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E se ci si innamora dello psicologo?


ARLEY

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... parlando di una terapia analitica "classica"

poi ci sono altri percorsi nei quali il fatto di conoscere l'identità di chi si ha davanti, addirittura di berci un caffe assieme, non interferisce con l'ascolto. :;):

Spiegatemi come faccio a capire che tipo di analista è il mio... perchè alcune volte mi sembra una cosa altre volte un'altra... Io non mi sono mai azzardata a chiedere che tipo di "indirizzo" avesse.....

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chiediglielo, è un tuo legittimo diritto! io so che è "sistemico relazionale" perchè me l'ha detto...

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Ah, neanch'io lo so, gliel'ho chiesto più volte, ma per carità, figurati.

A questo punto dico che è freudiano.

Freudi-ano, junghi-ano, lacan-iano...finiamo in un altro topic...di questo passo.

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Che invidia..sbavo..berci il caffè.

Poi che dici, a me il caffè mi piace..

Comunque una volta mi ha beccato vicino a casa sua, quella delle vacanze, gh, che figura barbina...:))

Gh, ma che ne sapevo che passava proprio di lì a quell'ora?:)))

Così imparo...

ma che ci facevi sotto casa sua ?! :blink:

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scusate, leggo spesso che molte hanno difficoltà a chiedere al prorpio terapeuta qual è il suo indirizzo: come mai tante remore ?

non so, sarà che io le ho chiesto talmente tante cose della sua vita che il suo indirizzo terapeutico mi pare una roba assolutamente innocente..... :ph34r:

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Scuriosavo!:))

Volevo vedere il giardino, i fiori...

Solo che lastrada è stretta, a un certo punto vedo una macchina, mi fermo per farla passare, mi passa accanto vicina, piano, piano..e c'era lui dentro:))

Io nascosta dietro la barra del finestrino, rossa come un peperone..non vi dico

ho fatto più presto a voltare e a scappare..sembravo un fulmine.

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boh io in questo mi sento molto più vicina a priscilla che no risce nemmeno a chiedere l'indirizzo terapeutico...nemmeno io gliel'ho mai chiesto, ho solo dedotto da varie cose che sia junghiana...e poi anche perchè lei mi disse agli inizi che avremmo fatto una terapia dinamica di tipo analitico, appunto!

Avrei voluto chiederle questa cosa e sapete cosa mi blocca? l'idea che lei mi possa dire "e a lei cosa cambia saperlo"? cioè come dire, "sei sei una ignorantona del cavolo che cavolo di domande fai?" Ecco io mi sento troppo in basso rispetto a lei, per farle delle domande così dirette....e questo mi riporta direttamente al mio rapporto con i miei....anche cono loro certe domande sul "mondo dei grandi" erano tabù...ad esempio mi ricordo che la loro camera da letto era una specie di luogo sacro in cui io non potevo accedere ,ancora adesso se capita di entrarci, mi sento a disagio....come se stessi trasgredendo, idem con le domande varie...tante di quelle volte mi sono sentita dire, "Tu non puoi capire", "quando sarai grande capirai" "non sono cose per te".....che ormai me le sono impresse a fuoco nella mente....io sono la bambinetta stupidina che non può chiedere nulla....è già molto se ogni tanto si accorgono che esiste......

Mamma mia ragazze, io sto topic lo devo tralasciare per un altro mese, non ce la faccio, mi sale l'angoscia... :(:

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vabbè il solito saluto "guancia contro guancia"... :icon_rolleyes:

Solito saluto? Davvero lo baci sulla guancia? :o:

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tu ormai sei un' habituè degli incontri "fuori setting" :He He:

direi che la tua esperienza, unita alla mia, un po' smitizza la questione dell' "incontro"... nell'immaginazione si carica di significati metafisici... :Skull:e la prima volta in effetti ha un impatto bello tosto, ma poi in realtà, se per qualche motivo ci si trova a incontrarsi "al di fuori", tutto diventa assolutamente gestibile.

