nello 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 ROBERT LOUIS STEVENSON CHIRURGO CELESTE Se ho mancato più o meno Nel mio grande compito di felicità; Se ho camminato tra la mia stirpe Senza mostrare un chiaro volto mattutino; Se lo splendore di felici occhi umani Non m'ha commosso; se i cieli mattutini, I libri, e il mio cibo, e la pioggia d'estate Hanno battuto invano al mio cuore aggrondato: Signore, prendi il tuo più intenso piacere E pugnala il mio spirito ancora ben desto; Oppure, Signore, s'io tuttavia m'ostini oltre il segno, Scegli tu allora, prima che lo spirito muoia, Un dolore lancinante, un peccato che uccida, E trafiggi con essi il mio cuore già morto. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 ROBERT LOUIS STEVENSON Dopo aver letto "Antonio e Cleopatra" Come quando la caccia nei boschi e nei campi incalza nella lotta e nei suoni di corno, cosi' una fame di cose senza speranza bracca i nostri spiriti per tutta la vita. Il boato del mare ci pervade addolorati, pieni di desiderio senza oggetto, il boato del mare e il raggio di luna bianco e il rosseggiare del fuoco. Chi mi parla di ragione, adesso? Sarebbe stata una gioia piu' grande essere morti nelle braccia di Cleopatra che essere vivi, stanotte. Trad.R.Mussapi Autore: R.L.Stevenson (Edimburgo, 1850 - Upolu, isole Samoa, 1894) Note: Uno dei piu' grandi scrittori di ogni tempo: tra le sue opere celeberrime ricordiamo, "L'isola del tesoro" (1883), "Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hide" (1886).(1886). Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 Jack Kerouac Autostoppista "Vorrei tanto arrivare a vedere il sole californiano" - - Bum. Forse è quest'orrendo impermeabile che mi fa assomigliare tanto ad un perdente im- maginario gangster suicida, ad un idiota in un soprabito pietoso, come fa la gente a capire i miei zaini umidi - i miei zaini infangati - "Guarda, Joh, un autostoppista" "Ha l'aria di nascondere una pistola sotto quel soprabito della Sant'Antonio" "Guarda, Fred, quel tale sul ciglio della strada" "E' un assatanato la cui foto è stata pubblicata su un numero di Tutto Sesso del 1938" - - "Sei stato tu a trovare il suo cadavere blu in una edizione sottobanco, con macchie d'ascia" Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 Dortmunder di Samuel Beckett Nella magica penombra omerica oltre la guglia rossa di santuario io nullo lei scafo regale di fretta verso la luce viola verso l'esile musica K'in della mezzana. Lei mi è davanti nel padiglione illuminato a reggere le schegge di giada lo sfregiato segnacolo della calma dei puri gli occhi gli occhi neri finché l'oriente plagale non risolverà la lunga frase della notte. Poi, come un rotolo, piegata, e la gloria della sua dissoluzione ingrandita in me, Abacúc, feccia dei peccatori. Schopenhauer è morto, la mezzana mette da parte il suo liuto. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Gavja 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 Liriche stupende, Nello. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 Grazie Gavja le ho sole lette a suo tempo e le trovo sempre interessanti e comunicanti per questo le ho quotate. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
xela 0 Share Inserita: 28 novembre 2005 Vieni, Notte antichissima e identica, Notte Regina nata detronizzata, Notte internamente uguale al silenzio, Notte con le stelle, lustrini rapidi sul tuo vestito frangiato di Infinito. Vieni vagamente, vieni lievemente, vieni sola, solenne, con le mani cadute lungo i fianchi, vieni e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini, fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo, fai della montagna un solo blocco del tuo corpo, cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno, tutte le strade che la salgono, tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza, tutte le case bianche che fumano fra gli alberi e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora, nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice, nella distanza subitamente impossibile da percorrere. Nostra Signora delle cose impossibili che cerchiamo