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Se doveste incontrare un muro davanti........


ANTIUS

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questo invece per stellina.....

La fonte del conflitto (Jiddu Krishnamurti)

Vi sono due tipi di apprendimento: uno consiste nel memorizzare ciò che viene imparato per poi osservare tramite la memoria - ed è questo che molti di noi chiamano apprendimento - e l'altro consiste nell'imparare attraverso l'osservazione, senza immagazzinarlo come ricordo. Per dirla in un altro modo: un modo di apprendimento è imparare qualcosa a memoria, in modo che rimanga immagazzinato nel cervello come conoscenza e successivamente agire secondo tale conoscenza abilmente o maldestramente; quando si frequenta la scuola e l'università, si accumulano molte informazioni, e in base a tale conoscenza si agisce in modo benefico per se stessi e per la società, ma si è incapaci di agire semplicemente, direttamente. L'altra specie di apprendimento - cui non si è altrettanto abituati, perché si è schiavi delle abitudini, delle tradizioni, di ogni conformismo - consiste nell'osservare senza l'accompagnamento della conoscenza pregressa, guardare qualcosa come se fosse la prima volta. Se uno osserva qualcosa in questo modo, non vi è la coltivazione della memoria; non è come quando uno osserva e tramite tale osservazione accumula il ricordo in modo che la prossima volta che l'osserva lo fa attraverso quello schema della memoria, e perciò non l'osserva più ex novo.

E' importante avere una mente che non sia costantemente occupata, costantemente intenta a chiacchierare. Per la mente non occupata, può germinare un nuovo seme, qualcosa d'interamente diverso dalla coltivazione della conoscenza e dall'azione basata su tale conoscenza.

Osservate i cieli, la bellezza delle montagne, gli alberi, la luce tra le fronde. Questa osservazione, immagazzinata nella memoria, impedirà che la prossima osservazione sia nuova. Quando uno osserva la moglie o un amico, può osservare senza l'interferenza della registrazione dei precedenti episodi di quel particolare rapporto? Se uno può osservare l'altro senza l'interferenza della conoscenza precedente, impara molto di più.

La cosa più importante è osservare: osservare e non avere una divisione tra l'osservatore e l'osservato. Generalmente vi è una divisione apparente tra l'osservatore, che è la somma totale dell'esperienza passata, in quanto memoria, e l'osservato ... così è il ,passato che osserva. La divisione tra osservatore e osservato è la fonte del conflitto.

E' possibile che non vi sia conflitto, in tutta una vita? Tradizionalmente, si accetta che debba esservi questo conflitto, questa lotta, questo dissidio perpetuo, non solo fisiologicamente, per sopravvivere, ma psicologicamente, tra desiderio e paura, simpatia e antipatia, e così via. Vivere senza conflitto è vivere una vita senza sforzo, una vita in cui vi è pace. L'uomo ha vissuto, per secoli e secoli, una vita di battaglia, di conflitti esteriori e interiori; una lotta costante per conseguire qualcosa, e la paura di perdere, di ricadere indietro. Si può parlare all'infinito di pace, ma non vi sarà pace finché si è condizionati ad accettare il conflitto. Se uno dice che è possibile vivere in pace, allora è soltanto un'idea, e perciò non ha valore. E se uno dice che non è possibile, allora blocca ogni indagine.

Esaminiamolo prima psicologicamente; è più importante che farlo fisiologicamente. Se uno comprende in profondità la natura e la struttura del conflitto, psicologicamente, e magari vi pone fine, allora può essere in grado di affrontare il fattore fisiologico. Ma se uno s'interessa solo del fattore fisiologico, biologico, per sopravvivere, allora probabilmente non ci riuscirà.

Perché vi è questo conflitto, psicologicamente? Fin dai tempi più antichi, socialmente e religiosamente, c'è sempre stata una divisione tra il bene e il male. Questa divisione esiste realmente, oppure c'è soltanto ciò che è " senza il suo contrario? Supponiamo che via sia collera questo è un fatto, " ciò che è "; ma " io non andrò in collera " è un idea, non è un fatto.

Uno non discute mai tale divisione, l'accatta perché è tradizionalista per abitudine, e non vuol saperne di qualcosa di nuovo. Ma c'è un altro fattore: c'è una divisione tra l'osservatore e l'osservato. Quando uno guarda una montagna, la guarda come osservatore e la chiama montagna. La parola non è la cosa. La parola " montagna " non è la montagna, ma per l'interessato la parola è molto importante: quando guarda, vi è istantaneamente la risposta " quella è una montagna ". Ora, uno può guardare la cosa chiamata " montagna" senza la parola, perché la parola è un fattore di divisione? Quando uno dice " mia moglie ", la parola " mia " crea divisione. La parola, il nome, la parte del pensiero. Quando uno guarda un uomo o una donna, una montagna o un albero, qualunque cosa sia, si opera una divisione quando il pensiero, il nome, il ricordo vengono posti in essere.

Uno può osservare senza l'osservatore, che è l'essenza di tutti i ricordi, le esperienze, le reazioni e così via, tutti provenienti dal passato? Se uno guarda qualcosa senza la parola e i ricordi del passato, allora osserva senza l'osservatore. Quando uno fa ciò, vi è solo l'osservato, e non vi è divisione né conflitto, psicologicamente. Uno può guardare la propria moglie o il proprio amico più intimo senza il nome, la parola e tutta l'esperienza accumulata" in quel rapporto? Quando guarda così, guarda l'altro - o l'altra - per la prima volta.

E' possibile vivere una vita completamente libera da ogni conflitto psicologico? Uno ha osservato il fatto: basterà, se lascia stare il fatto. Finché vi è divisione tra l'osservatore che crea le immagini, e il fatto - che non è immagine ma soltanto fatto - deve esserci conflitto perpetuo. E' una legge. Ma si può porre fine al conflitto.

Quando vi è la fine del conflitto psicologico - che è parte della sofferenza - allora, in che modo influisce sulla vita, sui rapporti con gli altri? In che modo la fine della lotta psicologica, con tutti i suoi conflitti, il suo dolore, le sue ansie, le sue paure, in che modo si riferisce alla vita quotidiana, al lavoro d'ufficio, eccetera eccetera? Se è un fatto che uno ha posto fine al conflitto psicologico, allora come vivrà una vita senza conflitti esteriori? Quando non vi è conflitto interiore, non vi è conflitto all'esterno, perché "non vi è divisione" tra l'interiore e l'esteriore. E come il flusso e il riflusso del mare. E' un fatto assoluto, irrevocabile, che nessuno può toccare; è inviolato. Quindi, se è così, cosa farà uno per guadagnarsi da vivere? Poiché non Vi è conflitto, non vi è ambizione. Poiché interiormente vi è qualcosa di assoluto che è inviolato, che non può essere toccato né danneggiato, allora uno non dipende psicologicamente da un altro; perciò non vi è conformismo né imitazione. Quindi, non avendo tutto questo, uno non è più pesantemente condizionato dal successo e dall'insuccesso nel mondo del denaro, della posizione, del prestigio, che implica la negazione di "ciò che è " e l'accettazione di " ciò che dovrebbe essere ".

