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il bisogno di contatto allontana


Dalianera

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Ciao a tutti,

ogni tanto ricompaio, quando ho l'ansia che cresce e i dubbi che prendono il sopravvento uslla razionalità. Mi sento una colla appiccicosa che qualsiasi ragazzo eviterebbe di frequentare. Il mio ragazzo sta iniziando a staccarsi e ha ragione, sono ansiosa! Ma il fatto di rendermi conto di essere così, non mi aiuta a stare tranquilla. Non riesco a dargli al possibilità di chiamarmi, lo devo sempre fare io. Se non lo sento entro una certa ora, vado in panico ed inizio a pensare che non mi voglia sentire. Devo sentire che c'è, ma perchè?? Io so che c'è. Razionalmente... siamo usciti domenica sera è stato carino mi ha anche regalato una rosa! Alla mia domanda chiara "vuoi ancora stare con me" la risposta è stat "si". Ma allora dov'è il problema? Perché quando arrivano le 8 di sera reagisco come se mi mancasse l'aria?? Perché non sono capace di accettare che non riesce a chiamarmi per qualche motivo? Mi ha detto che finché farò così l'ultima cosa che avrà voglia di fare è di chiamarmi e che sembra che lo faccio sentire una merda se non risponde al telefono. Ma cos'ho??? Mi sto autostressando da sola! Mi ha preso una paura folle... Sono un'idiota! :Nail Biting::ph34r:

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Cara,

purtroppo il tuo disturbo ansioso io lo conosco molto bene. Vivo col terrore che il mio uomo possa dimenticarsi di chiamarmi, se non ricevo il messaggino alla tot ora entro in panico e se un motivo mi scrive che non può chiamare mi immagino di tutto, innanzit tutto che si stia stancando di me.

Questo disturbo l'ho avuto sin da bambina, quando ho cominciato ad andare a scuola a 4 anni e mezzo, avevo il terrore che i miei genitori si dineticassero di venirmi a prendere, vivevo la chiamata al microfono da parte dei genitori come un incubo finché non arrivava il mio nome.

Questa cosa mi dava una tale angoscia che per molti mesi a metà mattinata dicevo di sentirmi poco bene e chiamavo mia mamma per farmi venire a prendere da scuola, questo epr essere sicura che non si dimenticassero di me.

Ho sempre pensato che alla base ci sia una sindrome da abbandono, che però non saprei spiegare visto che sono figlia unica, con dei genitori che soprattutto quando ero molto piccola si sono sempre molto dedicati a me.

Quest'ansia, questa paura che qualcuno possa dimenticarsi di me la vivo ancora oggi, che ho 39 anni, è una cosa che purtroppo mi ha molto nuociuto nei rapporti di coppia perchè alla fine stanchi l'altro, anche se crescendo impari a dominare questo impulso, in fondo in fondo rimane l'insicurezza che l'altro possa dimenticarti.

Ho deciso che andrò in analisi per venire a capo di quest cosa, che mi rende insicura, fragile anche se nella vita sono una persona forte e determinata, lo sono sempre stat negli studi e nel lavoro, ma nella coppia sono totalmente in balia di quest'ansia. Da qualche giorno prendo un ansiolotico che devo dire mi sta dando una mano quanto meno a controlare gli impulsi, a saper aspettare.....

Staremo a vedere, nel frattempo il mio uomo forse mi sta lasciando, forse con questi comportamenti l'ho indotto a spegnere i suoi sentimenti verso di me.

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Ciao Dalianera, ciao mjuana. Nella versione maschile, sento di avere pure io questo problema. La soluzione che adotto è quella di essere il più discreto possibile per non essere ossessivo, con il risultato di accumulare tutto quello che ho dentro, e fare richieste improvvise e difficili da comprendere per una ragazza. Sono single, e ciò è dovuto anche a questa ansia di perdita della persona da un momento all'altro....tutto questo è estremamente pesante, ci sto lavorando con un analista.

Come dici tu, mjuana, nonostante l'impulso possa essere dominato, il senso di ansia, separazione, rimane.

Penso però che se il tuo partner ti vuole bene (mi rivolgo anche a Dalianera), può capire il problema se cerchi di spiegarglielo, facendogli soprattutto capire che stai lavorando su te stessa. Se poi comunque il problema lo riesci a gestire, può essere che il tuo ragazzo non ne riceva un peso.

Il problema è tuo, ma una coppia è fatta comunque di due persone, e se lui ti vuole realmente bene, crederà nella possibilità di un cambiamento, anche con tutte le difficoltà che ci sono, o sapendo che ne sei consapevole, saprà comprenderti.

smus

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ciao, anch'io tendo a fare così..ora però, cerco di controllarmi dandomi dei limiti, prefissandomi degli obiettivi. per esempio se mando un sms aspetto la risposta invece di mandarne altri tre o dieci. aspetto tenedomi occupata tanto occupata e anche se all'inizio e tutt'ora a volte faccio un pò fatica perchè guardo il tel ogni due minuti, vedo che alla fine è meglio e mi sento più rilassata. purtroppo sto imparando dai miei errori e non potrò più rimediare ma chi come voi è in tempo provi perchè ne vale la pena.

In bocca al lupo

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La gestione della separazione, secondo me dipende dalle modalità con cui abbiamo vissuto l'abbandono in eta infantile...

Un bambino ha bisogno della mamma per sopravvivere e riconoscere una relazione di dipendenza, ma ha anche bisogno di sviluppare la sua capacità narcisistica di non sentirsi abbandonato se la mamma esce dal suo campo visivo.