invano, dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra, dei propositi che ci accarezzano sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare, al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine, e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo. Vieni e cullaci, vieni e consolaci, baciaci silenziosamente sulla fronte, cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati se non per una differenza nell'anima e un vago singulto che parte misericordiosamente dall'antichissimo di noi laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo, perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può essere nella vita. Vieni solennissima, solennissima e colma di una nascosta voglia di singhiozzare, forse perché grande è l'anima e piccola è la vita, e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo, e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo. Vieni, dolorosa, Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi, Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati, fresca mano sulla fronte-febbricitante degli Umili, sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi. Vieni, dal fondo dell'orizzonte livido, vieni e strappami dal suolo dell'angustia in cui io vegeto, dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni dal quale naturalmente sono spuntato. Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata, e fra erbe alte margherita ombreggiata, petalo per petalo leggi in me non so quale destino e sfogliami per il tuo piacere, per il tuo piacere silenzioso e fresco. Un petalo di me lancialo verso il Nord, dove sorgono le città di 0ggi il cui rumore ho amato come un corpo. Un altro petalo di me lancialo verso il Sud dove sono i mari e le avventure che si sognano. Un altro petalo verso Occidente, dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro, e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva. E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali - oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! - affidali all'Oriente, l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede, l'Oriente pomposo e fanatico e caldo, l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai, l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista, l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo, tutto quanto noi non siamo, l'Oriente dove - chissà - forse ancor oggi vive Cristo, dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto.. Vieni sopra i mari, sopra i mari maggiori, sopra il mare dagli orizzonti incerti, vieni e passa la mano sul suo dorso ferino, e calmalo misteriosamente, o domatrice ipnotica delle cose brulicanti! Vieni, premurosa, vieni, materna, in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute, e che vedesti nascere Geova e Giove, e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio, e il grande Spazio Misterioso al di la di essi.. Vieni, Notte silenziosa ed estatica, avvolgi nel tuo mantello leggero il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta, tranquillamente, come un gesto materno che rassicura, con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!), polvere di oro sui tuoi capelli neri, e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto. Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi Quando tu entri ogni voce si abbassa Nessuno ti vede entrare Nessuno si accorge di quando sei entrata, se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie, che tutto perde i contorni e i colori, e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte, già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno. (Ode alla notte - Fernando Pessoa) Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 PREVERT Questo amore così violento così fragile così tenero così disperato Questo amore Bello come il giorno E cattivo come il tempo Quando il tempo è cattivo Questo amore così vero Questo amore così bello Così felice Così gaio E così beffardo Tremante di paura come un bambino al buio E così sicuro di sé Come un uomo tranquillo nel cuore della notte Questo amore che faceva paura agli altri Che li faceva parlare Che li faceva impallidire Questo amore spiato Perché noi lo