, alta comunicazione aggressiva

Tu che punteggio ti dai?

La triade comportamentale

AI fine di poter comprendere il modello assertivo è utile suddividere il comportamento umano in tre categorie:

1) PASSIVO

2) AGGRESSIVO

3) ASSERTIVO

Questa divisione è puramente teorica dato che ognuno di noi slitta costantemente da un comportamento all'altro!! Quello che realmente conta è in grado di discriminare tra questi modelli comportamentali e muoversi verso un comportamento via via sempre più assertivo. Il comportamento passivo o quello aggressivo sono evitabilmente all'origine dei disagi sociali che proviamo, il comportamento assertivo è la chiave del nostro successo e del nostro benessere.

Nonostante ogni persona emetta comportamenti aggressivi, passivi ed assertivi, alla base della personalità un comportamento tende ad affermarsi più che gli altri. Si avranno quindi persone fondamentalmente passive, altre aggressive ed altre assertive. Tali personalità di base possono essere così definite:

AGGRESSIVO: considera solo sé stesso ed opprime con violenza gli altri.

PASSIVO: pone sempre gli altri davanti a sé.

ASSERTIVO: pone sé stesso per primo ma tiene in considerazione gli altri.

IL COMPORTAMENTO PASSIVO

Per "persona passiva" non s'intende un vegetale senza opinioni e carattere, ma solamente una persona che si distingue per una serie di comportamenti ed atteggiamenti interiori che lo portano a subire gli altri provando disagio. Subire gli altri può significare tanto l'essere in grado di rifiutare un favore ad un amico quanto il dover subire costantemente soprusi ed umiliazioni sul lavoro. Vi sono diversi livelli di passività e diversi livelli di disagio, ma le dinamiche del comportamento passivo sono sempre le stesse.

Il comportamento passivo è il risultato di errate assunzioni riguardo sé stessi e gli altri. Una volta individuati gli schemi mentali che conducono alla passività, la struttura del comportamento passivo, é possibile cambiare se stessi ed eliminare il disagio.

COMPORTAMENTI PASSIVI:

1. SUBIRE GLI ALTRI.

2. INCAPACITÀ DI ESPRIMERE APERTAMENTE LA PROPRIA OPINIONE.

3. DIFFICOLTÀ NEL PRENDERE DECISIONI.

4. RITENERE GLI ALTRI MIGLIORI DI SE STESSI.

5. TEMERE IL GIUDIZIO ALTRUI.

6. DIPENDENZA DALL'APPROVAZIONE ALTRUI.

7. INCAPACITÀ A RIFIUTARE.

8. AGIRE SECONDO IL VOLERE ALTRUI (SOTTOMISSIONE).

9. INCAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI

Questi atteggiamenti interiori e stili di comportamento conducono l'individuo ad un elevato senso di frustrazione. Spesso avviene che la persona passiva dopo aver cumulato una frustrazione scoppia ed emette comportamenti aggressivi nei confronti di chi egli subisce, cosi facendo viene a sua volta aggredito o pone fine alla relazione. Comunque "scoppiando" incrementa ulteriormente il suo disagio interiore e sviluppa sensi di colpa, si pente e torna al suo abituale atteggiamento passivo. Questa dinamica ricorda la pentola a pressione che cumula la pressione della cottura fino al punto di saturazione, dopodiché sfoga attraverso la valvola il vapore eccessivo.

Subire costantemente gli altri e sentirsi frustrati porta l'individuo a sentirsi impotente e crearsi un'immagine negativa di sè come risultato tenderà ad isolarsi sempre più.

L'incapacità a prendere da soli e proprie decisioni, e la dipendenza dal giudizio altrui, fanno si che tendenzialmente i Passivi sceglieranno come "amici' persone aggressive sulle quali contare.

IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO

Essere aggressivi non vuol dire necessariamente esercitare violenza fisica sugli altri: fanno parte dell'aggressività tutta una serie di atteggiamenti e modi di pensare che hanno in comune la violazione dei diritti altrui e l'incuranza per i loro stati d'animo.

Rendersi conto della propria aggressività non é facile: spesso la persona aggressiva riesce ad ottenere ciò che vuole con la prepotenza e quindi per quanto lo riguarda "tutto va bene". In realtà l'aggressivo paga a lungo termine le conseguenze del suo modo d'essere: finirà per circondarsi di persone tanto più passive quanto più egli sarà aggressivo. Il costante considerare gli altri degli inetti ed il volerli piegare al proprio volere conduce ad un alienamento egocentristico. Essere circondanti da individui depersonalizzati che dicono sempre "Si, Signore!"

non è appagante, eppure l'aggressivo lavora proprio in questa direzione.

