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Arteterapia


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io no. cos'é? mi interessa..adoro l'arte, il disegno, tutto ciò che è forma colore creatività armonia genialità. cos'è? cos'é??

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  • 3 weeks later...
io no. cos'é? mi interessa..adoro l'arte, il disegno, tutto ciò che è forma colore creatività armonia genialità. cos'è? cos'é??

L'arteterapia include l'insieme delle tecniche e delle metodologie che utilizzano le attività artistiche come la pittura, la musica, danza, teatro, marionette, costruzione e narrazione di storie e racconti, come mezzi terapeutici, finalizzati al recupero ed alla crescita della persona nella sfera emotiva, affettiva e relazionale.

Ti copio e incollo una disquisizione sulla leggittimità dell'arte terapia di uno dei più autorevoli artiterapeuti italiani, un gigante della psicologia nonchè professore del mio terapeuta :icon_confused:

Spesso ci si interroga sulla validità se non addirittura sulla legittimità dell’arte terapia che ha acquistato nella pratica riabilitativa, in numerosi paesi, spazio ed applicazioni sempre maggiori.

Lo scetticismo e talvolta la dichiarata avversione, derivano dalla sensazione che, trattamenti condotti attraverso esperienze d’arte (nelle diverse forme), non poggino su solide basi scientifiche ma siano affidati quasi esclusivamente all’estro ed alla eventuale creatività del terapeuta.

“Scientifico” è, nel senso comune, nelle grandi linee, sinonimo di controllabile di immediatamente verificabile, una dimensione in cui i rapporti di causa ed effetto sono strettamente legati ed immediatamente evidenziati.

La scienza, sempre secondo il senso comune, è contrapposta all’arte che per sua natura e creativa ed imprevedibile.

Inoltre l’arte emerge dall’interazione di numerose variabili molte delle quali sconosciute dall’artista stesso. Non sempre egli è in grado di rispondere alla domanda ( che suona comunque un po’ ingenua) “perché ha dipinto così? Perché ha dipinto questo?”.

Secondo noi il quesito della scientificità dell’arteterapia è posto in modo completamente scorretto.

Incidentalmente ricordiamo che un evento non è scientifico di per sé, ma lo diventa se è analizzato secondo categorie descrittive, proprie della ricerca scientifica.

Per esempio, non c’è nulla di scientifico in un “mela”, ma essa è divenuta oggetto di importante riflessione scientifica quando Newton, la colloca in una cornice concettuale che è in grado di individuare nuovi rapporti tra eventi e possibilmente di misurarli. Non è dunque nella mela la scientificità ma nella descrizione newtoniana del processo che è alla base dell’attrazione tra mela e terra (che ha portato alla formulazione della ben nota legge di gravità).

Non è quindi l’arteterapia che è scientifica o meno, ma essa diventa evento scientificamente analizzabile se è collocato nelle categorie concettuali che possono descrivere il processo arteterapeutico stesso.

Prima di affrontare questo tema è opportuno fare alcune puntualizzazioni.

Innanzi tutto cerchiamo di capire quali sono gli ostacoli intellettuali che possono impedire in ambito scientifico di cogliere le possibili relazioni tra processi artistici e processi riabilitativi.

Il primo ostacolo è rappresentato dalla scissione mente corpo che è dovuta, oltre che a numerosi fattori di natura antropologico-culturali (su cui non ci soffermiamo in questo contesto), al modo con cui la ricerca scientifica studia l’essere umano.

Quindi, per comprendere il funzionamento dell’umano è indispensabile un recupero della conoscenza dei meccanismi che unificano i piani così detti fisiologici con quelli psicologici.

Parliamo di articolata conoscenza psicofisiologica e non di una retorica (ed ormai insopportabile) petizione di principio sull’unità mente corpo.

Il metodo cartesiano cui noi pienamente aderiamo, presuppone ai fini della conoscenza, due fasi: una di analisi, caratterizzata dalla scomposizione dell’oggetto di studio, ed una di sintesi.

Ora nello studio dell’essere umano la fase di analisi, cioè di scomposizione dell’oggetto è ancora in atto. Essa però deve essere considerata temporanea; non solo non deve ostacolare la successiva fase di sintesi ma costituirne il presupposto.

Paradossalmente a noi sembra invece che essa sia divenuta una sorte di vincolo limitante.