Infatti, a me in particolare incontrare Enzo (per le nuove: il mio precedente analista) fuori mi ha anche aiutato a ricondurlo sempre di più alla sua dimensione umana, inizialmente lo idealizzavo molto, davvero troppo. Per me è stata una grande evoluzione, partendo da lì ho smesso di idealizzare tante cose e persone.

però davvero ragazze, non "invidiatemi". l'ho raccontato solo per testimoniare che si finisce per mitizzare questa cosa del "incontro fuori dal setting". mentre se si ha un solido rapporto terapeutico, non lo cambia di una virgola.

Quoto in pieno.

..........

non gli ho mai chiesto nè se ha figli nè quanti anni ha.

..........

Io invece gliel'ho chiesto ma ero ben consapevole che la mia domanda si svolgeva su due livelli entrambi importanti.

Da un lato era il desiderio di conoscenza che secondo me è normalissimo e importante e tanto vale puntarci su direttamente, apertamente.

Dall'altro era per verificare l'effetto di certe mie proiezioni su di lui. Nello specifico, non avendo io figli e soffrendo per questo, quasi speravo che lui non ne avesse perché cercavo un modello positivo di persona senza figli che però non per questo si sente manchevole. Invece ce li ha ed è stato altrettanto importante per me verificare che questa notizia non mi ha portato sconvolgimenti o sentimenti negativi.

Certo mi resta ancora il desiderio di incontrare qualcuno che mi possa appaciare su questo aspetto....ma è un altro discorso.

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probabilmente l'approccio analitico è molto diverso da altri.

per me il mio psicoterapeuta è una certezza, è uno spazio fisico e mentale di ascolto, non una vera persona nella mia vita... è difficile da spiegare.

certo... quando stavo molto male pensavo continuamente a lui e al fatto che solo lui poteva capire quello che provavo, lo vedevo come la mia ancora di salvezza... ma non ho mai pensato che potesse entrare nella mia vita reale, quella esterna... lui era protagonista e fondamentale del mio spazio interno, dei miei pensieri, delle mie riflessioni.

quando si muove per accompagnarmi alla porta lo trovo anche goffo... non è lui che mi porta in quella stanza ma l'atmosfera di accoglienza che lì respiro. certo è lui che la determina ma sono convinta che quella capacità di ascolto appartenga anche a molte altre persone. è un vero attegiamento verso la vita che lui mi ha dato modo di conoscere.

non ho mai pensato che potesse diventare qualcosa di più del mio psicoterapeuta. non vorrei averlo accanto nella mia vita di tutti i giorni.

quello che mi porterò per sempre dentro non è lui come persona... non so assolutamente chi sia, cosa ama, che passioni ha... mi porterò per sempre dentro quel modo di guardare, quel modo di ascoltare, di essere privo di giudizi e tutto questo potrò usarlo con me stessa per imparare ad accettare tutte le parti di me, anche quelle che non mi piacciono... ecco è questo che sarà mio per sempre e nessuno potrà più togliermelo e vale molto di più di qualche minuto di chiaccherata a prendere un caffè... resta dentro come una risorsa inesauribile.

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Avrei voluto chiederle questa cosa e sapete cosa mi blocca? l'idea che lei mi possa dire "e a lei cosa cambia saperlo"? cioè come dire, "sei sei una ignorantona del cavolo che cavolo di domande fai?" Ecco io mi sento troppo in basso rispetto a lei, per farle delle domande così dirette....e questo mi riporta direttamente al mio rapporto con i miei....anche cono loro certe domande sul "mondo dei grandi" erano tabù...ad esempio mi ricordo che la loro camera da letto era una specie di luogo sacro in cui io non potevo accedere ,ancora adesso se capita di entrarci, mi sento a disagio....come se stessi trasgredendo, idem con le domande varie...tante di quelle volte mi sono sentita dire, "Tu non puoi capire", "quando sarai grande capirai" "non sono cose per te".....che ormai me le sono impresse a fuoco nella mente....io sono la bambinetta stupidina che non può chiedere nulla....è già molto se ogni tanto si accorgono che esiste......