COMPORTAMENTI AGGRESSIVI:

1. CALPESTARE I DIRITTI ALTRUI (PREVARICAZIONE).

2. RITENERSI SEMPRE NEL GIUSTO.

3. ATTRIBUIRE I PROPRI ERRORI E DISAGI AGLI ALTRI.

4. SOPRAVVALUTARSI.

5. NON ACCETTARE LE OPINIONI ALTRUI.

6. INFLESSIBILITÀ D'OPINIONE ANCHE DI FRONTE ALL'EVIDENZA.

7. PRETENDERE CHE GLI ALTRI AGISCANO SECONDO IL PROPRIO VOLERE (PREVARICAZIONE).

8. COLPEVOLIZZARE ED INTERIORIZZARE GLI ALTRI.

9. SENTIRSI IN DIRITTO DI GIUDICARE TUTTO E TUTTI.

10. INCAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI.

Dire "mi piace / non mi piace" é assertivo. Dire "é buono / non è buono" é aggressivo - stiamo giudicando anche per gli altri con i nostri parametri (a meno che non aggiungiamo un "per me" alla frase). Una persona può dire "la cucina macrobiotica fa schifo," in realtà é a lui che non piace. La realtà é che se la cucina macrobiotica ha un suo grosso mercato é perché vi sono milioni di persone a cui piace.

Le persone aggressive devono imparare a distinguere tra le loro opinioni e la realtà oggettiva: le cose non sono "buone / cattive' di per se stesse, sono tali agli occhi di chi le giudica. È un nostro diritto giudicare per noi stessi, ma non per gli altri.

NON DOBBIAMO CONSIDERARE I NOSTRI GIUDIZI COME LEGGI UNIVERSALI!

Le persone aggressive tendono ad entrare in contrasto con altri Aggressivi, e finiscono per circondarsi di Passivi.

IL COMPORTAMENTO ASSERTIVO

La persona assertiva si colloca tra il passivo e l' aggressivo, egli non è autolimitato dagli schemi mentali che caratterizzano il passivo e l' aggressivo. l'assertivo attribuisce realtà ai comportamenti aggressivi e passivi: egli sa che entrambi sono solo il risultato di limitazioni. l'assertivo sa che le limitazioni possono essere superate ed il disagio può essere vinto.

COMPORTAMENTI ASSERTIVI:

1. RISPETTARE GLI ALTRI, I LORO DIRITTI E LE LORO OPINIONI.

2. NON PERMETTERE AGLI ALTRI DI ESSERE AGGRESSIVI NEI NOSTRI CONFRONTI (NON SUBIRLI).

3. DISPONIBILITÀ A MODIFICARE LE PROPRIE OPINIONI.

4. NON ESIGERE CHE GLI ALTRI SI COMPORTINO COME NOI VORREMMO.

5. NON ESSERE POSSESSIVI VERSO LE PERSONE CHE CI CIRCONDANO.

6. NON SENTIRSI IN DIRITTO DI GIUDICARE GLI ALTRI.

7. CAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI.

l'assertivo é in grado di interagire tanto con i passivi quanto con gli aggressivi, nonché ovviamente con altri assertivi. Non cogliendo la sfida dell'aggressivo, e non infierendo sul passivo, la persona assertiva é in grado di gestire in modo efficace le relazioni umane.

LA PRESSIONE AMBIENTALE

Nessuno é solo passivo, solo aggressivo o solo assertivo. In realtà tutti noi slittiamo – a seconda della situazione- tra queste tre modalità relazionali. Magari in una situazione siamo Passivi, e poi in una situazione diversa ci riveliamo Aggressivi.

IL COMPORTAMENTO UMANO È SITUAZIONE….

Bastano piccole variazioni della situazione e noi possiamo subito passare da una modalità relazionale ad un'altra. L'ambiente gioca un ruolo determinante sul nostro autocontrollo emotivo comportamentale: basta che la pressione ambientale valichi una certa soglia e noi reagiamo in modo diverso anche in situazioni ordinarie.

TUTTI SUBIAMO LA PRESSIONE AMBIENTALE!

Andiamo da un amico per fare pace con lui, all'inizio ci mostriamo passivi sperando di farci perdonare, ma poi il suo atteggiamento e la sua ostilità ci deludono e diventiamo improvvisamente aggressivi. Questo ci insegna che...

LE INTENZIONI NON BASTANO PER POTER GESTIRE LE SITUAZIONI!

Per poter gestire tutte le situazioni sono necessari una metodologia ed u modello comportamentale universalmente validi. Il modello assertivo é abbastanza flessibile da poter far fronte a qualunque situazione difficile.

AUTOCRITICA: IL PRIMO PASSO VERSO L'ASSERTIVITÀ

l'assertivo si dice "Io" laddove l' aggressivo ed il passivo si dicono "tu".

Nell'affrontare le situazioni di disagio l'assertivo si focalizza tu se stesso, invece il passivo e l'aggressivo si concentrano sugli altri per alleviare il proprio disagio.

Dire "Tu mi fai stare male!" é comportamento aggressivo: attribuiamo agli altri il nostro disagio mentre invece il disagio é solo nostro. Siamo noi che dobbiamo imparare a non stare male, a non far dipendere la nostra vita emotiva dagli altri. Può sembrare freddo e cinico, ma lamentarsi e dare la colpa agli altri a che serve? Non possiamo pretendere che gli altri cambino secondo i nostri desideri.

GLI ALTRI NON SONO DA CAMBIARE…

Dire "Tu non riesci a capirmi!" é aggressivo: se non riusciamo a farci capire é colpa nostra che non comunichiamo sufficientemente bene. Siamo noi che dobbiamo imparare ad esprimerci meglio. Siamo noi che dobbiamo imparare a comunicare partendo dal livello operante altrui anziché il nostro.

l'assertivo deve accettare un principio fondamentale:

SE STIAMO MALE È SOLO COLPA NOSTRA!