La fase di analisi separa i processi cosiddetti psichici da quelli fisiologici ( la mente dal corpo) e nell’ambito dei processi fisiologici; analizza separatamente l’attività di singoli organi, apparati e sistemi. Solo recentemente si incomincia a studiare l’interazione tra sistemi ( per esempio sistema circolatorio e sistema immunitario etc.).

Per uno studio scientifico dei meccanismi dei processi artistici ed espressivi è indispensabile un esame approfondito proprio dell’interazione mente-corpo.

L’arte infatti è per sua natura sensoriale, cioè corporea.

Che sarebbe infatti l’esperienza musicale senza la decodificazione dei suoni, la modulazione delle “sensazione acustiche”, che sono alla base di un complesso linguaggio proprio della musica? O la pittura senza i pigmenti ed i colori? O l’architettura senza i palazzi, o l’organizzazione dello spazio?

In questo universo la scissione tra fisico e psichico è impossibile!

E’ come se ci si volesse chiedere se “una carezza”, debba essere considerata un fenomeno fisico o psichico!

Un secondo ostacolo ad una corretta comprensione del processo arte-terapeutico, strettamente legato al primo, è la settorializzazione delle aree di intervento riabilitativo o per es. motorio, respiratorio, psichiatrico etc…

Tra gli altri, uno dei limiti di tale settorializzazione, per altro in molti casi estremamente utile, è la psichiatrizzazione della psicologia.

Non solo perché in tal modo si favorisce una rigida dicotomizzazione tra “sano” e malato, normale e patologico, ma perché si rischia di non cogliere l’utilità, nella prassi riabilitativa di processi psicologici presenti in tutti gli umani, che potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella direzione del cambiamento.

Per esempio, il contatto interpersonale è un processo psicofisiologico fondamentale, che non appartiene, per così dire, all’area psichiatrica (semmai la psichiatria sottolinea in alcune sindromi l’assenza di contatto) ma a quella psicologica.

Sembra una questione di dettagli ma in realtà si tratta di differenti modalità di approccio. Non basta classificare in negativo un comportamento ( es. assenza di contatto), ma è necessario studiare i meccanismi psicofisici che ne costituiscono la struttura portante, individuarne le dinamiche interne e relazionali (entrambe dinamiche psicofisiche). Questo studio propedeutico è necessario per gestire consapevolmente l’esperienza di contatto in un trattamento terapeutico e riabilitativo, scoprendo forse la sua fondamentale ed insostituibile funzione. Inoltre, la rigida ottica psichiatrica non sempre è in grado di cogliere tutte le forme di malessere psicologico. Esistono, per esempio, delle sofferenze psicologiche anche molto intense e profonde che non assumono la forma e la fenomenologia di una patologia psichiatrica.

Per esempio, una separazione da un partner non sempre dà luogo ad un quadro di depressione reattiva, nel senso psichiatrico del termine. E’ possibile che l’evento non produca, infatti alterazioni nei comportamenti abituali del soggetto, ma si può provochi una sofferenza psicologica profonda assolutamente vera ed autentica che il soggetto è però in grado di gestire. Tale capacità del soggetto dipende essenzialmente dalle sue “risorse” psicologiche. In ultima analisi dalla struttura del suo Io.

Pertanto l’attenzione si sposta sull’analisi della struttura dell’Io, dei suoi meccanismi costitutivi, sulla loro relazione con i processi cognitivi ed immaginativi, con gli stili relazionali, con la gestione delle emozioni e dei comportamenti istintivi, e, finalmente, con l’espansione psicosociale e la creatività.

In altri termini, le funzioni psicologiche citate (per es. le emozioni, i processi cognitivi, etc.) non devono essere più esaminate separatamente, o soltanto nelle loro reciproche relazioni, ma in rapporto alla struttura dell’Io come rami di un unico tronco. Quindi ripetiamo, noi riteniamo premessa insostituibile, per l’analisi di un singolo processo psicologico quale la creatività, partire da una chiara visione unitaria dell’Io e di tutte le sue articolazioni funzionali.

E poiché, come abbiamo detto, l’arte è per sua natura sensoriale e quindi corporea, la struttura unitaria dell’Io non può non avere profonde radici nell’organizzazione dell’universo sensorial-corporeo.

Ricapitolando, dunque, lo studio della creatività non può prescindere dall’analisi dei meccanismi strutturali dell’Io, partendo dall’esame dei processi corporei più elementari (organizzazione funzionale), per poter comprendere come da questi si passi, poi, allo sviluppo delle, altrettanto corporee, manifestazioni espressive.