Poiché uno nega " ciò che è " e crea l'ideale di " ciò che dovrebbe essere ", vi è conflitto. Ma osservare ciò che è effettivamente significa che uno non ha contrario, solo " ciò che è ". Se osservate la violenza e usate la parola " violenza ", c'è già conflitto, la parola stessa è già distorta; vi sono persone che approvano la violenza e altre che non l'approvano. L'intera filosofia della non violenza è distorta, politicamente e religiosamente. C'è la violenza e il suo contrario, la non violenza. Il contrario esiste perché voi conoscete la violenza. Il contrario ha radice nella violenza. Uno pensa che, avendo un contrario, con qualche metodo o mezzo straordinario, si sbarazzerà di " ciò che è ".

Ora, si può accantonare il contrario e guardare semplicemente la violenza, il fatto? La non violenza non è un fatto. La non violenza è un'idea, un concetto, una conclusione. Il fatto è la violenza: uno è in collera, odia qualcuno, vuol far male alla gente, è geloso: tutto questo è l'implicazione della violenza, che è il fatto. Ora, si può osservare il fatto senza introdurre il suo contrario? Perché allora uno ha l'energia - che prima veniva sprecata cercando di realizzare il contrario - per osservare " ciò che è ". In quell'osservazione non c'è conflitto.

Perciò, cosa farà un uomo che ha compreso questa esistenza straordinaria e complessa basata sulla violenza, il conflitto e la lotta, un uomo che ne è effettivamente libero, non teoricamente, ma effettivamente libero? Il che significa assenza di conflitto. Che cosa farà al mondo? Formulerà questa domanda, se è interiormente, psicologicamente, interamente libero da conflitti? Ovviamente no. Solo l'uomo in conflitto dice: " Se non vi è conflitto, sarò alla fine, verrò annientato dalla società perché la società è basata sul conflitto".

Se uno è consapevole della propria coscienza, che cos'è? Se è consapevole, vedrà che la sua coscienza è - in senso assoluto - nel disordine totale. E contraddittorio dire una cosa, fare qualcosa d'altro, cercando sempre qualcosa. Il movimento totale è entro un'area limitata e priva di spazio, e in quel poco spazio c'è disordine.

Uno è diverso dalla propria coscienza? Oppure è quella coscienza? quella coscienza. Allora, è consapevole di trovarsi nel disordine totale? Alla fine, quel disordine porta alla nevrosi, ovviamente: perciò ci sono tutti gli specialisti della società moderna, gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti e così via. Ma interiormente c'è ordine? Oppure c'è disordine? Uno può osservare questo fatto? E cosa avviene quando uno osserva senza scegliere... cioè senza distorsioni? Dove c'è disordine, deve esserci conflitto. Dove c'è ordine assoluto, non c'è conflitto. E c'è un ordine assoluto, non relativo. Ciò può avvenire in modo naturale e facile, senza conflitto, solo quando uno è consapevole di se stesso quale coscienza, consapevole della confusione, del tumulto, delle contraddizioni, osservando esteriormente senza distorsione. Allora da questo deriva naturalmente, dolcemente, facilmente, un ordine irrevocabile.

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Daniè io mi riferisco ai muri che la vita ti mette davanti.....guagliù ma li vedo solo io sti muri?......mio

diceva che spesso c'è li creiamo noi,ma quando poi le circostanze o le aspettative erano diverse ,ma che colpa ne abbiamo noi?

ripeto o li vedo solo io oppure non o capito una fico secco della vita!

:Star:

Parlando di muri caratteriali Antonio, perchè credo di quelli tu voglia parlare. Io credo che da quando siamo nati la nostra connotazione caratteriale ha tratto elementi sia in base al nostro corredo genetico trasmesso dai genitori (ad esempio + o meno serotonina nel sangue), ma anche in base alle interazioni con il prossimo, la mamma in primis.

Questa definizione caratteriale, che abbiamo utilizzato come uno strumento sempre più affinato durante la nostra vita, ha determinato un restringimento delle nostre capacità espressive (i famosi muri) e, di conseguenza, una impossibilità ad utilizzare, esprimendola, la nostra energia vitale che con l'andare degli anni si affievolisce fino a morire, perchè relegata in un angolo della nostra coscienza.

Il movimento di cui parla mio, io credo possa essere immaginato come quel restringimento espressivo della nostra sfera caratteriale. Riconoscerlo potrebbe permettere di realizzare una questione che si ricollega alla frase di marilena: se ho creato muri che hanno ristretto la mia capacità di esprimere quello che sono, posso provare ad individuarli ed eventualmente intaccarne la struttura per creare qualche varco utile ad esprimere quello che è represso nell'ombra.

L'osservazione di quello che siamo, presuppone la presa di coscienza delle nostre modalità relazionali rispecchiate nella vita sociale. L'interazione con uno psicologo, consente l'acquisizione di elemementi utili a identificare queste modalità.

:hi:

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un po' lunghi......però con calma sono molto interessanti credo...

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In effetti hai fatto una bella spaginata :Star:

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intanco ecco il malloppone di turno...

magari a qualcuno è utile..

Il pensiero divide? (Jiddu Krishnamurti)

23 Luglio 1970 - Saanen (Da Sulla mente e il pensiero)

Dobbiamo, inoltre, scoprire qual è la funzione, il significato, la sostanza, qual è la struttura del pensiero, perché potrebbe essere il pensiero a dividere; e trovare una risposta per mezzo del pensiero, attraverso la ragione, significa, ovviamente, separare ogni problema e cercare di dare una risposta a ognuno di essi. Perché siamo sempre inclini a risolvere le nostre problematiche separatamente, come se queste non fossero correlate? Ci sono persone che sognano rivoluzioni fisiche che possano cambiare l’ordine sociale e generarne uno nuovo, e nel fare ciò dimenticano completamente l’intera natura psicologica dell’uomo. È per questo che bisogna porsi questa domanda: perché? E dopo averla posta, che tipo di risposta ci daremo? Sarà una risposta del pensiero, o sarà generata dalla comprensione della totalità di questa immensa, vasta struttura che è la vita umana?