Sembrerà assurdo e difficile da accettare, ma è un tipo di pensiero assai utile e positivo: ci spinge a guardarci dentro, a trovare ciò che vi é di sbagliato in noi anziché negli altri. Molto più facile è invece trovare i difetti altrui, ma una volta trovati, che diritto avremo di cambiare il modo d'essere altrui? E poi, ci riusciremmo? Quasi sicuramente no. Noi invece possiamo cambiare! Se ci rendiamo conto che con una data persona ci sentiamo male, possiamo decidere di evitarla o di accettarla per quello che é - l'importante comunque è non stare male.

ANCHE I NOSTRI MALESSERI SONO IL RISULTATO DEL NOSTRO MODO DI RAPPRESENTARCI LA REALTÀ…

I nostri stati di malessere nascono inevitabilmente dalla nostra mancanza di risorse nel gestire le situazioni. Se le persone avessero realmente il potere di far star male gli altri, sarebbero in grado di far star male chiunque, invece nessuno fa stare male tutti. Pare che il "potere di esercitare il male a distanza" sia limitato nella sua efficacia solo verso certe categorie suscettibili.

Una persona può usare un linguaggio scurrile che ci mette a disagio e noi ci sentiamo male, potremmo anche giustificare il fatto che se alcune persone non si sentono a disagio con questa persona é per via del fatto "che non sono sensibili, che non hanno valori", ma il fatto indiscutibile é che siamo noi a sentirci male! "Sensibile" in questo contesto significa avere reazioni sproporzionate allo stimolo.

Chi vive della certezza di essere un qualcosa, non si sente mancare il terreno sotto i piedi solo perché le persone che lo circondano non sono come lui. La persona assertiva non prova disagio se qualcuno

emette comportamenti che egli non condivide, si limita a non gratificarli e, se lo ritiene opportuno, avanza la richiesta che l'altro rispetti i suoi valori evitando i comportamenti che lo infastidiscono.

Ed il benessere? È altresì utile rendersi conto di come ci si relaziona alle situazioni di benessere. Anche se esse non sono per noi causa diretta di disagio sociale possono tuttavia contenere schemi comportamentali ed assunzioni erronee. Questi schemi comportamenti ed erronee assunzioni, sono alla base di altri disagi. Finché gli schemi e le situazioni erronee non saranno rimossi le situazioni di disagio tenderanno a ripetersi.

Si rifletta sulla differenza che divide queste due affermazioni d'amore.

"Tu mi fai stare bene!"

"Stare con te mi fa sentire bene!"

La prima delle due affermazioni è focalizzata sull'altro, conferendogli potere sulle nostre emozioni. La seconda affermazione é una corretta valutazione di come noi viviamo il rapporto con l'altro.

Molte delusioni d'amore sono dovute ad un errato modo di rapportarsi all'altro.

Ho letto: io mi sento fondamentalmente assertiva, ma con tratti a volte passivi a volte aggressivi. Secondo me no si può essere UNO , ma è importante avere consapevolezza di quel che si è , considerando e dandosi il permesso che si può sbagliare.

Nella comunicazione on line queste caratteristiche possono essere alterate secondo me.Da cosa? Da come ti percepiscono gli altri, volontariamente o no , anche se tu sei sincero, o da come vuoi tu farti percepire dagli altri, se giochi a mascherarti dietro a qualcosa che non sei.

Cosa ne pensi Oscar?

Quello che scrivi sotto è interessantissimo!

Quando ho un attimo di tempo lo leggo con attenzione e poi rispondo!

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Ho letto: io mi sento fondamentalmente assertiva, ma con tratti a volte passivi a volte aggressivi. Secondo me no si può essere UNO , ma è importante avere consapevolezza di quel che si è , considerando e dandosi il permesso che si può sbagliare.

Nella comunicazione on line queste caratteristiche possono essere alterate secondo me.Da cosa? Da come ti percepiscono gli altri, volontariamente o no , anche se tu sei sincero, o da come vuoi tu farti percepire dagli altri, se giochi a mascherarti dietro a qualcosa che non sei.

Cosa ne pensi Oscar?

Quello che scrivi sotto è interessantissimo!

Quando ho un attimo di tempo lo leggo con attenzione e poi rispondo!

Dagli studi fatti sulla comunicazione mediata on line, sulla formazione dei gruppi on line, sulla formazione in elearning e l'apprendimento collaborativo (come pure questo qui che stiamo facendo noi adesso in questo topic), le dinamiche relazionali sono le stesse. Cambia un pò invece l'impatto emotivo, specie per la comunicazione asincronica (io scrivo e tu leggi dopo un pò, riscrivi dopo un pò e così via).

Si possono fare letture multidimensionali (con più lenti colorate, come letture di dinamiche di gruppo) anche di questi tipi di comunicazioni qua. Quello che ci cambia è il piano epistemologico, ovvero il modo in cui noi formiamo il nostro modo apprendere e pensare la conoscenza. Qui, la tecnologia cambia un pò le carte in tavola. Pensa un pò a film come blade runner e matrix, giusto per citare due tra i più famosi film epistemologici che trattano la tecnologia.