digi... quello che scrivi è molto bello... non ti fermi mai alla prima impressione, scavi dentro di te, cerchi di capire... disposta anche ad affrontare il dolore... secondo me questa lontananza dalla tua terapeuta ti sta facendo molto bene... certo è dolorosa (e il dolore è sempre così profondamente personale e difficile) ma sta davvero dando grandi frutti!!!

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Solito saluto? Davvero lo baci sulla guancia? :o:

qui più scrivo più m'incasino... :He He:

non è che ogni volta ci si saluta così, non è una regola. a volte...

anche il fatto che incontrandolo l'abbia salutato così, senza averci minimamente pensato ma in maniera assolutamente spontanea, testimonia come fossi assolutamente serena in quel momento. l'ho fatto senza pensarci, ero tranquilla, non ero inibita, come sono spesso nei rapporti con gli altri.

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Io invece gliel'ho chiesto ma ero ben consapevole che la mia domanda si svolgeva su due livelli entrambi importanti.

Da un lato era il desiderio di conoscenza che secondo me è normalissimo e importante e tanto vale puntarci su direttamente, apertamente.

Dall'altro era per verificare l'effetto di certe mie proiezioni su di lui. Nello specifico, non avendo io figli e soffrendo per questo, quasi speravo che lui non ne avesse perché cercavo un modello positivo di persona senza figli che però non per questo si sente manchevole. Invece ce li ha ed è stato altrettanto importante per me verificare che questa notizia non mi ha portato sconvolgimenti o sentimenti negativi.

Certo mi resta ancora il desiderio di incontrare qualcuno che mi possa appaciare su questo aspetto....ma è un altro discorso.

se vuoi ti faccio incontrare con donna bettina !!

non so se ne avevo parlato qui, ma io per un bel po' di tempo ho avuto un sacco di remore a parlare della mia mancanza di figli e del fatto che probabilmente non ne avrò mai perchè anche donna bettina non ne ha e mi ero fatta una serie di film sul fatto che ne soffrisse, che le dispiacesse, che se gliene avessi parlato avrei riaperto una sua ferita e invece..... erano solo delle gran pippe mentali tutte mie.... al solito !! <_<

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probabilmente l'approccio analitico è molto diverso da altri.

beh in realtà l'approccio analitico è abbastanza classico e comune nelle esperienze raccontate qui... sono io la mosca bianca qui, infatti per molto tempo ho vissuto un po' di confusione leggendo le esperienze altrui. la mia si discostava davvero tanto, del resto ero l'unica con un terapista sistemico, e mi chiedevo "ma come cavolo funziona la mia terapia?" :(: poi, nonostante i dubbi, mi sono fidata e affidata.

adesso dopo più di due anni posso dire di avere focalizzato alcune cose riguardo al mio percorso, magari ne scrivo dopo...

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boh io in questo mi sento molto più vicina a priscilla che no risce nemmeno a chiedere l'indirizzo terapeutico...nemmeno io gliel'ho mai chiesto, ho solo dedotto da varie cose che sia junghiana...e poi anche perchè lei mi disse agli inizi che avremmo fatto una terapia dinamica di tipo analitico, appunto!