Voglio scoprire perché esiste questa divisione. Abbiamo già affrontato tutto questo con le modalità degli osservatori intenti a esaminare qualcosa; dimentichiamoci di tutto, mettiamo tutto da parte e affrontiamo la questione in modo diverso. È il pensiero a generare questa divisione? E se scopriamo che è così, e il pensiero cerca di trovare una risposta a un particolare problema, questo continua a rimanere un problema separato da altri problemi. Stiamo camminando assieme? Per favore non dite di essere d’accordo, non si tratta di essere o di non essere d’accordo, piuttosto si tratta di scoprire da voi stessi la verità o la falsità di questo punto, non di accettarlo: non accettate, in nessuna circostanza, ciò che chi parla vi sta comunicando; mai. Quando parliamo assieme di questi argomenti, non c’è autorità, né voi, né chi parla possiede alcuna autorità. Siamo entrambi intenti nello scoprire, nell’osservare, nel guardare attentamente, nell’imparare e, quindi, non si tratta d’essere d’accordo o di non esserlo.

Bisogna scoprire se il pensiero, per la sua stessa natura e struttura, non divida la vita in tanti problemi. E se cerchiamo di dare una risposta per mezzo del pensiero stesso, sarà sempre una risposta isolata, e perciò destinata a generare ulteriore confusione, ulteriore sofferenza. Quindi, come prima cosa, bisogna scoprire da noi stessi, in modo libero, senza alcun giudizio o conclusione, se il pensiero opera in questo modo. Perché molti di noi cercano di trovare risposte intellettualmente, o emotivamente, o “intuitivamente”.

Quando usiamo la parola intuizione, dobbiamo essere particolarmente cauti, perché questa parola è estremamente fuorviante. Si possono avere intuizioni dettate dalle proprie speranze, paure, amarezze, desideri e da aspettative, quindi è meglio che quella parola non venga usata affatto. Tornando a noi, dicevamo che si cerca di dare risposte intellettualmente o emotivamente, come se l’intelletto fosse separato dalle emozioni e come se queste fossero, a loro volta, disgiunte dalle reazioni fisiche, e così via. E siccome tutta l’educazione che abbiamo ricevuto e la cultura in cui viviamo sono centrate su questo approccio intellettuale alla vita, tutte le nostre costruzioni filosofiche nascono da concetti dell’intelletto, ed è tutta spazzatura. La nostra intera struttura sociale è basata su questa divisione, così come il nostro sistema morale.

Quindi, se il pensiero divide, come fa a compiere questa divisione? Non intrattenetevi con questa affermazione, cercate di scoprirlo da voi stessi. È molto più coinvolgente, e vedrete che cosa straordinaria scoprirete da soli. Sarete una luce per voi stessi, diverrete degli esseri umani integri, che non vanno alla ricerca di qualcuno che dica loro cosa devono fare, cosa e come devono pensare.

Allora, il pensiero divide? E che cosa è il pensiero? Il pensiero può essere particolarmente ragionevole, può ragionare in modo consecutivo, e deve farlo in modo logico, obiettivo, in modo sano, perché deve funzionare perfettamente, come un computer con il suo ticchettare privo di resistenze o di conflitti. La ragione è necessaria, la sanità è parte di quella capacità raziocinante; allora, che cos’è questo pensare, cos’è il pensiero?

Può il pensiero essere mai nuovo, fresco? Perché ogni problema è nuovo, ogni problema dell’uomo, non quelli meccanici, scientifici, è un problema nuovo. La vita è sempre nuova, ed ecco che il pensiero cerca di comprenderla, di alterarla, di tradurla, di farci qualcosa. Allora, per questo motivo, dobbiamo scoprire da noi stessi che cos’è il pensiero e perché divide. Se noi potessimo sentire in modo profondo, amarci l’un l’altro, non in modo verbale ma nella realtà, cosa che può accadere solo quando scompaiono i condizionamenti, quando non sussiste più un centro, un “me” e un “te”, allora tutte le divisioni terminerebbero. Ma il pensiero, che è l’attività dell’intelletto, del cervello, non può amare, certamente. Può ragionare in modo logico, oggettivo ed efficiente; per andare sulla luna, il pensiero deve aver operato in modo straordinario: se poi ne valesse veramente la pena, questa è un’altra faccenda. Perciò il pensiero deve essere compreso. Ci siamo chiesti se il pensiero può vedere qualcosa di nuovo, o se possa esistere un pensiero nuovo: il pensiero è sempre vecchio? Se è così, allora quando esso affronta un problema della vita, che. è sempre nuova, non può avvertirne la novità, proprio perché cerca subito di tradurre la cosa che ha osservato nel linguaggio dei propri condizionamenti.

Allora, il pensiero è necessario, deve funzionare in modo logico, sano, salutare, in modo oggettivo, non emotivamente, né in modo personale, eppure, proprio quel pensiero divide tra “me” e non “me” e cerca di risolvere il problema della violenza come se questa non fosse correlata a tutti gli altri problemi dell’esistenza. Il pensiero è il passato. Il pensiero è sempre il passato, se non avessimo un registratore come il cervello, che ha accumulato ogni sorta di informazioni, di esperienze, personali e collettive, noi non saremmo capaci né di pensare, né di darci risposte. Vediamo tutto questo? Non verbalmente, ma nella sua attualità? Quindi, come il passato che incontra il nuovo, il nuovo deve tradurre usando modalità del passato, e questo determina divisione.

State chiedendo perché il pensiero divide, perché il pensiero interpreta. Se il pensiero è il risultato del passato, e il pensiero è proprio il risultato di ieri, con tutte le informazioni, tutta la conoscenza, l’esperienza, la memoria e via dicendo, esso opera sul problema e lo separa dagli altri, come se ne fosse diviso davvero. Giusto? È così? O non siete. sicuri di questa cosa? Cercherò di sciogliere l’insicurezza a tale proposito, non perché voglia impormi, che sarebbe stupido, o per mostrarvi che il mio ragionamento è migliore del vostro, che sarebbe ugualmente stupido, ma perché stiamo cercando assieme la verità su questo punto, “cosa è” nella realtà. Ora, lasciate tutto da parte, per il momento, e osservate il vostro modo di pensare. Il pensiero è la risposta del passato. Se voi non aveste un passato, non avreste alcun pensiero, vi trovereste in uno stato di amnesia. Il passato è pensiero, e perciò il passato, inevitabilmente, divide la vita in presente e futuro. Fino a quando ci sarà un passato come pensiero, quel passato stesso dividerà la vita in passato, presente e futuro.