Nella comunicazione on line, inoltre, il piano della relazione è meno ricco di informazioni che connotano (dicono come interpretare) la comunicazione. L'energia, la vibrazione, l'emozione derivante dall'impatto visivo del tuo interlocutore è decisamente minore. Tuttavia, il piano logico consente la tracciatura di quanto si scrive molto meglio di quanto "scappa" in una conversazione verbale. E l'attenzione si sposta su un piano diverso ma non per questo inefficace. Il dire tre parole senza puntini sospensivi, invece che 333 e con tante faccine, è indicativo e si legge tranquillamente da ciò, con un pò di esperienza. Certo sono molte meno, ma le tendenze caratteriali degli stili comunicativi rimangono, anche all'interno dei personaggi che ti crei.

Rispetto alla falsificabilità della tua identità, questo accade ugualmente nella comunicazione de visu, ma qui, ciò che importa è la coerenza interna con la maschera che ti sei creata. Come nel videogioco second life. Qui lo smascheramento avviene su un piano maggiormente logico, proprio per via della tracciabilità pure delle virgole che scrivi, e dalle quali si intuiscono comunque informazioni.

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Grazie Oscar

sulla comunicazione on line c'è molto da dire, credo. E credo anche che ci siano persone che usano questo mezzo per esprimere parti di sè che nella realtà restano represse, non so quanto consapevolmente!

A me succedeva che qui mi sentivo più libera di parlare, meno giudicata, ma ora non più! Sono sempre sincera, ma molto più controllata.

Saper comprendere la personalità di chi scrive attraverso la punteggiatura, le faccine, mi piacerebbe molto.

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Grazie Oscar

sulla comunicazione on line c'è molto da dire, credo. E credo anche che ci siano persone che usano questo mezzo per esprimere parti di sè che nella realtà restano represse, non so quanto consapevolmente!

A me succedeva che qui mi sentivo più libera di parlare, meno giudicata, ma ora non più! Sono sempre sincera, ma molto più controllata.

Saper comprendere la personalità di chi scrive attraverso la punteggiatura, le faccine, mi piacerebbe molto.

Dire "Tu mi fai stare male!" é comportamento aggressivo: attribuiamo agli altri il nostro disagio mentre invece il disagio é solo nostro. Siamo noi che dobbiamo imparare a non stare male, a non far dipendere la nostra vita emotiva dagli altri.

Questo è verissimo: non siamo responsabili delle emozioni degli altri, ma vallo a spiegare a chi colpevolizza di continuo?

Chi colpevolizza gi altri delle proprie emozioni non vuole prendere la propria responsabilità, vuole restare nell'atteggiamento di chi è vittima di qualcuno e quindi è caratteristico di chi non vuole crescere e o cambiare!

Poi sottrarsi a chi gioca"e' tutta colpa tua" non è poi mica facile!

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Dagli studi fatti sulla comunicazione mediata on line, sulla formazione dei gruppi on line, sulla formazione in elearning e l'apprendimento collaborativo (come pure questo qui che stiamo facendo noi adesso in questo topic), le dinamiche relazionali sono le stesse. Cambia un pò invece l'impatto emotivo, specie per la comunicazione asincronica (io scrivo e tu leggi dopo un pò, riscrivi dopo un pò e così via).

Si possono fare letture multidimensionali (con più lenti colorate, come letture di dinamiche di gruppo) anche di questi tipi di comunicazioni qua. Quello che ci cambia è il piano epistemologico, ovvero il modo in cui noi formiamo il nostro modo apprendere e pensare la conoscenza. Qui, la tecnologia cambia un pò le carte in tavola. Pensa un pò a film come blade runner e matrix, giusto per citare due tra i più famosi film epistemologici che trattano la tecnologia.

Nella comunicazione on line, inoltre, il piano della relazione è meno ricco di informazioni che connotano (dicono come interpretare) la comunicazione. L'energia, la vibrazione, l'emozione derivante dall'impatto visivo del tuo interlocutore è decisamente minore. Tuttavia, il piano logico consente la tracciatura di quanto si scrive molto meglio di quanto "scappa" in una conversazione verbale. E l'attenzione si sposta su un piano diverso ma non per questo inefficace. Il dire tre parole senza puntini sospensivi, invece che 333 e con tante faccine, è indicativo e si legge tranquillamente da ciò, con un pò di esperienza. Certo sono molte meno, ma le tendenze caratteriali degli stili comunicativi rimangono, anche all'interno dei personaggi che ti crei.

Rispetto alla falsificabilità della tua identità, questo accade ugualmente nella comunicazione de visu, ma qui, ciò che importa è la coerenza interna con la maschera che ti sei creata. Come nel videogioco second life. Qui lo smascheramento avviene su un piano maggiormente logico, proprio per via della tracciabilità pure delle virgole che scrivi, e dalle quali si intuiscono comunque informazioni.

interessante argomento, sono d'accordo, nascondere sè stessi si può in rete solo fino a u certo punto, solo fin quando non ci si espone più di tanto e poi in fondo in fondo un pò di noi stessi ce lo mettiamo sempre, un pò come gli attori che si calano nei vari personaggi, in qualche modo però c'è sempre un pò di loro in ogniuno dei personaggi interpretati....