Per inquadrare meglio la psicofisiologia dell’Io e la sua struttura, diremo che essa si compone di “livelli funzionali” di crescente complessità che hanno alla base un’attività fisiologica cosiddetta elementare (per es. l’attività riflessa, la percezione, etc.) che, entrando a far parte di contesti funzionali più complessi danno luogo a processi psicologici integrati.

Per esempio il cuore costituisce un’attività di base fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo, l’attività stessa del cuore può collocarsi con le sue variazioni funzionali ( frequenza etc.), nel quadro-contesto proprio dell’emozione.

L’Io dunque si compone di tali livelli funzionali che costituiscono la sua struttura. Ecco dunque la radice psicofisica della potenzialità espressiva dell’Io, la base costitutiva della sua creatività, della sua capacità di dare forma all’esperienza attraverso i diversi linguaggi. L’arte è, in sostanza, un uso particolare di linguaggi in cui l’organizzazione dell’esperienza sensoriale si carica di profondi contenuti interni. In tale processo ha un ruolo, ovviamente anche il meccanismo della proiezione. A questo punto ci chiediamo: che rapporto ha l’arte con l’Io (struttura-processo psicofisica integrata)? Per rispondere a questo quesito è opportuno ricordare che la nostra modellistica psicofisiologica inquadra in modo diverso il concetto formulato in ambito psicodinamico (che è entrato a far parte della cultura psicologica corrente) di scissione dell’Io. La nostra concezione inquadra l’Io come un’unità composta di diverse subidentità che possono armonicamente collegarsi funzionalmente con quelle che chiamiamo l’identità nucleare ed essere quindi collegate tra loro, oppure presentarsi come sconnesse ed indipendenti.

Identità nucleare e subidentità sono tra loro in rapporto come un tronco con i suoi rami. L’insieme costituisce l’Io. Per noi dunque le scissioni dell’Io sono scissioni tra le subidentità con l’identità nucleare. Ma è indispensabile l’analisi di come si organizza sul piano psicofisiologico, ogni subidentità e come si raccorda con quella nucleare.

Ogni subidentità presuppone una componente cerebrale che produce un’autorappresentazione. L’autorappresentaziione è in sostanza un processo immaginativo stabile che si costruisce sulla base del complesso delle esperienze proprie del soggetto. L’identità è data dalla corrispondenza tra autorappresentazione ed esperienza che mira a confermare l’esperienza stessa.

La principale esperienza è quella corporea. L’autorappresentazione è, dunque, innanzitutto, l’organizzazione unificata dell’esperienza corporea cui si dà il nome di immagine corporea.

L’identità, dunque, è un processo circolare tra centro, produttore dell’immaginazione, e periferia corporea che fornisce informazioni che sono alla base della costruzione dell’autorappresentazione medesima.

Quindi ogni subidentità è contemporaneamente immaginativa (autorappresentazione), e quindi psicofisiologica, e periferica cioè esperenzial-corporea.

Per quanto riguarda la periferia del corpo, per il nostro discorso, è particolarmente importante il sistema muscolare. I muscoli sono, infatti, fondamentali per produrre movimenti, mantenere l’equilibrio posturale, ma la loro funzione va ben oltre una semplice azione meccanica; i muscoli producono gesti ed espressioni emozionali a significato relazionale, che si “caricano” di significati psicologici.

In questo contesto espressivo noi diamo ampio rilievo a quel complesso processo di coordinazione muscolare che genera “atteggiamenti posturali” che esprimono, per lo più inconsapevolmente, il/i modi essere al mondo.

Di estremo interesse è il fatto che diverse funzioni del sistema muscolare sono affidate, talvolta, agli stessi gruppi di muscoli. Tale apparente paradosso è ben superabile se si pensa alla regolazione operata dal sistema nervoso centrale sia sottocorticale che corticale: in quest’ultima struttura encefalica (per es. area parietale) si dovrebbero coordinare tutti i livelli funzionali che impegnano i muscoli.

La coordinazione attiva è strettamente legata (o il diretto prodotto) all’autorappresentazione immaginativa. Pertanto noi sosteniamo che gli atteggiamenti postural-corporei sono “rappresentazioni periferiche delle rappresentazioni del corpo (immagine corporea elaborata corticalmente).

Questo discorso è valido anche per ogni subidentità.