Seguitemi in ciò che sto per dirvi. Avanzerò lentamente, passo dopo passo, non cercate di precedermi. Ho un problema con la violenza, voglio comprenderla interamente, totalmente, così che la mente possa essere completamente libera dalla violenza, e per far ciò l’unica opportunità è quella di comprendere l’intera struttura del pensiero. È il pensiero che genera violenza (la “mia” casa, la “mia” proprietà, “mia” moglie, “mio” marito, la “mia” nazione, il “mio” Dio, il “mio” credo), e tutto questo è assolutamente privo di senso. Chi è che compie questo, che crea questo eterno “me” opposto a tutto il resto? Chi è responsabile, chi è la causa di tutto ciò? L’educazione, la società, il sistema, la chiesa, sono tutti responsabili, in quanto io sono parte di tutto questo. E il pensiero, che è materia, che è il risultato della memoria, è parte della struttura stessa e delle cellule del cervello. La memoria è il passato, che è del tempo. E così, quando il cervello opera, psicologicamente o al livello sociale, economico, religioso, deve, invariabilmente, operare in termini di tempo, poiché il passato è in accordo con i suoi condizionamenti.

Il pensiero è essenziale, deve funzionare nel modo più logico possibile, in maniera completamente oggettiva, impersonale; ciò nonostante, vedo come il pensiero divide, psicologicamente, così come nel tempo. Il pensiero deve, inevitabilmente, dividere; guardatevi attorno e osservate cosa è accaduto. Il pensiero dice: “Il nazionalismo è cosa marcia, ha generato ogni sorta di guerra e di inganno, incoraggiamo la fratellanza, uniamoci l’un l’altro”. Così il pensiero fa nascere la Lega delle Nazioni, o l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma il pensiero continua a operare in modo divisivo e a mantenere la separazione: tu, che sei italiano, difenderai la tua sovranità, e via dicendo. Parlare della fratellanza e, allo stesso tempo, mantenere le divisioni, e ovviamente un’ipocrisia; e questa è una delle funzioni del pensiero, fare il doppio gioco con se stesso.

Il pensiero non può essere la via d’uscita, che non significa dire: uccidete la mente. Allora che cosa è che vede il sorgere di ogni problema come un problema totale? Se uno ha un problema sessuale, è un problema totale, relazionato alla cultura, al carattere, agli altri aspetti della vita, e non separato da tutto ciò. Ora, qual è la mente che vede ogni problema nella sua interezza e non come un frammento?

Le chiese, le varie religioni hanno detto: “Cercate Dio e ogni cosa sarà risolta”. Come se Dio, secondo le loro credenze, fosse separato dalla vita. Perciò si è costantemente manifestata questa divisione, e io che osservo questa realtà, dico a me stesso: “Non voglio leggere libri, ma voglio osservare la vita, perché in questa osservazione imparerò molto più che da qualsiasi libro, sia interiormente sia esteriormente, se saprò come osservare”. A questo punto, che cos’è che fa sì che si osservi la vita nella sua interezza? Stiamo procedendo assieme? Che cos’è? Conoscere la portata, l’efficienza, la vastità del pensiero e, allo stesso tempo, osservare, sapere che il pensiero, inevitabilmente, divide in “me” e “non me’, e che il cervello è il risultato del tempo, e quindi del passato, e che quando tutta questa struttura del pensiero è all’opera non può, nel modo più assoluto, osservare il tutto. Dunque, che cos’è che vede la vita come un’interezza, senza dividerla in frammenti? Avete compreso la mia domanda?

Domanda: Rimane ancora un’altra domanda.

Krishnamurti: Abbiamo compreso, ma rimane una domanda, resta ancora una domanda. Chi è che sta formulando questa domanda? Il pensiero? Inevitabilmente. È possibile che diciate d’aver compreso, e che, allo stesso tempo, vi rimanga ancora una domanda da formulare? Quando avete compreso cosa fa il pensiero, in modo completo, a ogni livello, alto e basso, quando vedete ciò che il pensiero compie e dite: “Ho compreso tutto questo molto bene”; quando poi dite che resta un’altra domanda, chi è che pone quella domanda? C’è solo una domanda, e cioè che questo cervello, l’intero sistema nervoso, la mente che permea tutto ciò dice: “Ho compreso la natura del pensiero”. Il passo successivo è: può questa mente guardare alla vita, con tutta la sua vastità, complessità, con il suo dolore apparentemente infinito, può la mente vedere la vita come una totalità? Questa è l’unica domanda possibile. E non è il pensiero che la sta ponendo: la mente formula questa domanda, perché ha osservato l’intera struttura del pensiero e conosce il valore relativo del pensiero, e quindi è capace di dire: “Può la mente osservare con un occhio che non è mai offuscato dal passato?”.

Ora, entrando nella questione, può la mente, il cervello (che è il risultato del tempo, dell’esperienza, di infinite forme di condizionamento, di conoscenza accumulata, di tutto ciò che è stato raccolto nel tempo come passato), può quella mente, quel cervello, essere completamente fermo e calmo per osservare gli eventuali problemi della vita? È una domanda molto seria, non un intrattenimento cerebrale. Bisogna dedicarle tutta la propria energia, le proprie capacità, vitalità, passione, la propria vita per trovare una risposta, e non starsene semplicemente lì seduti e fare delle domande a me. Dovete veramente impegnarvi a fondo, con tutta la vostra vita, per poter scoprire una risposta, perché quello è l’unico modo, l’unica possibilità per uscire da questa brutalità, violenza, dolore, degrado, da tutto ciò che è corrotto. Può la mente, il cervello, esso stesso corrotto dal tempo, può divenire tranquillo così da vedere la vita come una totalità e, di conseguenza, senza problemi? Quando vedete qualcosa nella sua interezza, come può esserci un problema? I problemi sorgono solamente quando vedete la vita in modo frammentato. Osservate la bellezza di questa realtà. Quando percepite la vita nella sua totalità, allora non sorgono problemi di alcuna natura. È solo quando una mente, un cuore, un cervello sono divisi in frammenti, che nascono i problemi. Il centro di questi frammenti è il “me”, e il “me” viene a esistere attraverso il pensiero, che non ha una realtà di per sé. Il “me”, la “mia” casa, i “miei” mobili, la “mia” amarezza, il “mio” disappunto, il “mio” desiderio di diventare qualcuno, tutto questo è il prodotto del pensiero. Il “mio” appetito sessuale, la “mia” acredine, la “mia” ansia, la “mia” colpa; il “me”, prodotto del pensiero, divide. E può la mente osservare senza il “me”? Non essendo capace di fare questo, quello stesso “me” dice: “Mi dedicherò a Gesù, a Buddha, a questo, a quello”; comprendete? “Diventerò comunista, e i problemi di tutto il mondo mi riguarderanno”. Il “me” che si identifica con ciò che crede essere più grande, più degno, è ancora l’espressione del “me”.