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Questo è verissimo: non siamo responsabili delle emozioni degli altri, ma vallo a spiegare a chi colpevolizza di continuo?

Chi colpevolizza gi altri delle proprie emozioni non vuole prendere la propria responsabilità, vuole restare nell'atteggiamento di chi è vittima di qualcuno e quindi è caratteristico di chi non vuole crescere e o cambiare!

Poi sottrarsi a chi gioca"e' tutta colpa tua" non è poi mica facile!

Costy,

Peggio per lui, se non vuole crescere, peggio per te, se non riesci a gestire ciò. Se è aggressivo, invade gli spazi altrui (tuoi, in tal caso). Se questa invasione ti ferisce continuamente, e non riesci a non far dipendere così tanto la tua vita emotiva da lui, allora sorge il problema. O cresce lui (scordatelo) o impara a comunicare meglio (scordati pure questo, ma qualche speranzella c'è, specie se non lo fai tu e lui è motivato a crescere) o ti fortifichi tu. Alla fine ti rimane il calcolo delle TUE priorità, e dei costi / benefici che la sua vicinanza comporta o potrebbe non comportare più.

Ci sono delle tecniche di antimanipolazione, specie con chi colpevolizza gli altri (spesso gli egocentrici) ma sono palliativi. (comprati "l'arte di non lasciarsi manipolare", di N. Ago. Ediz. Paoline. Si legge in 3 giorni, utile specie nella 2^ parte. Semplice e bellissimo!). Solo tu sai qual'è il limite del tuo benessere, o in certi casi quello della tua salute. A qualcuno gli fa un baffo, ad altri no.

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interessante argomento, sono d'accordo, nascondere sè stessi si può in rete solo fino a u certo punto, solo fin quando non ci si espone più di tanto e poi in fondo in fondo un pò di noi stessi ce lo mettiamo sempre, un pò come gli attori che si calano nei vari personaggi, in qualche modo però c'è sempre un pò di loro in ogniuno dei personaggi interpretati....

infatti è proprio lo stile comunicativo di cui parlavo. Quello bene o male te lo porti ovunque... pure nelle tue maschere

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infatti è proprio lo stile comunicativo di cui parlavo. Quello bene o male te lo porti ovunque... pure nelle tue maschere

Ma può variare, evolvere lo stile comunicativo...

Io non ci facevo molto caso al mio...ma ho imparato leggendo gli altri...

per esempio i puntini sospensivi sono bellissimi, in letteratura non li trovi.

mi piace come scrive viola.blu con tanti spazi ahhhhh...mi piace Fauno: ordinato, intenso e completo.

è un piacere leggere loro.

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io posso dire per esperienza che una persona la conosci solo quando la incontri personalmente. .

e neanche..

pero' che attraverso il computer si prendono delle cantonate gigantesche .. è un fatto ..

io stesso sono molto diverso da come scrivo ..

a me sta storia dei modelli .. non mi piace neanche un po .

sono certo che portano a conclusioni sbagliate .. per forza..

interpretare i punti e le virgole.. ?? figurati . come quelli che ti dicono chi sei dalla tua firma.. preferisco gli zingari che leggono la mano ..

sta storia per cui siamo tutti riconducibili ad uno schema di base non mi piace neanche un po ..

io credo che siamo tutti casi unici ..

e che consocere una persona è un lavoro di anni e anni anche per un esperto psicoanalista ..

le scorciatoie non portano da nessuna parte.,,. .

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Grazie lapina! :spiteful:

infatti sono delle chiavi interpretative di come comunichiamo, non delle generalizzazioni linguistiche, che sono cosa assai diversa.

Di chiavi ce ne sono tantissime, ognuna utile per un pezzetto/parte di sè.

Per esempio, gli psicoterapeuti più idioti sono quelli che usano UN solo modello e vi si attengono rigidamente senza prendere da ogni altro le cose buone, o senza saper cambiare modello se dovesse risultare più adatto al paziente.

Peccato solo per quelli che credono che si appartenga o si usi una classe sola, o un modello solo, magari perchè hanno riconosciuto solo quella/o.

un bravo psicoterapeuta non usa modelli . .

infatti...

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io posso dire per esperienza che una persona la conosci solo quando la incontri personalmente. .

e neanche..

pero' che attraverso il computer si prendono delle cantonate gigantesche .. è un fatto ..

io stesso sono molto diverso da come scrivo ..

a me sta storia dei modelli .. non mi piace neanche un po .

sono certo che portano a conclusioni sbagliate .. per forza..

interpretare i punti e le virgole.. ?? figurati . come quelli che ti dicono chi sei dalla tua firma.. preferisco gli zingari che leggono la mano ..

sta storia per cui siamo tutti riconducibili ad uno schema di base non mi piace neanche un po ..

io credo che siamo tutti casi unici ..

e che consocere una persona è un lavoro di anni e anni anche per un esperto psicoanalista ..

le scorciatoie non portano da nessuna parte.,,. .