In rapporto alle subidentità, le scissioni dell’Io non sarebbero dunque, come si pensa e si dice nella cultura psicologica corrente, scissioni tra la mente e il corpo, ma tra assi verticali che interessano la corteccia cerebrale (sede dell’immaginazione) e la periferia del corpo. In altri termini, le scissioni sono tra diverse strutture fisiologiche del corpo. Le scissioni sono scissioni corpo-corpo. Un secondo punto consiste nel comprendere come avviene l’integrazione tra le subidentità. Ovviamente essa non può non verificarsi contemporaneamente che a livello cerebrale dove l’immagine corporea nucleare si connette con altre auto immagini (ruoli, rispecchiamenti, etc) ed a livello periferico dove in rapporto all’autorappresentazione il soggetto organizza la sua espressività posturale. Ciò, perché ogni autorappresentazione per la circolarità del modello presuppone un corrispondente atteggiamento posturale.

Se è facile comprendere come l’autorappresentazione possa allargarsi a livello neurologico cerebrale, molto più complesso è riuscire a capire come si coordinano tra di loro, in modo unitario ed armonico, i diversi atteggiamenti espressivi che possono utilizzare l’apparato muscolare in modo anche opposto. Non c’è qui spazio sufficiente per affrontare questa complessa tematica e pertanto rimandiamo il lettore al volume “Identità in psicologia e teatro”. Il punto è quello di ottenere attraverso un’adeguata coordinazione degli atteggiamenti posturali una stabilità e flessibilità dell’Io anche sul piano fisico in concrete coordinate spazio-temporali.

L’Io richiede, per un buon funzionamento, un’adeguata “tessitura” che si realizza a livello immaginativo e corporeo. In tal modo il corpo non è più un’inerte struttura ma si psicologizza divenendo manifestazione di coordinate intenzioni espressive. In questo lavoro di coordinamento corporeo-esperienziale l’Io acquista unità, stabilità e flessibilità. Ecco dunque che l’esperienza dell’arte interviene 1) sia a livello immaginativo che 2) strettamente corporeo, a stabilire connessioni tra le parti. L’esperienza dell’arte consente di articolare un lavoro puntuale che investe i diversi livelli funzionali dell’Io attraverso un lavoro che costituisce una sorta di metafora che unisce sul piano concreto livelli immaginativi e livelli corporei delle forme delle sintesi sensoriali e della modulazione delle emozioni.

La connessione tra piani immaginativi, cognitivi e corporei è prodotta dai diversi linguaggi dell’arte che passano attraverso un lavoro che ha come denominatore comune l’intervento sugli atteggiamenti posturali, portatori espressivi delle subidentità dell’Io.

Il lavoro su alcune forme di scissione diventa in qualche modo accessibile.

Questa tessitura psicofisica è il logico sviluppo di una profonda azione di base che l’arte ha sullo sviluppo e la crescita dell’Io. Esperienza d’arte è un’ampliamento profondo di quei processi propri della fase sensomotoria descritta da Piaget.

Pertanto, indipendentemente dalla fase di sviluppo, l’arte serve ad arricchire esperienzialmente la struttura dell’Io ed è particolarmente efficace per stimolare le potenzialità espressive di un Io povero che devono essere coordinate all’interno della struttura stessa.

Pertanto i processi di trasformazione resi possibili dall’arte, passano attraverso trasformazioni dell’Io che se guardate attraverso la nostra lente psicofisiologica possono essere descritti momento per momento durante il loro percorso e rientrare nel capitolo delle analisi puntuali delle dinamiche funzionali (psicofisiologiche) dell’Io.

Tutte le esperienze che noi suggeriamo con le loro specificità di linguaggio si collocano in questa cornice operativa e poggiano sulla base psicofisiologica mirante al recupero della stabilità, flessibilità e coordinazione degli atteggiamenti posturali.

Il fulcro è nel legare gestualità, espressività, immaginazione, emozioni, attraverso esperienza di pittura, danza, musica (nella forma della decodificazione attiva e della produzione diretta), attività teatrale in cui il legame tra espressività corporea (per esempio parola-suono-respiro-postura che genera gesti) e trame psicologiche (di testi già scritti o di suggestioni proprie dell’improvvisazione) deve trovare una coerente consistenza psicofisica.

In quest’ottica si pone anche, per esempio, un lavoro manuale come quello della tessitura, in cui i gesti (che imparano ad intrecciare i fili) costituiscono a loro volta la base cognitivo-operativa per apprendere ad intrecciare, in modo automatico, azioni dell’Io con la sua struttura di base.