...'n ce la posso fa... :hi: magari più tardi! :Star:

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:hi:

Parlando di muri caratteriali Antonio, perchè credo di quelli tu voglia parlare. Io credo che da quando siamo nati la nostra connotazione caratteriale ha tratto elementi sia in base al nostro corredo genetico trasmesso dai genitori (ad esempio + o meno serotonina nel sangue), ma anche in base alle interazioni con il prossimo, la mamma in primis.

Questa definizione caratteriale, che abbiamo utilizzato come uno strumento sempre più affinato durante la nostra vita, ha determinato un restringimento delle nostre capacità espressive (i famosi muri) e, di conseguenza, una impossibilità ad utilizzare, esprimendola, la nostra energia vitale che con l'andare degli anni si affievolisce fino a morire, perchè relegata in un angolo della nostra coscienza.

Il movimento di cui parla mio, io credo possa essere immaginato come quel restringimento espressivo della nostra sfera caratteriale. Riconoscerlo potrebbe permettere di realizzare una questione che si ricollega alla frase di marilena: se ho creato muri che hanno ristretto la mia capacità di esprimere quello che sono, posso provare ad individuarli ed eventualmente intaccarne la struttura per creare qualche varco utile ad esprimere quello che è represso nell'ombra.

L'osservazione di quello che siamo, presuppone la presa di coscienza delle nostre modalità relazionali rispecchiate nella vita sociale. L'interazione con uno psicologo, consente l'acquisizione di elemementi utili a identificare queste modalità.

:hi:

:Star:

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essì....ma tanto visto i numeri di messaggi degli ultimi giorni...almeno c'è da leggere,.....

tra l'altro sono in perfetto topic....sono da leggere...mooolto interessanti

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magari a qualcuno è utile..

Il pensiero divide? (Jiddu Krishnamurti)

23 Luglio 1970 - Saanen (Da Sulla mente e il pensiero)

Dobbiamo, inoltre, scoprire qual è la funzione, il significato, la sostanza, qual è la struttura del pensiero, perché potrebbe essere il pensiero a dividere; e trovare una risposta per mezzo del pensiero, attraverso la ragione, significa, ovviamente, separare ogni problema e cercare di dare una risposta a ognuno di essi. Perché siamo sempre inclini a risolvere le nostre problematiche separatamente, come se queste non fossero correlate? Ci sono persone che sognano rivoluzioni fisiche che possano cambiare l’ordine sociale e generarne uno nuovo, e nel fare ciò dimenticano completamente l’intera natura psicologica dell’uomo. È per questo che bisogna porsi questa domanda: perché? E dopo averla posta, che tipo di risposta ci daremo? Sarà una risposta del pensiero, o sarà generata dalla comprensione della totalità di questa immensa, vasta struttura che è la vita umana?

Voglio scoprire perché esiste questa divisione. Abbiamo già affrontato tutto questo con le modalità degli osservatori intenti a esaminare qualcosa; dimentichiamoci di tutto, mettiamo tutto da parte e affrontiamo la questione in modo diverso. È il pensiero a generare questa divisione? E se scopriamo che è così, e il pensiero cerca di trovare una risposta a un particolare problema, questo continua a rimanere un problema separato da altri problemi. Stiamo camminando assieme? Per favore non dite di essere d’accordo, non si tratta di essere o di non essere d’accordo, piuttosto si tratta di scoprire da voi stessi la verità o la falsità di questo punto, non di accettarlo: non accettate, in nessuna circostanza, ciò che chi parla vi sta comunicando; mai. Quando parliamo assieme di questi argomenti, non c’è autorità, né voi, né chi parla possiede alcuna autorità. Siamo entrambi intenti nello scoprire, nell’osservare, nel guardare attentamente, nell’imparare e, quindi, non si tratta d’essere d’accordo o di non esserlo.

Bisogna scoprire se il pensiero, per la sua stessa natura e struttura, non divida la vita in tanti problemi. E se cerchiamo di dare una risposta per mezzo del pensiero stesso, sarà sempre una risposta isolata, e perciò destinata a generare ulteriore confusione, ulteriore sofferenza. Quindi, come prima cosa, bisogna scoprire da noi stessi, in modo libero, senza alcun giudizio o conclusione, se il pensiero opera in questo modo. Perché molti di noi cercano di trovare risposte intellettualmente, o emotivamente, o “intuitivamente”.

Quando usiamo la parola intuizione, dobbiamo essere particolarmente cauti, perché questa parola è estremamente fuorviante. Si possono avere intuizioni dettate dalle proprie speranze, paure, amarezze, desideri e da aspettative, quindi è meglio che quella parola non venga usata affatto. Tornando a noi, dicevamo che si cerca di dare risposte intellettualmente o emotivamente, come se l’intelletto fosse separato dalle emozioni e come se queste fossero, a loro volta, disgiunte dalle reazioni fisiche, e così via. E siccome tutta l’educazione che abbiamo ricevuto e la cultura in cui viviamo sono centrate su questo approccio intellettuale alla vita, tutte le nostre costruzioni filosofiche nascono da concetti dell’intelletto, ed è tutta spazzatura. La nostra intera struttura sociale è basata su questa divisione, così come il nostro sistema morale.

Quindi, se il pensiero divide, come fa a compiere questa divisione? Non intrattenetevi con questa affermazione, cercate di scoprirlo da voi stessi. È molto più coinvolgente, e vedrete che cosa straordinaria scoprirete da soli. Sarete una luce per voi stessi, diverrete degli esseri umani integri, che non vanno alla ricerca di qualcuno che dica loro cosa devono fare, cosa e come devono pensare.

Allora, il pensiero divide? E che cosa è il pensiero? Il pensiero può essere particolarmente ragionevole, può ragionare in modo consecutivo, e deve farlo in modo logico, obiettivo, in modo sano, perché deve funzionare perfettamente, come un computer con il suo ticchettare privo di resistenze o di conflitti. La ragione è necessaria, la sanità è parte di quella capacità raziocinante; allora, che cos’è questo pensare, cos’è il pensiero?