Certo che siamo tutti unici, ci mancherebbe. Tu vai dallo psicoterapeuta e non dal gommista, proprio perchè lui ha "studiato" qualcosa che "semplifica" le caratteristiche di ogni persona, e in base a quelle stabisce se con te è il caso di fare così o colà. Per alcuni tuoi aspetti, si comporterà colì, per altri colà. La combinazione di tutti insieme farà di te il tuo caso unico.

Un riferimento-modello, almeno come scuola-orientamento che "userà più spesso come forma mentis", ce l'ha sempre. Non è vero che "non usano proprio nessun modello", mai. Sceglie tra i tanti che conosce, il suo stesso intuito è influenzato dall'orientamento-scuola di psicoterapia che ha frequentato.

Le sue competenze comunicative, le sue strategie, i suoi metodi (userà certi toni ad hoc, certe parole o domande dette "proprio in quel momento e non in altri") fanno parte di un mestiere. Sei un anaffettivo? farà colì. Ti ritiene un depresso? farà colà, in relazione ai "protocolli" di cura. Protocolli che esistono, mica te li dice, se no, non funzionano più. Come ogni mestiere o competenza umana di qualsiasi genere, una semplificazione ci deve essere per poter ricondurre tutto ad un modo di operare (teoria della tecnica).

Quelle che tu chiami scorciatoie sono per lui anni di studio e di pratica teorica.

Uno dei lavori di molti psicoterapeuti è proprio quello di consentire di vedere in modi diversi i vari sè e gli eventi vissuti ("ridefinizione", tecnicamente), e di far prendere consapevolezza di certi processi. Anche la stessa parola "processo" è una semplificazione. Chi lo dice che dopo una cosa, deve per forza accaderne un'altra? Lo dicono gli anni di studi che qualcuno ha fatto prima del tuo terapeauta e che lui segue. Semplificando.

Ogni processo di pensiero cosciente è una semplificazione. E' questo il punto.

Il linguaggio è già una forma di semplificazione. Ogni "interpretazione" è una semplificazione. Tutti lo facciamo, anche se non siamo consapevoli di farlo.

Lo psicanalista d'altronde (rispetto ad altre scuole di psicoterapia) è quello che lavora su quella branca delle scienze che è meno è basata su prove di efficacia in quanto tali, ma su concettualizzazioni che per quanto illuminanti rendono plausibili certi processi di pensiero.

Nei corsi quadriennali di specializzazione si insegna proprio a semplificare per ricondurre ad approcci terapeutici sperimentati. Lo fanno i medici, quando descrivono quadri clinici, lo fanno gli psicoterapeuti, quando fanno diagnosi differenziali (hai questo disturbo per xy motivi, ed escludo che tu abbia quest'altro per xyh motivi, da cui=differenza). Se non si potesse ricondurre a nulla di noto o di categorizzabile non avrebbe senso andare da dottori o psicoterapeuti. Poi all'interno di ciascuna categoria-disturbo, ci sono 1000 sfumature che vanno via via interpretate, ma sempre alla luce di altre categorie.

Rispetto ai punti e le virgole, come pensi abbia potuto "prevedere" che digi da piccola aveva una modalità comunicativa più estrema rispetto a quella di ora? Proprio da come scrive qua. Mica la conosco dal vivo... Mica sono un mago.

Gli psicoterapeuti "leggono" cose che invece non può fare una persona a cui mancano certe informazioni. Molti altri le intuiscono. Beati loro. E ci sono. Sono "experties", ovvero esperti capaci, senza pensare alla sequenza di cose che fanno, (come tu che cammini, senza pensare che metti un femore davanti a un altro). Possono aver appreso anche per caso.

Tu conosci l'inglese e il napoletano, loro conoscono "la lettura tra le righe", che a te sembra impossibile. Anche ai bimbi sembra impossibile che i genitori possano scoprire che loro hanno rubato la marmellata. Peccato che "non si rendono conto" che i genitori lo deducono da una serie di indizi che per loro non esistono (bocca sporca, barattolo spostato, cucchiano sporco, ecc).

Il bello è che questa lettura fra le righe la fai pure tu! Per esempio, hai notato "prima di altri" alcune caratteristiche di qualcuno qui sul forum. Quindi, sei un mago pure tu. Hai semplificato pure tu, e ci hai pure preso! I problemi scattano quando non siamo in grado come crediamo, di "prenderci" con altrettanta precisione pure con noi.

Una patologia è proprio quella di non riuscire a percepire "certe differenze", ma potrebbe pure trattarsi di semplice scarsa competenza in un certo campo. E' chiaro che da qui possiamo valutare solo un piccolo pezzo delle caratteristiche di ciascuno di noi, ma quanto più l'occhio osservatore è competente, tante più informazioni saprà trarre da cose che per i più sono insignificanti o che nemmeno notano. Saranno sempre 500 cose rispetto alle 100.000 della persona osservata, ma pur sempre molte di più delle 50 che notano la maggior parte delle persone. Se no, i corsi per diventare psicologi, grafologi, psicoterapeuti, ecc. che si farebbero a fare?

Quando hai da scegliere tra 250 cioccolattini davanti a te, tutti di gusto diverso, ti confondi di più (non dico che ci si paralizza, ma si esita di più) rispetto a quando te ne offrono solo tre diversi.