spiavamo Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato Questo amore tutto intero Ancora così vivo E tutto risplendente E' il tuo E' il mio Colui che è stato Questa cosa sempre nuova E che non è mai cambiata Così vera come una pianta Così tremante come un uccello Così calda e così viva come l'estate Noi possiamo tutti e due Andare e ritornare Noi possiamo dimenticare E poi riaddormentarci Risvegliarci soffrire invecchiare Addormentarci ancora Sognare la morte Svegliarci sorridere e ridere E ringiovanire Il nostro amore è là Testardo come un asino Vivo come il desiderio Crudele come la memoria Sciocco come i rimpianti Tenero come il ricordo Freddo come il marmo Bello come il giorno Fragile come un bambino Ci guarda sorridendo E ci parla senza dir niente E io l'ascolto tremante E grido Grido per te Grido per me Ti supplico Per te per me per tutti quelli che si amano E che si sono amati Sì io gli grido Per te per me e per tutti gli altri Che non conosco Fermati là Là dove sei Là dove sei stato altre volte Fermati Non muoverti Non andartene Noi che siamo amati Noi ti abbiamo dimenticato Tu non dimenticarci Non avevamo che te sulla terra Non lasciarci diventare gelidi Anche se molto lontano sempre E non importa dove Dacci un segno di vita Molto più tardi ai margini di un bosco Nella foresta della memoria Alzati subito Tendici la mano E salvaci. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
ChiaraBaggins 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 pablo neruda Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 Ora vi riporto la più bella poesia che abbia studiato a memoria alle scuole medie : Umberto Saba Gol Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non vedere l'amara luce. Il compagno in ginocchio che l'induce, con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi. La folla - unita ebbrezza - par trabocchi nel campo. Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli. Pochi momenti come questi belli, a quanti l'odio consuma e l'amore, è dato, sotto il cielo di vedere. Presso la rete inviolata il portiere - l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima, con la persona vi è rimasta sola. La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda da lontano. Della festa - egli dice - anch'io son parte. (U.Saba,poesie scelte,a cura di G. Giudici, Mondadori, Milano, 1976) L'autore: Umberto Saba Forma metrica:3 strofe di 6 endecasillabe ciascuna Il testo è tratto da: Canzoniere Genere letterario: lirica Epoca: 1933-1934 Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
gianluca mattioli 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 Cos'è la vita senza la poesia? Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 La poesia è un frammento un emozione pregnante che ti coglie nel profondo del cuore la poesia è una difesa estrema della sensibilità interiore La poesia è quella di Aldo Rossi dei miei 19 anni La poesia è quella dei Libri che li leggi come reliquie la poesia è quella che la domenica ti aiuta a vivere con luce la giornata La poesia è il sentimento interiore dell'autocommiserazione emotiva La poesia è la serotonina dell'anima La poesia è un coccio rotto di bottiglia la poesia è il disamore La poesia è il nulla amato La poesia è comunicazione emotività ellenismo interiore. La poesia è scrivere con coerenza comunicativa. La poesia oltre la soglia della veridicità morfologica delle espressioni. Cosa sarebbe la parola senza poesia Cosa sarebbero i colori senza i pittori? Cosa sarebbe Rafael senza cromatismo. PALIO DEI BORGHI 1978 Contro la spinta la luce accecante dei riflessi accecata la vista buttato il testimone contro la linea del traguardo di menzogna fatica il corpo parlava all'anima di trascorsa speranza avvilita la gioia corsi agli abbracci i compagni fendevo l'aria nel Broletto serale. NERONI N. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