Può il pensiero essere mai nuovo, fresco? Perché ogni problema è nuovo, ogni problema dell’uomo, non quelli meccanici, scientifici, è un problema nuovo. La vita è sempre nuova, ed ecco che il pensiero cerca di comprenderla, di alterarla, di tradurla, di farci qualcosa. Allora, per questo motivo, dobbiamo scoprire da noi stessi che cos’è il pensiero e perché divide. Se noi potessimo sentire in modo profondo, amarci l’un l’altro, non in modo verbale ma nella realtà, cosa che può accadere solo quando scompaiono i condizionamenti, quando non sussiste più un centro, un “me” e un “te”, allora tutte le divisioni terminerebbero. Ma il pensiero, che è l’attività dell’intelletto, del cervello, non può amare, certamente. Può ragionare in modo logico, oggettivo ed efficiente; per andare sulla luna, il pensiero deve aver operato in modo straordinario: se poi ne valesse veramente la pena, questa è un’altra faccenda. Perciò il pensiero deve essere compreso. Ci siamo chiesti se il pensiero può vedere qualcosa di nuovo, o se possa esistere un pensiero nuovo: il pensiero è sempre vecchio? Se è così, allora quando esso affronta un problema della vita, che. è sempre nuova, non può avvertirne la novità, proprio perché cerca subito di tradurre la cosa che ha osservato nel linguaggio dei propri condizionamenti.

Allora, il pensiero è necessario, deve funzionare in modo logico, sano, salutare, in modo oggettivo, non emotivamente, né in modo personale, eppure, proprio quel pensiero divide tra “me” e non “me” e cerca di risolvere il problema della violenza come se questa non fosse correlata a tutti gli altri problemi dell’esistenza. Il pensiero è il passato. Il pensiero è sempre il passato, se non avessimo un registratore come il cervello, che ha accumulato ogni sorta di informazioni, di esperienze, personali e collettive, noi non saremmo capaci né di pensare, né di darci risposte. Vediamo tutto questo? Non verbalmente, ma nella sua attualità? Quindi, come il passato che incontra il nuovo, il nuovo deve tradurre usando modalità del passato, e questo determina divisione.

State chiedendo perché il pensiero divide, perché il pensiero interpreta. Se il pensiero è il risultato del passato, e il pensiero è proprio il risultato di ieri, con tutte le informazioni, tutta la conoscenza, l’esperienza, la memoria e via dicendo, esso opera sul problema e lo separa dagli altri, come se ne fosse diviso davvero. Giusto? È così? O non siete. sicuri di questa cosa? Cercherò di sciogliere l’insicurezza a tale proposito, non perché voglia impormi, che sarebbe stupido, o per mostrarvi che il mio ragionamento è migliore del vostro, che sarebbe ugualmente stupido, ma perché stiamo cercando assieme la verità su questo punto, “cosa è” nella realtà. Ora, lasciate tutto da parte, per il momento, e osservate il vostro modo di pensare. Il pensiero è la risposta del passato. Se voi non aveste un passato, non avreste alcun pensiero, vi trovereste in uno stato di amnesia. Il passato è pensiero, e perciò il passato, inevitabilmente, divide la vita in presente e futuro. Fino a quando ci sarà un passato come pensiero, quel passato stesso dividerà la vita in passato, presente e futuro.

Seguitemi in ciò che sto per dirvi. Avanzerò lentamente, passo dopo passo, non cercate di precedermi. Ho un problema con la violenza, voglio comprenderla interamente, totalmente, così che la mente possa essere completamente libera dalla violenza, e per far ciò l’unica opportunità è quella di comprendere l’intera struttura del pensiero. È il pensiero che genera violenza (la “mia” casa, la “mia” proprietà, “mia” moglie, “mio” marito, la “mia” nazione, il “mio” Dio, il “mio” credo), e tutto questo è assolutamente privo di senso. Chi è che compie questo, che crea questo eterno “me” opposto a tutto il resto? Chi è responsabile, chi è la causa di tutto ciò? L’educazione, la società, il sistema, la chiesa, sono tutti responsabili, in quanto io sono parte di tutto questo. E il pensiero, che è materia, che è il risultato della memoria, è parte della struttura stessa e delle cellule del cervello. La memoria è il passato, che è del tempo. E così, quando il cervello opera, psicologicamente o al livello sociale, economico, religioso, deve, invariabilmente, operare in termini di tempo, poiché il passato è in accordo con i suoi condizionamenti.

Il pensiero è essenziale, deve funzionare nel modo più logico possibile, in maniera completamente oggettiva, impersonale; ciò nonostante, vedo come il pensiero divide, psicologicamente, così come nel tempo. Il pensiero deve, inevitabilmente, dividere; guardatevi attorno e osservate cosa è accaduto. Il pensiero dice: “Il nazionalismo è cosa marcia, ha generato ogni sorta di guerra e di inganno, incoraggiamo la fratellanza, uniamoci l’un l’altro”. Così il pensiero fa nascere la Lega delle Nazioni, o l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma il pensiero continua a operare in modo divisivo e a mantenere la separazione: tu, che sei italiano, difenderai la tua sovranità, e via dicendo. Parlare della fratellanza e, allo stesso tempo, mantenere le divisioni, e ovviamente un’ipocrisia; e questa è una delle funzioni del pensiero, fare il doppio gioco con se stesso.

Il pensiero non può essere la via d’uscita, che non significa dire: uccidete la mente. Allora che cosa è che vede il sorgere di ogni problema come un problema totale? Se uno ha un problema sessuale, è un problema totale, relazionato alla cultura, al carattere, agli altri aspetti della vita, e non separato da tutto ciò. Ora, qual è la mente che vede ogni problema nella sua interezza e non come un frammento?

Le chiese, le varie religioni hanno detto: “Cercate Dio e ogni cosa sarà risolta”. Come se Dio, secondo le loro credenze, fosse separato dalla vita. Perciò si è costantemente manifestata questa divisione, e io che osservo questa realtà, dico a me stesso: “Non voglio leggere libri, ma voglio osservare la vita, perché in questa osservazione imparerò molto più che da qualsiasi libro, sia interiormente sia esteriormente, se saprò come osservare”. A questo punto, che cos’è che fa sì che si osservi la vita nella sua interezza? Stiamo procedendo assieme? Che cos’è? Conoscere la portata, l’efficienza, la vastità del pensiero e, allo stesso tempo, osservare, sapere che il pensiero, inevitabilmente, divide in “me” e “non me’, e che il cervello è il risultato del tempo, e quindi del passato, e che quando tutta questa struttura del pensiero è all’opera non può, nel modo più assoluto, osservare il tutto. Dunque, che cos’è che vede la vita come un’interezza, senza dividerla in frammenti? Avete compreso la mia domanda?