Il lavoro arteterapeutico presuppone, o meglio non può essere indipendente da un lavoro sul “contatto interpersonale”, che anima tutte le esperienze effettuate con i diversi linguaggi.

Il lavoro stesso sul contatto (che è psicofisico e presenta diverse forme, livelli e stili individuali) è nella sua forma nucleare un lavoro arteterapeutico per eccellenza. Esso, insieme al lavoro sull’integrazione psicofisica dell’Io, attraverso esperienze postural-spaziali e della gestione del peso, contribuisce a formare le coordinate esistenziali in cui il soggetto scopre o riscopre in forma nuova il suo diritto di essere al mondo, di occupare uno spazio concreto in cui gesti espressivi, collegati all’autorappresentazioni ed all’universo immaginativo, acquistano la forma visibile della produzione dell’arte ed animano in modo nuovo e personale la dimensione interpersonale e sociale.

L’arteterapia ha una funzione preparatoria nella costruzione delle interazioni ed è un frammento di quel grande processo di socializzazione che non può che avvenire nell’ambito delle più ampie coordinate sociali.

In un prossimo lavoro esporremo più dettagliatamente il ruolo e le forme delle singole discipline d’arte insegnate nella nostra scuola, che a sua volta si fa carico anche di inquadramenti teorici propri della psicologia generale, dinamica, della psicofisiologia clinica e della psichiatria.

VEZIO RUGGIERI, Professore della Cattedra di Psicofisiologia Clinica della Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza

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Arteterapia e l'espressione di noi stessi, per un benessere psicofisico.

Chi ha preso parte a questa terapia?

io non so se la mia è arte terapia....pitturo è sono felice.....è esprimersi non parlando.....lo trovo geniale!

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Io non so se la mia è arteterapia,ma nel mio piccolo quando DISEGNO un taglio di capelli,sto una favola.Certo io faccio solo le cose che piacciono a me,e se non mi piacciono non le faccio.Mi piace DISEGNARE PREVALENTEMENTE TAGLI CORTI,do il meglio di me,perchè per fare un taglio corto se non hai una grossa preparazione e meglio che si va dal barbiere.

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  • 2 weeks later...

io sono appassionata di hobby creativi e devo dire che sto decisamente bene quando riesco a dedicare anche solo un'ora al giorno ai miei hobby. mi aiutano a credere nelle mie capacità, mi offrono la possibilità di pensare con leggerezza alle cose e mi rendono felice perchè ogni lavoro finito si porta via i miei pensieri, i miei stati d'animo, belli o brutti e mi restituisce una qualcosa di bello da regalare, o semplicemente da guardare.

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io non so se la mia è arte terapia.....!
Io non so se la mia è arteterapia,...
io sono appassionata di hobby creativi ...

L'arte di per se è terapeutica, per me uno dei migliori modi per scaricare le nostre tensioni psicofisiche.

L'arteterapia si appoggia su alcune pratiche artistiche, il contesto rimane però quello del setting terapico. Quando sono andato la prima volta dal mio terapista (Psicologo clinico e Artiterapeuta), pensavo che mi avrebbe fatto fare dei quadri o dei passi di salsa/merenghe <_< niente di tutto questo. Le esperienze che ho fatto sono state decisamente meno convenzionali, una di queste è stato l'intonare un mantra indù allo scopo di alleviare la tensione addominale che mi procurava dolori gastrici, di seguito collegata un altra esperienza che riguardava l'indipendenza emotiva, mentre io recitavo il mantra lui ne recitava un altro per distogliere la mia attenzione e coinvolgermi a recitare il suo...

Se le esperienze artistiche si integrano nella terapia, hanno una potenza e profondità notevole, perchè l'arte di per se è uno stato trascendentale che libera la nostra mente dall'identificazione della coscenza, abbassando così quella soglia di attenzione che erge barriere nei confronti della percezione dei nostre inesplorate capacità.

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disegnare i mandala assieme ai miei figli, ormai più spesso assieme a mio figlio, con musica in sottofondo, a volte classica, altre volte new age, altre ancora rock, oppure senza musica, ascoltando il silenzio.

e colorarli poi utilizzando pastelli, acquerelli, colori a dita, veline colorate.. ne abbiamo fatti di bellissimi.

anche questa è arteterapia?

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