Se considerassimo di ogni cosa sempre 250, o addirittura 6.000.000.000 di categorie quanti sono gli uomini in terra, alla fine finiremmo per non riuscire a scegliere cosa fare o come comportarci, o questa sarebbe affidata al caso. Troppa informazione coscientemente e contemporaneamente = nessuna informazione.

Ogni scelta è già frutto di una semplificazione. Ogni logica che esclude qualcosa lo fa perchè categorizza e semplifica pertanto gli elementi da escludere.

Inoltre. Non esiste UNO schema base interpretativo degli altri, ma uno schema per capire ALCUNE cose, un altro per capirne altre e così via, per quanti sono gli schemi che conosci e per quante sono le tue conoscenze psicologiche e umanistiche.

Poi ci sono gli "eruditi" che non sanno usare ciò che sanno, e le scuole di pratica si fanno proprio per trasformare l'erudizione in capacità di saper fare. Ma non sempre ci riescono, sob.

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psicoqualcosa... che brutta razza di persone... :Rose: ... (almeno fossimo in un sito di psicologia)

solo oscar

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Certo che siamo tutti unici, ci mancherebbe. Tu vai dallo psicoterapeuta e non dal gommista, proprio perchè lui ha "studiato" qualcosa che "semplifica" le caratteristiche di ogni persona, e in base a quelle stabisce se con te è il caso di fare così o colà. Per alcuni tuoi aspetti, si comporterà colì, per altri colà. La combinazione di tutti insieme farà di te il tuo caso unico.

Un riferimento-modello, almeno come scuola-orientamento che "userà più spesso come forma mentis", ce l'ha sempre. Non è vero che "non usano proprio nessun modello", mai. Sceglie tra i tanti che conosce, il suo stesso intuito è influenzato dall'orientamento-scuola di psicoterapia che ha frequentato.

Le sue competenze comunicative, le sue strategie, i suoi metodi (userà certi toni ad hoc, certe parole o domande dette "proprio in quel momento e non in altri") fanno parte di un mestiere. Sei un anaffettivo? farà colì. Ti ritiene un depresso? farà colà, in relazione ai "protocolli" di cura. Protocolli che esistono, mica te li dice, se no, non funzionano più. Come ogni mestiere o competenza umana di qualsiasi genere, una semplificazione ci deve essere per poter ricondurre tutto ad un modo di operare (teoria della tecnica).

Quelle che tu chiami scorciatoie sono per lui anni di studio e di pratica teorica.

Uno dei lavori di molti psicoterapeuti è proprio quello di consentire di vedere in modi diversi i vari sè e gli eventi vissuti ("ridefinizione", tecnicamente), e di far prendere consapevolezza di certi processi. Anche la stessa parola "processo" è una semplificazione. Chi lo dice che dopo una cosa, deve per forza accaderne un'altra? Lo dicono gli anni di studi che qualcuno ha fatto prima del tuo terapeauta e che lui segue. Semplificando.

Ogni processo di pensiero cosciente è una semplificazione. E' questo il punto.

Il linguaggio è già una forma di semplificazione. Ogni "interpretazione" è una semplificazione. Tutti lo facciamo, anche se non siamo consapevoli di farlo.

Lo psicanalista d'altronde (rispetto ad altre scuole di psicoterapia) è quello che lavora su quella branca delle scienze che è meno è basata su prove di efficacia in quanto tali, ma su concettualizzazioni che per quanto illuminanti rendono plausibili certi processi di pensiero.

Nei corsi quadriennali di specializzazione si insegna proprio a semplificare per ricondurre ad approcci terapeutici sperimentati. Lo fanno i medici, quando descrivono quadri clinici, lo fanno gli psicoterapeuti, quando fanno diagnosi differenziali (hai questo disturbo per xy motivi, ed escludo che tu abbia quest'altro per xyh motivi, da cui=differenza). Se non si potesse ricondurre a nulla di noto o di categorizzabile non avrebbe senso andare da dottori o psicoterapeuti. Poi all'interno di ciascuna categoria-disturbo, ci sono 1000 sfumature che vanno via via interpretate, ma sempre alla luce di altre categorie.

Rispetto ai punti e le virgole, come pensi abbia potuto "prevedere" che digi da piccola aveva una modalità comunicativa più estrema rispetto a quella di ora? Proprio da come scrive qua. Mica la conosco dal vivo... Mica sono un mago.

Gli psicoterapeuti "leggono" cose che invece non può fare una persona a cui mancano certe informazioni. Molti altri le intuiscono. Beati loro. E ci sono. Sono "experties", ovvero esperti capaci, senza pensare alla sequenza di cose che fanno, (come tu che cammini, senza pensare che metti un femore davanti a un altro). Possono aver appreso anche per caso.

Tu conosci l'inglese e il napoletano, loro conoscono "la lettura tra le righe", che a te sembra impossibile. Anche ai bimbi sembra impossibile che i genitori possano scoprire che loro hanno rubato la marmellata. Peccato che "non si rendono conto" che i genitori lo deducono da una serie di indizi che per loro non esistono (bocca sporca, barattolo spostato, cucchiano sporco, ecc).