Avrei voluto chiederle questa cosa e sapete cosa mi blocca? l'idea che lei mi possa dire "e a lei cosa cambia saperlo"? cioè come dire, "sei sei una ignorantona del cavolo che cavolo di domande fai?" Ecco io mi sento troppo in basso rispetto a lei, per farle delle domande così dirette....e questo mi riporta direttamente al mio rapporto con i miei....anche cono loro certe domande sul "mondo dei grandi" erano tabù...ad esempio mi ricordo che la loro camera da letto era una specie di luogo sacro in cui io non potevo accedere ,ancora adesso se capita di entrarci, mi sento a disagio....come se stessi trasgredendo, idem con le domande varie...tante di quelle volte mi sono sentita dire, "Tu non puoi capire", "quando sarai grande capirai" "non sono cose per te".....che ormai me le sono impresse a fuoco nella mente....io sono la bambinetta stupidina che non può chiedere nulla....è già molto se ogni tanto si accorgono che esiste......

Mamma mia ragazze, io sto topic lo devo tralasciare per un altro mese, non ce la faccio, mi sale l'angoscia... :(:

Sai Digi, la mia psi rispose esattamente così. Io avevo indovinato il suo approccio ma ovviamente non ne avevo la certezza, quando alla fine mi sono decisa a chiedere se era davvero quello, la sua prima risposta è stata "è contenta che mi sono formata sugli studi di una donna?" la seconda "a lei cosa cambia saperlo?". All'inizio ci rimasi molto male, in realtà poi ho compreso che voleva capire cosa stessi cercando e infatti molte volte torna a chiedermi perché ho voluto andare da lei. Questo per dirti che certe loro risposte in realtà mirano a capire qualcos'altro. Secondo me non devi crearti problemi per ciò che pensi di non sapere, anzi. Io per motivi di studi ho preparato due esami di psicologia, ho dovuto studiare a fondo alcune teorie psicologiche e la mia psi mi ha detto chiaramente che il fatto che ne sapessi qualcosa era un indubbio ostacolo alla terapia nel senso che l'avrebbe rallentata.

Resta qui con noi, forza. E' cominciato il conto alla rovescia, stanghettina sulla parete e via.... :;):

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qui più scrivo più m'incasino... :He He:

non è che ogni volta ci si saluta così, non è una regola. a volte...

anche il fatto che incontrandolo l'abbia salutato così, senza averci minimamente pensato ma in maniera assolutamente spontanea, testimonia come fossi assolutamente serena in quel momento. l'ho fatto senza pensarci, ero tranquilla, non ero inibita, come sono spesso nei rapporti con gli altri.

Però è anche bello sapere che non tutti gli approcci sono uguali....

la mia magnifica iceberg, se penso che ci siamo strette la mano solo al primo incontro ....

però un giorno mi sono lasciata andare a dirle che è gelida e come risposta mi ha regalato un sorriso che un iceberg lo avrebbe sciolto tutto....

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le risposte del tipo "a lei cosa cambia saperlo..." oggi le prendo in modo molto diverso rispetto ad anni fa.

per come la vedo io non è un modo degli psicoterapeuti di svicolare la domanda (sono sicura che ce l'avrebbero una risposta) e nemmeno vogliono sminuire la domanda... al contrario!!!

la psicoterapia è secondo me uno "spazio mentale" aperto alla conoscenza di noi stessi. è molto più importante capire cosa ci spinge a fare certe domande che avere le risposte. Riflettete, quante volte fate una domanda ma poi la risposta, qualsiasi risposta, vi lascia insoddisfatti?

La vera risposta ai nostri dubbi, alle cose che cerchiamo è dentro di noi e molto spesso, almeno a me è succesos così, è già dentro la domanda.