xela 0 Share Inserita: 29 novembre 2005 Cos'è la vita senza la poesia? Spesso per me la poesia è la bocca che parla quando non ci sono parole. È il tramite per sentire e comunicare, il mezzo per piangere o sorridere, per amare, per percepire, per unirsi o isolarsi. Cosa sarebbe la vita senza poesia?... cosa sarebbe la vita senza Arte...non sarebbe vita perchè dentro alla vita vive e si esprime l’Arte. Questo naturalmente per me. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Gavja 0 Share Inserita: 30 novembre 2005 La poesia è l'inconscio. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 30 novembre 2005 Giosuè Carducci Plebiscito VI PREGO LEGGETE QUESTA POESIA E' STUPENDA Leva le tende, e stimola La fuga de i cavalli; Torna a le pigre valli Che il verno scolorò! Via! su le torri italiche L'antico astro s'accende: Leva, o stranier, le tende! Il regno tuo cessò. Amor de' nostri martiri, De i savi e de' poeti, Da i santi sepolcreti La nuova Italia uscì: Uscì fiera viragine De le battaglie al suono, E la procella e 'l tuono Su 'l capo a lei ruggì. Levò lo sguardo; e splendida Su 'l combattuto lido Mandò a' suoi figli un grido Tra l'alpe infida le 'l mar: E di ridesti popoli Fremon le valli e i monti, E su l'erette lfronti Un sangue e un' alma appar. Già più non grava i liberi Viltà di cor le ciglia: Siam l'itala famiglia Cui Roma il segno diè. La forte Emilia abbracciasi A la gentil Toscana: Legnano e Gavinana Sola una patria or è. L'ombre de' padri sorgono Raggianti in su gli avelli; Il sangue de' fratelli Da' campi al ciel fumò. Già sotto il piede austriaco Bolle lampeggia e splende: Leva, o stranier, le tende: Il regno tuo cessò. Piena di fati lun'aura Da i roman colli move; La terra e il ciel commove Le tombe e le città. In ogni zolla, o barbaro, A te una pugna attesta L'antica età ridesta Con la novella età. Vedi: Crescenzio i tumuli Schiude nel suol latino: Levato in piè Arduino Incalza il nuovo Otton. T'incalza il sasso ligure, La siciliana squilla; E Procida le Balilla Accende la tenzon. Ecco: Ferruccio l'impeto Ed il furor prepara: Lo stuol di Montanara Intorno a lui si tien. Ne i dolor lunghi pallido Ecco il sabaudo Alberto: Gittato ha il manto e 'l serto, Sol con la spada ei vien A' varchi infidi cacciano I tuoi destrieri aneli Poerio con Mameli, Manara e Rosarol. Nero vestiti affrontano Te del Carroccio i forti. Tornano i nostri morti, Tornano a' rai del sol. De i vecchi e nuovi martiri La voce si diffonde, E un grido sol risponde L'Arno la Dora il Po. Sola una mente e un'anima Tutta l'Italia accende: Leva, o stranier, le tende! Il regno tuo cessò. E tu, signor de' liberi, Re de l'Italia armato, Ne i voti del senato, Ne 'l grido popolar, Sorgi, Vittorio: a l'ultima Gloria de' regi ascendi; Al popolo distendi La mano, ed a l'acciar. T'accomandiamo i pubblici Diritti e le fortune, I talami e le cune, Le tombe de' maggior: Vieni, invocato gaudio A i tardi occhi de' padri, Speranza de le madri, De' baldi figli amor. Vieni: anche i nostri parvoli A fausti dì crescenti Te con i dubbi laccenti Chiaman d'Italia re. Assai splendesti folgore Ne' sanguinosi campi, E de la pugna i lampi Arsero intorno a te. Vieni, guerriero e principe, Tra 'l popolar desio: Teco è l'Italia e Dio: Chi contro te starà? Dio pose te segnacolo D'una fatal vendetta: Teco l'Italia affretta A la promessa età. Straniero, a le tue vergini Gran lutto allor sovrasta: Gitta la spada e l'asta; Dio gli oppressor fiaccò. De la vendetta il fulmine Già l'ale infiamma, e scende. Leva, o stranier, le tende! Il regno tuo cessò. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 30 novembre 2005 “Il poeta è un uomo mortale che vive con tutta la sua morte e con tutta la sua vita, nel tempo, e in sé si consuma e si sveglia, negli altri si popola e si chiama, e nulla possiede che non abbia già amato e perduto.” Alfonso Gatto Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
xela 0 Share Inserita: 1 dicembre 2005 Smunte nella tenèbra entro a sudari, pallide stelle le loro torce agitano. Fatue luci dai più remoti cieli schiaran fioche, archi su archi svettanti, la navata della notte nera di peccato. Serafini, le osti perdute si svegliano a servire sino a che in illune tenèbra ognuna ricade, smorta, levato che abbia e agitato il suo turibolo. E a lungo e alto, per la notturna navata che si estolle bàttito di stelle rintocca, mentre squallido incenso gonfia, nube su nube, ai vuoti spazi dall'adorante deserto d'anime. (Notturno - James Joyce) Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