Il bello è che questa lettura fra le righe la fai pure tu! Per esempio, hai notato "prima di altri" alcune caratteristiche di qualcuno qui sul forum. Quindi, sei un mago pure tu. Hai semplificato pure tu, e ci hai pure preso! I problemi scattano quando non siamo in grado come crediamo, di "prenderci" con altrettanta precisione pure con noi.

Una patologia è proprio quella di non riuscire a percepire "certe differenze", ma potrebbe pure trattarsi di semplice scarsa competenza in un certo campo. E' chiaro che da qui possiamo valutare solo un piccolo pezzo delle caratteristiche di ciascuno di noi, ma quanto più l'occhio osservatore è competente, tante più informazioni saprà trarre da cose che per i più sono insignificanti o che nemmeno notano. Saranno sempre 500 cose rispetto alle 100.000 della persona osservata, ma pur sempre molte di più delle 50 che notano la maggior parte delle persone. Se no, i corsi per diventare psicologi, grafologi, psicoterapeuti, ecc. che si farebbero a fare?

Quando hai da scegliere tra 250 cioccolattini davanti a te, tutti di gusto diverso, ti confondi di più (non dico che ci si paralizza, ma si esita di più) rispetto a quando te ne offrono solo tre diversi.

Se considerassimo di ogni cosa sempre 250, o addirittura 6.000.000.000 di categorie quanti sono gli uomini in terra, alla fine finiremmo per non riuscire a scegliere cosa fare o come comportarci, o questa sarebbe affidata al caso. Troppa informazione coscientemente e contemporaneamente = nessuna informazione.

Ogni scelta è già frutto di una semplificazione. Ogni logica che esclude qualcosa lo fa perchè categorizza e semplifica pertanto gli elementi da escludere.

Inoltre. Non esiste UNO schema base interpretativo degli altri, ma uno schema per capire ALCUNE cose, un altro per capirne altre e così via, per quanti sono gli schemi che conosci e per quante sono le tue conoscenze psicologiche e umanistiche.

Poi ci sono gli "eruditi" che non sanno usare ciò che sanno, e le scuole di pratica si fanno proprio per trasformare l'erudizione in capacità di saper fare. Ma non sempre ci riescono, sob.

Condivido in pieno, davvero bello e giusto ciò che scrivi....

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Ciao Oscar, io credo che il tuo sia un ottimo topic, ben argomentato. Riconoscere la propria modalità comunicativa è un bel passo per cominciare ad osservarsi.

Le modalità passive o aggressive sono deprecabili, la modalità di mezzo, assertiva, appartiene ad esseri ultraterreni es.: Gusù Cristo, Budda, Maometto, usati come esempio dalla religione che cerca di uniformare ad un modello i suoi fedeli. La psicologia lo fa in maniera un po più evoluta, comunque la volonta di prospettare un modello verso cui aderire è sempre presente...mi chiedo se è utile aderire ad un modello qualunque esso sia?

:blush:

sempre grande.....

vai sull'onda

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Ospite sea

..."Lo fanno i medici, quando descrivono quadri clinici, lo fanno gli psicoterapeuti, quando fanno diagnosi differenziali (hai questo disturbo per xy motivi, ed escludo che tu abbia quest'altro per xyh motivi, da cui=differenza)...

Ciao, oscar, una domanda di troppo mi è suggerita da ciò che scrivi.

Non mi ci fare l'analisi su, eh? :):

Gli psicoterapeuti, in genere, come prassi, sono soliti informare il paziente sulla diagnosi, o no?

Sapere da quale "disturbo" si è afflitti è una richiesta legittima da parte del paziente o può nuocere alla terapia?

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comunque anch'io non so rispondere....sono tutto e sono niente. Sono violento, ma passivo, sono entrambi dipende con che piede mi alzo...

ho provato a risponderti come avrei fatto l'anno scorso....vedi sopra....ma non ne cavo un ragno lo stesso.....

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..."Lo fanno i medici, quando descrivono quadri clinici, lo fanno gli psicoterapeuti, quando fanno diagnosi differenziali (hai questo disturbo per xy motivi, ed escludo che tu abbia quest'altro per xyh motivi, da cui=differenza)...

Ciao, oscar, una domanda di troppo mi è suggerita da ciò che scrivi.

Non mi ci fare l'analisi su, eh? :):

Gli psicoterapeuti, in genere, come prassi, sono soliti informare il paziente sulla diagnosi, o no?

Sapere da quale "disturbo" si è afflitti è una richiesta legittima da parte del paziente o può nuocere alla terapia?

certo che si. T'immagini tu avessi un disturbo narcisistico di personalità, (come da DSMIV) e non te lo dicono?

- Sai, lo psicoterapeuta non mi vuol dire cosa ho... - :D: quello che potrebbe rendere meno efficace, più che nuocere, è il processo-sequenza delle sue tecniche se queste sono orientate verso rilassamenti, o suggestioni ipnotiche, per esempio. Se sai che sta facendo, puoi erigere difese inconsapevolmente e ridurre le maglie del tuo colino personale attraverso il quale fai passare i suoi messaggi e induzioni per portarti in quello stato che lui cerca di farti raggiungere. Ma questo non è vero, per esempio in analisi. Anche qui ... dipende.

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