Un esempio che mi riguarda, così magari sono più chiara. Io qualche mese fa ho iniziato a sentire il desiderio di avere un figlio. Beh, la mia grossa paura era di non sentirmi all'altezza (per motivi complessi che ora non sto qui a spiegare). Ero terrorizzata all'idea di chiedere al mio psicoterapeuta se secondo lui ero pronta... temevo uno sguardo di disapprovazione. Poi gliene ho parlato ed è stato chiaro che quello che temevo era una parte di me che mi metteva in discussione... io semplicemente la proiettavo su di lui... poi un giorno sono riuscita a dire "nonostante tutti i dubbi io lo voglio lo stesso un figlio" e lui ha solo sottolineato quanto quell'afferamzione fosse importante. Quel "lo voglio lo stesso" vuol dire accettare le mancanze, le debolezze, le paure, le incertezze e aprirsi alla vita. Ma è chiaro che la risposta alla domanda da cui ero partita era solo dentro di me e se lui mi avesse detto "sì, lei è pronta per un figlio" non avrei mai sentito questa cosa profondamente mia come la sento adesso.

insomma... ho scritto tanto ma volevo provare a spiegare cosa sento io ogni volta che la risposta alle domande che mi pongo lascio che venga da me... certo ci vuole più tempo e pazienza nell'attesa... però poi mi sento più integra e una cosa sola con me stessa.

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Infatti, a me in particolare incontrare Enzo (per le nuove: il mio precedente analista) fuori mi ha anche aiutato a ricondurlo sempre di più alla sua dimensione umana, inizialmente lo idealizzavo molto, davvero troppo. Per me è stata una grande evoluzione, partendo da lì ho smesso di idealizzare tante cose e persone.

ecco, questa parte del messaggio di zazà si aggancia perfettamente ad alcune riflessioni che stavo facendo ieri sera e che già pensavo di scrivere. abbiamo capito, come mi aveva fatto notare diotima che ne sa un po' di più sugli indirizzi terapeutici, che la terapia "sistemico-relazionale", si basa sulla relazione...

ma ovviamente finchè le cose si leggono sui libri rimane tutta teoria, e io spesso ho faticato a capire cosa "succedesse" nella mia terapia. non dico nello specifico, intendo dire che, a meno di non essere psicologi, anche chi fa analisi non sa nello specifico come si svolga il "processo terapeutico" (ovviamente la mia terminologia è totalmente inadeguata, lo so). insomma: uno che fa analisi non sa cosa cambia dentro di lui mentre fa sto percorso...idem per me. solo che io faticavo proprio a inquadrare come funzionasse la mia terapia, rispetto appunto a chi ,facendo un percorso analitico, parla dei sogni, poi da li per associazione di idee parla di altro, va a scavare nei ricordi dell'infanzia, ecc... io non mi ritrovavo in queste "descrizioni di seduta". questo mi fa pensare che hanno ragione gli psicologi quando dicono che è meglio che un paziente "non sappia troppo" altrimenti il rischio è di arrovellarsi su questi dubbi... devo dire che per fortuna non mi sono fatta condizionare TROPPO, un po' si, ma senza inficiare il mio percorso. come ho già de mi sono affidata e a un certo punto ho smesso di farmi domande o di fare paragoni con altri tipo di terapie...

ieri sera pensavo un po'... certo quando racconto alcune cose il mio psi sembra molto diverso dagli altri. io posso dire di conoscere il suo "vero carattere" e devo dire che alcune volte penso che sia un po' matto :icon_rolleyes: la verità è che è una delle persone più "libere" che abbia mai conosciuto e non lo riesco a schematizzare in nessuna maniera, neanche come psicologo... intendo dire che se fosse stato il "classico analista", io la mia casellina mentale pronta per lui ce l'avrei già avuta: lui per me si sarebbe comportato come (IO) mi aspetto che si debba comportare un analista. tutto a posto, tutta la mia schematizzazione del mondo perfettamente funzionale... E INVECE NO, lui ha mandato all'aria tutti i miei schemi proprio perchè rendeva impossibile incasellarlo in qualsiasi modo. e allora, avendo davanti una persona che mi turbava profondamente per la sua imprevedibilità, ho dovuto per forza tirare fuori me stessa... nessun "ruolo", nessuna "maschera (inconscia)" era adeguata a rapportarmi con lui, non potevo sedermi li e interpretare il ruolo della paziente dicendo o facendo quello che di solito ci si aspetta (o meglio: io mi aspetto) faccia un paziente. sono stata costretta ad essere me stessa... e guardate che io a sta cosa non è che ci fossi molto abituata. mi sono sempre nascosta e mimetizzata (anche con la simpatia, anche con l'anticonformismo!!!!) cercando sempre di comportarmi in un modo che "andasse bene" secondo i miei personalissimi schemi mentali, che magari non corrispono per niente a come ragionano gli altri (non mi sono mai preoccupata di chiederlo... :icon_rolleyes: )