aioblu 0 Share Inserita: 1 dicembre 2005 La poesia è la serotonina dell'anima il corpo parlava all'anima di trascorsa speranza avvilita la gioia cito per la coincidenza con una mia visione della psicoterapia, che prevede tra l'altro l'abolizione degli psicofarmaci. Coincidenza da intendersi in un senso molto ampio, lato. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 1 dicembre 2005 Caro aioblu mi fa piacere che hai citato le strofe di una mia poesia! Ciao. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
ilaria 0 Share Inserita: 2 gennaio 2006 Ma io, sempre estraneo -Fernando Pessoa Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando il più intimo essere della mia vita, vado dentro di me cercando l’ombra. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
xela 0 Share Inserita: 3 gennaio 2006 Ma io, sempre estraneo-Fernando Pessoa Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando il più intimo essere della mia vita, vado dentro di me cercando l’ombra. Bella... mi piace molto Pessoa, le sue parole mi toccano sempre nel profondo ....grazie Ilaria Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
tex 0 Share Inserita: 3 gennaio 2006 Ma io, sempre estraneo-Fernando Pessoa Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando il più intimo essere della mia vita, vado dentro di me cercando l’ombra. Bella... mi piace molto Pessoa, le sue parole mi toccano sempre nel profondo ....grazie Ilaria ANCHE A ME ' XELA ED ILARIA!!! :oops: :oops: :oops: Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 3 gennaio 2006 LA POESIA CHE AMO DI PIU' : Autore : CESARE PAVESE Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. I tuoi occhi saranno una vana parola, un grido taciuto, un silenzio. Così li vedi ogni mattina quando su te sola ti pieghi nello specchio. O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla. Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti. 22 marzo 1950 Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 3 gennaio 2006 CESARE PAVESE Poesie tratte da: Antenati I mari del Sud (a Monti) Camminiamo una sera sul fianco di un colle, in silenzio. Nell'ombra del tardo crepuscolo mio cugino è un gigante vestito di bianco, che si muove pacato, abbronzato nel volto, taciturno. Tacere è la nostra virtù. Qualche nostro antenato dev'essere stato ben solo &endash; un grand'uomo tra idioti o un povero folle &endash; per insegnare ai suoi tanto silenzio. Mio cugino ha parlato stasera. Mi ha chiesto se salivo con lui: dalla vetta si scorge nelle notti serene il riflesso del faro lontano, di Torino. "Tu che abiti a Torino…" mi ha detto "…ma hai ragione. La vita va vissuta lontano dal paese: si profitta e si gode e poi, quando si torna, come me a quarant'anni, si trova tutto nuovo. Le Langhe non si perdono". Tutto questo mi ha detto e non parla italiano, ma adopera lento il dialetto, che, come le pietre di questo stesso colle, è scabro tanto che vent'anni di idiomi e di oceani diversi non gliel'hanno scalfito. E cammina per l'erta con lo sguardo raccolto che ho visto, bambino, usare ai contadini un poco stanchi. Vent'anni è stato in giro per il mondo. Se n'andò ch'io ero ancora un bambino portato da donne e lo dissero morto. Sentii poi parlarne da donne, come in favola, talvolta; ma gli uomini, giù gravi, lo scordarono. Un inverno a mio padre già morto arrivò un cartoncino con un gran francobollo verdastro di navi in un porto e augurî di buona vendemmia. Fu un grande stupore, ma il bambino cresciuto spiegò avidamente che il biglietto veniva da un'isola detta Tasmania circondata da un mare più azzurro, feroce di squali, nel Pacifico, a sud dell'Australia. E aggiunse che certo il cugino pescava le perle. E staccò il francobollo. Tutti diedero un loro parere, ma tutti conclusero che, se non era morto, morirebbe. Poi scordarono tutti e passò molto tempo. Oh da quando ho giocato ai pirati malesi, quanto tempo è trascorso. E dall'ultima volta che son sceso a bagnarmi in un punto mortale e ho inseguito un compagno di giochi su un albero