Domanda: Rimane ancora un’altra domanda.

Krishnamurti: Abbiamo compreso, ma rimane una domanda, resta ancora una domanda. Chi è che sta formulando questa domanda? Il pensiero? Inevitabilmente. È possibile che diciate d’aver compreso, e che, allo stesso tempo, vi rimanga ancora una domanda da formulare? Quando avete compreso cosa fa il pensiero, in modo completo, a ogni livello, alto e basso, quando vedete ciò che il pensiero compie e dite: “Ho compreso tutto questo molto bene”; quando poi dite che resta un’altra domanda, chi è che pone quella domanda? C’è solo una domanda, e cioè che questo cervello, l’intero sistema nervoso, la mente che permea tutto ciò dice: “Ho compreso la natura del pensiero”. Il passo successivo è: può questa mente guardare alla vita, con tutta la sua vastità, complessità, con il suo dolore apparentemente infinito, può la mente vedere la vita come una totalità? Questa è l’unica domanda possibile. E non è il pensiero che la sta ponendo: la mente formula questa domanda, perché ha osservato l’intera struttura del pensiero e conosce il valore relativo del pensiero, e quindi è capace di dire: “Può la mente osservare con un occhio che non è mai offuscato dal passato?”.

Ora, entrando nella questione, può la mente, il cervello (che è il risultato del tempo, dell’esperienza, di infinite forme di condizionamento, di conoscenza accumulata, di tutto ciò che è stato raccolto nel tempo come passato), può quella mente, quel cervello, essere completamente fermo e calmo per osservare gli eventuali problemi della vita? È una domanda molto seria, non un intrattenimento cerebrale. Bisogna dedicarle tutta la propria energia, le proprie capacità, vitalità, passione, la propria vita per trovare una risposta, e non starsene semplicemente lì seduti e fare delle domande a me. Dovete veramente impegnarvi a fondo, con tutta la vostra vita, per poter scoprire una risposta, perché quello è l’unico modo, l’unica possibilità per uscire da questa brutalità, violenza, dolore, degrado, da tutto ciò che è corrotto. Può la mente, il cervello, esso stesso corrotto dal tempo, può divenire tranquillo così da vedere la vita come una totalità e, di conseguenza, senza problemi? Quando vedete qualcosa nella sua interezza, come può esserci un problema? I problemi sorgono solamente quando vedete la vita in modo frammentato. Osservate la bellezza di questa realtà. Quando percepite la vita nella sua totalità, allora non sorgono problemi di alcuna natura. È solo quando una mente, un cuore, un cervello sono divisi in frammenti, che nascono i problemi. Il centro di questi frammenti è il “me”, e il “me” viene a esistere attraverso il pensiero, che non ha una realtà di per sé. Il “me”, la “mia” casa, i “miei” mobili, la “mia” amarezza, il “mio” disappunto, il “mio” desiderio di diventare qualcuno, tutto questo è il prodotto del pensiero. Il “mio” appetito sessuale, la “mia” acredine, la “mia” ansia, la “mia” colpa; il “me”, prodotto del pensiero, divide. E può la mente osservare senza il “me”? Non essendo capace di fare questo, quello stesso “me” dice: “Mi dedicherò a Gesù, a Buddha, a questo, a quello”; comprendete? “Diventerò comunista, e i problemi di tutto il mondo mi riguarderanno”. Il “me” che si identifica con ciò che crede essere più grande, più degno, è ancora l’espressione del “me”.

così a caldo e dopo aver letto un po' in fretta...

- ho capito da chi hai imparato ad argomentare :Star: ..lo stile almeno..

- il tutto mi sa un po' di utopico...

- in neretto le frasi che comunque rappresentano il "problema" mio e di molti altri , credo: l'integrazione.

- ho capito anche perchè ci capiamo con difficoltà: io sono tutta razionalità e pensiero...però tvb, ho ancora una speranza per l'integrazione di cui sopra...

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così a caldo e dopo aver letto un po' in fretta...

- ho capito da chi hai imparato ad argomentare :Star: ..lo stile almeno..

- il tutto mi sa un po' di utopico...

- in neretto le frasi che comunque rappresentano il "problema" mio e di molti altri , credo: l'integrazione.

- ho capito anche perchè ci capiamo con difficoltà: io sono tutta razionalità e pensiero...però tvb, ho ancora una speranza per l'integrazione di cui sopra...

Attenta hai termini....per me razionalità è opposto dell'uso che fai del pensiero...che è pura irrazionalità...

dire è utopico , è rinunciare. Dire lo faccio è rimandare...osserva mentre leggi la verità di quanto detto nell'istante in cui la leggi....solo così potrai quotare...

ora leggo il neretto...

sarebbe bello leggere passo per passo per comprendere cosa trovi utopico...se vuoi io ci sono...

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razionale è colui che si muove con la realtà, non chi desidera cio che non è...

utopico e chi crea un sogno che nasce dal contenuto che è passato dunque non possibile, sempre falso, sempre irragiungibile....non certo chi si basa sull'unica cosa che è dimostrabile esista...ossia l'attimo presente.

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trovo questa parte di una chiarezza infinita....

Poiché uno nega " ciò che è " e crea l'ideale di " ciò che dovrebbe essere ", vi è conflitto. Ma osservare ciò che è effettivamente significa che uno non ha contrario, solo " ciò che è ". Se osservate la violenza e usate la parola " violenza ", c'è già conflitto, la parola stessa è già distorta; vi sono persone che approvano la violenza e altre che non l'approvano. L'intera filosofia della non violenza è distorta, politicamente e religiosamente. C'è la violenza e il suo contrario, la non violenza. Il contrario esiste perché voi conoscete la violenza. Il contrario ha radice nella violenza. Uno pensa che, avendo un contrario, con qualche metodo o mezzo straordinario, si sbarazzerà di " ciò che è ".