e finalmente ho capito il senso della PALESTRA. quando mi diceva che io con lui facevo palestra... io mica la capivo sta cosa! ora forse ho capito...ho fatto palestra a essere me stessa. e a furia di sperimentarmi, settimana dopo settimana, li con lui...ho iniziato timidamente a portare me stessa anche nel mondo fuori. con tutti i tentativi, le ingenuità e un sacco di errori. probabilmente quello che si dovrebbe fare da bambini/ragazzini, ma che per una serie di motivi non sono stata in grado di fare, non in maniera "sana"...

ecco il senso della "relazione"! per me questa è stata una piccola illuminazione...

e mentre pensavo queste cose mi sono venute in mente le parole di digi: lei tempo fa ha scritto che era riuscita a tirare fuori se stessa in terapia, proprio perchè l'analista non si mostrava, si metteva in disparte... altrimenti digi si sarebbe adeguata, cercando in qualche modo di assecondare l'analista. ma l'analista non le ha dato nessun appiglio e lei è stata "costretta" a essere se stessa (spero di non aver travisato le parole di digi :icon_confused:) .

se ci pensate è la stessa cosa...solo ottenuta in due maniere molto diverse, in un caso con "l'invisibilità", nel mio invece all'opposto con il mostrare una personalità molto "ingombrante". se queste diversità dipendano dall'approccio o dalle differenze di carattere tra me e digi o da altro ancora non so... e poi alla fine,che importanza avrebbe saperlo?

l'importante è il risultato finale... certo io credo che a volte ci vuole un po' di fortuna anche a imbroccare l'approccio giusto per noi, soprattutto perchè noi scegliamo "alla cieca". io sono abbastanza sicura che una terapia analitica per me sarebbe stata un po' più difficoltosa... non che non avrebbe avuto risultati, ma di sicuro avrei impiegato tempi più lunghi. col rischio di perdermi per strada a causa delle difficoltà economiche che ho... ho avuto fortuna a imbroccare un percorso che si adatta bene alle mie particolari caratteristiche, e soprattutto un terapista davvero bravo, e quella è la cosa fondamentale per tutte noi, credo.

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concordo assolutamente... anch'io credo molto più nelle capacità dello psicoterapeuta rispetto a credere che ci sia un orientamento psicoanalitico migliore rispetto ad un altro...

è la relazione o come la chiamano "alleanza psicoterapeutica" che fa il successo di una psicoterapia...

quel legame profondo e empatico che dovrebbe forse essere alla base di ogni vita... dalla nascita fino al raggiungimento dell'età adulta e che però forse è una rarità più che la norma.

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scusate, leggo spesso che molte hanno difficoltà a chiedere al prorpio terapeuta qual è il suo indirizzo: come mai tante remore ?

non so, sarà che io le ho chiesto talmente tante cose della sua vita che il suo indirizzo terapeutico mi pare una roba assolutamente innocente..... :ph34r:

Perchè ho paura di sentirmi rispondere una cosa del tipo...."e adesso che lo sa cosa le cambia???" oppure "perchè lo vuole sapere??" e io a quel punto non saprei più cosa dire (come purtroppo mi capita troppo spesso) mi blocco alcune volte parto pensando di dire un sacco di cose di trasmettrgli le emozioni che ho avuto durante la settimana, e poi resto li cercando di tirare assieme quattro parole.....

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