spaccandone i bei rami e ho rotta la testa a un rivale e son stato picchiato, quanta vita è trascorsa. Altri giorni, altri giochi, altri squassi del sangue dinanzi a rivali più elusivi: i pensieri ed i sogni. La città mi ha insegnato infinite paure: una folla, una strada mi han fatto tremare, un pensiero talvolta, spiato su un viso. Sento ancora negli occhi la luce beffarda dai lampioni a migliaia sul gran scalpiccío. Mio cugino è tornato, finita la guerra, gigantesco, tra i pochi. E aveva denaro. I parenti dicevano piano: "Fra un anno, a dir molto, se li è mangiati tutti e torna in giro. I disperati muoiono così". Mio cugino ha una faccia recisa. Comprò un pianterreno nel paese e ci fece riuscire un garage di cemento con dinanzi fiammante la pila per dar la benzina e sul ponte ben grossa alla curva una targa-réclame. Poi ci mise un meccanico dentro a ricevere i soldi e lui girò tutte le Langhe fumando. S'era intanto sposato, in paese. Pigliò una ragazza esile e bionda come le straniere che aveva certo un giorno incontrato nel mondo. Ma uscí ancora da solo. Vestito di bianco, con le mani alla schiena e il volto abbronzato, al mattino batteva le fiere e con aria sorniona contattava i cavalli. Spiegò poi a me, quando fallí il disegno, che il suo piano era stato di togliere tutte le bestie alla valle e obbligare la gente a comprargli i motori. "Ma la bestia" diceva "più grossa di tutte, sono stato io a pensarlo. Dovevo sapere che qui buoi e persone son tutta una razza". Camminiamo da più di mezz'ora. La vetta è vicina, sempre aumenta d'intorno il frusciare e il fischiare del vento. Mio cugino si ferma d'un tratto e si volge: "Quest'anno scrivo sul manifesto: &endash; Santo Stefano è sempre stato il primo nelle feste della valle del Belbo &endash; e che la dicano quei di Canelli". Poi riprende l'erta. Un profumo di terra e vento ci avvolge nel buio, qualche lume in distanza: cascine, automobili che si sentono appena; e io penso alla forza che mi ha reso quest'uomo, strappandolo al mare, alle terre lontane, al silenzio che dura. Mio cugino non parla dei viaggi compiuti. Dice asciutto che è stato in quel lungo e in quell'altro e pensa ai suoi motori. Solo un sogno gli è rimasto nel sangue: ha incrociato una volta, da fuochista su un legno olandese da pesca, il cetaceo, e ha veduto volare i ramponi pesanti nel sole, ha veduto fuggire balene tra schiume di sangue e inseguirle e innalzarsi le code e lottare alla lancia. Me ne accenna talvolta. Ma quando gli dico ch'egli è tra i fortunati che han visto l'aurora sulle isole più belle della terra, al ricordo sorride e risponde che il sole si levava che il giorno era vecchio per loro. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
nello 0 Share Inserita: 3 gennaio 2006 CESARE PAVESE Tratta da: Città di Campagna Paternità Fantasia della donna che balla, e del vecchio che è suo padre e una volta l'aveva nel sangue e l'ha fatta una notte, godendo in un letto, bel nudo. Lei s'affretta per giungere in tempo a svestirsi, e ci sono altri vecchi che attendono. Tutti le divorano, quando lei salta a ballare, la forza delle gambe con gli occhi, ma i vecchi ci tremano. Quasi nuda è la giovane. E i giovani guardano con sorrisi, e qualcuno vorrebbe esser nudo. Sembran tutti suo padre i vecchiotti entusiasti e son tutti, malfermi, un avanzo di corpo che ha goduto altri corpi. Anche i giovani un giorno saran padri, e la donna è per tutti una sola. È accaduto in silenzio. Una gioia profonda prende il buio davanti alla giovane viva. Tutti i corpi non sono che un corpo, uno solo che si muove inchiodando gli sguardi di tutti. Questo sangue, che scorre le membra diritte della giovane, è il sangue che gela nei vecchi; e suo padre che fuma in silenzio, a scaldarsi, lui non salta, ma ha fatto la figlia che balla. C'è un sentore e uno scatto nel corpo di lei che è lo stesso nel vecchio, e nei vecchi. In silenzio fuma il padre e l'attende che ritorni, vestita. Tutti attendono, giovani e vecchi, e la fissano; e ciascuno, bevendo da solo, ripenserà a lei. Quota Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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