Ora, si può accantonare il contrario e guardare semplicemente la violenza, il fatto? La non violenza non è un fatto. La non violenza è un'idea, un concetto, una conclusione. Il fatto è la violenza: uno è in collera, odia qualcuno, vuol far male alla gente, è geloso: tutto questo è l'implicazione della violenza, che è il fatto. Ora, si può osservare il fatto senza introdurre il suo contrario? Perché allora uno ha l'energia - che prima veniva sprecata cercando di realizzare il contrario - per osservare " ciò che è ". In quell'osservazione non c'è conflitto.

Perciò, cosa farà un uomo che ha compreso questa esistenza straordinaria e complessa basata sulla violenza, il conflitto e la lotta, un uomo che ne è effettivamente libero, non teoricamente, ma effettivamente libero? Il che significa assenza di conflitto. Che cosa farà al mondo? Formulerà questa domanda, se è interiormente, psicologicamente, interamente libero da conflitti? Ovviamente no. Solo l'uomo in conflitto dice: " Se non vi è conflitto, sarò alla fine, verrò annientato dalla società perché la società è basata sul conflitto".

Se uno è consapevole della propria coscienza, che cos'è? Se è consapevole, vedrà che la sua coscienza è - in senso assoluto - nel disordine totale. E contraddittorio dire una cosa, fare qualcosa d'altro, cercando sempre qualcosa. Il movimento totale è entro un'area limitata e priva di spazio, e in quel poco spazio c'è disordine.

Uno è diverso dalla propria coscienza? Oppure è quella coscienza? quella coscienza. Allora, è consapevole di trovarsi nel disordine totale? Alla fine, quel disordine porta alla nevrosi, ovviamente: perciò ci sono tutti gli specialisti della società moderna, gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti e così via. Ma interiormente c'è ordine? Oppure c'è disordine? Uno può osservare questo fatto? E cosa avviene quando uno osserva senza scegliere... cioè senza distorsioni? Dove c'è disordine, deve esserci conflitto. Dove c'è ordine assoluto, non c'è conflitto. E c'è un ordine assoluto, non relativo. Ciò può avvenire in modo naturale e facile, senza conflitto, solo quando uno è consapevole di se stesso quale coscienza, consapevole della confusione, del tumulto, delle contraddizioni, osservando esteriormente senza distorsione. Allora da questo deriva naturalmente, dolcemente, facilmente, un ordine irrevocabile.

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Se doveste incontrare un muro davanti,cosa fate,provate a scavalcarlo,oppure la prendete alla larga per aggirare l'ostacolo?

Io dipende dalle circostanze,se vado di fretta tranquillamente lo scavalco,se invece o un po di tempo la prendo alla larga!

Ovviamente la mia domanda è in senso più ampio del discorso......

E se si avesse a disposizione un BULLDOZER,lo usereste?......sempre inteso metaforicamente.......di solito il

BULLDOZER che è in noi può essere travolgente,devastante.....con conseguenze???????

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E se si avesse a disposizione un BULLDOZER,lo usereste?......sempre inteso metaforicamente.......di solito il

BULLDOZER che è in noi può essere travolgente,devastante.....con conseguenze???????

amico...

il buldozer metaforicamente è il mezzo che spacca il muro fregandosene del muro...ma il muro è parte di noi, è una nostra proiezioni.....il muro non è l'oggeto del problema ma è renderlo un problema....

ogni problema personale, va risolto guardando il quadro generale della propria vita....."il quadro generale"....la tua via,,,,,puoi svoltare, ma devi percorrerla e i muri ti seguiranno in ogni direzione se tu....non decidi di sederti li e guardarli per quello che sono....

tutto è superabile....basta volerlo.

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amico...

il buldozer metaforicamente è il mezzo che spacca il muro fregandosene del muro...ma il muro è parte di noi, è una nostra proiezioni.....il muro non è l'oggeto del problema ma è renderlo un problema....

ogni problema personale, va risolto guardando il quadro generale della propria vita....."il quadro generale"....la tua via,,,,,puoi svoltare, ma devi percorrerla e i muri ti seguiranno in ogni direzione se tu....non decidi di sederti li e guardarli per quello che sono....

tutto è superabile....basta volerlo.

Eh fregandosene del muro.....i muri ti seguiranno.....non decidi di sederti.......tutto è superabile......basta volerlo......vedi GIOIA nella vita o preso tanti di quei xxxx NEL CULO che adesso sai come c'è l'ho bello sodo.....non ho mai avuto paura di niente,solo che prima non ero CONSAPEVOLE.....adesso che la CONSAPEVOLEZZA me la sono guadagnata a suon di caz.....il problema e che gli altri ti vedono differente non stanno al passo......ma la mia non e differenza è solo presa di posizione nei miei confronti......vedi io gioco sempre a voler fare psi....ma in questo caso siccome io studio tanto questa materia e tutti unanimi i grandi psi sono concordi,devi fare quello che senti,quello che provi......ROGERS,PERLS,chi fa COUNSELLING,chi FA LA GESTALT ,chi fa la PNL,vedi io tutte queste materie le studio da anni ,ed adesso le o assimilate così bene che paradossalemente è diventato un problema.

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tutte queste materie le studio da anni ,ed adesso le o assimilate così bene che paradossalemente è diventato un problema.

perchè secondo te?

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perchè secondo te?

eheheheheh.....poi ti spiego.

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Eh fregandosene del muro.....i muri ti seguiranno.....non decidi di sederti.......tutto è superabile......basta volerlo......vedi GIOIA nella vita o preso tanti di quei xxxx NEL CULO che adesso sai come c'è l'ho bello sodo.....non ho mai avuto paura di niente,solo che prima non ero CONSAPEVOLE.....adesso che la CONSAPEVOLEZZA me la sono guadagnata a suon di caz....

Considerazione pomeridiana: il muro va tenuto dietro... -_-

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Considerazione pomeridiana: il muro va tenuto dietro... :D:

Oppure premunirsi di ungento -_-

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Oltre l' anatomia ....A proposito di muri piccola frase del mio maestro buddista:"Quandi si incontra un muro ..invece del come superarlo serve di piu pensare che al di là ci dev essere una distesa meravigliosa"

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Oltre l' anatomia ....A proposito di muri piccola frase del mio maestro buddista:"Quandi si incontra un muro ..invece del come superarlo serve di piu pensare che al di là ci dev essere una distesa meravigliosa"

infatti di solito non sbaglia.....e aggiungo...vista la distesa, ti accorgi che il muro era una porta!

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..c'è anche un muro che sta messo lì aspettando che qualcuno abbia la forza di distruggerlo.. perché non era il posto dove quel muro poteva ancora restare... stile muro di Berlino insomma.. :abbr:

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