Nel momento in cui la mamma esce dal campo visivo il bambino pensa che la mamma non esista più (l'onnipotenza infantile), il bimbo guidato dall'istinto di sopravvivenza inizia a piangere. A questo punto se la mamma tornasse immediatamente nel bambino si confermerebbe l'idea di essere onnipotente( cioè che sia lui a far apparire e sparire la mamma), di poter quindi gestire la posizione nello spazio delle persone con cui si relaziona. L'altro caso la mamma non torna più il bimbo si sente abbandonato e da quel momento in poi vivrà le relazioni in maniera anaffettiva. Dulcis in fundo la mamma torna in un tempo utile affinche il bimbo comprenda che non è lui a gestire i suoi movimenti nello spazio, ma che la mamma torna da lui perchè con lui ha un legame affettivo.

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Io non sono d'accordo con l'idea di fare collegamenti precisi tra espetrienza passata e vita presente. Pur rispettando questo filone di pensiero ricollegabile ad una psicoanalisi deterministica di tipo freudiano, molto in voga fino agli anni '50. Preferisco pensare che ogni esperienza vada a costruire una rete, una polisemia di significati, che influiscono in vario modo nella costruzione della personalità, pur restituendo valore ad esperienze traumatiche passate. In gestalt si direbbe che questo genere di problemi sono causati dalla incapacità di sorreggersi da soli, con le proprie gambe. Cioè si ha bisogno di essere sorretti dall'esterno. Una tematica piuttosto complessa che quando affrontata in terapia di gruppo o individuale porta sempre ad un ampio ventaglio di esperienze, vissuti, emozioni, che tutti insieme hanno contribuito a costruire il sintomo.

Un Saluto

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Io non sono d'accordo con l'idea di fare collegamenti precisi tra espetrienza passata e vita presente. Pur rispettando questo filone di pensiero ricollegabile ad una psicoanalisi deterministica di tipo freudiano, molto in voga fino agli anni '50. Preferisco pensare che ogni esperienza vada a costruire una rete, una polisemia di significati, che influiscono in vario modo nella costruzione della personalità, pur restituendo valore ad esperienze traumatiche passate. In gestalt si direbbe che questo genere di problemi sono causati dalla incapacità di sorreggersi da soli, con le proprie gambe. Cioè si ha bisogno di essere sorretti dall'esterno. Una tematica piuttosto complessa che quando affrontata in terapia di gruppo o individuale porta sempre ad un ampio ventaglio di esperienze, vissuti, emozioni, che tutti insieme hanno contribuito a costruire il sintomo.

Un Saluto

Certo, la connotazione delle personalità non si basa solamente su un evento, ritengo anche poco utile appoggiarsi ad un passato traumatico per giustificare il presente ad interim.

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purtroppo sto imparando dai miei errori e non potrò più rimediare ma chi come voi è in tempo provi perchè ne vale la pena.

Mi dispiace molto, capisco cosa significhi perdere il proprio partner in questo modo. Spero, e ti auguro tanto di vivere a pieno un giorno ciò che hai perduto, con la stessa o con un'altra persona. In bocca al lupo anche a te.

Nella mia esperienza mi sono più volte ripetuto negli stessi errori: non basta esserne cosciente, anche se è un presupposto fondamentale, oltre però secondo me all'amore da parte del partner.

Questa ansia di perdita, di allontanamento, o ci impedisce di esprimere il nostro amore, o porta a esplicarlo in modo ossessivo, non digeribile per il/la partner, o comunque rischia veramente di chiudere a malo modo il rapporto, ed esserne coscienti fa molto male.

Penso comunque a chi, avendo questo o problemi simili, non ne è minimamente cosciente: ciò mi fa molta rabbia e non so perchè. Forse perchè capita che il partner non faccia differenza se tu ne sia cosciente o meno, ma forse questo è anche legato al fatto che non è probabilmente la persona giusta, la quale invece anche se il rapporto si interrompe, potrebbe comunque credere nelle possibilità di un miglioramento, anche se ci vuole tempo, anni. Comunque prima di tutto bisogna essere per primi noi ad essere fiduciosi nella nostra capacità di migliorare. Se dipendesse da quel che pensa l'altro, e a me è successo anche questo, non varrebbe la pena affannarsi tanto.

Penso anche che quando il rapporto deve ancora cominciare, questa ansia di perdita rischia anche di impedire la conoscenza del partner.

C'è rimedio: e la gratificazione è quasi inesprimibile.

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Penso anche che quando il rapporto deve ancora cominciare, questa ansia di perdita rischia anche di impedire la conoscenza del partner.

Salve a tutti.

I miei amici mi descrivono come "quella che dice di no a pescindere" e, quindi, mi sento almeno in parte coinvolta in questa discussione. Non tanto nell'ansia di sentire costantemente vicino l'altro nella vita di coppia, quanto nell'attivazione di una sorta di meccanismo di difesa che mi fa preferire non espormi troppo (e non legarmi) per non soffrire a causa del (prevedibile) allontanamento. Non posso dire che questo meccanismo mi sia connaturato, perché nelle mie passate relazioni non ho mai manifestato questa ansia. A me è successo tutto insieme (almeno così mi è sembrato): un po' la fine di una relazione importate (finita con un abbandono inaspettato), un po' il super-lavoro, un po' la precarietà e ho cominciato ad avere crisi di ansia (e panico). Per tre anni me ne sono stata nel mio limbo, sospesa nella mia semi-solitudine (tanti amici, tanti rapporti, ma nessun vero legame), fino a che sono implosa. Mi sono recata dal mio attuale terapeuta e, per la prima volta, ho attuato con lui (proprio con lui: la persona più sbagliata!) il meccanismo che avete descritto. Quasi non riesco più a parlargli liberamente dei miei problemi tanta è la preoccupazione che interrompa la terapia trovandomi troppo "pesante" e giudicandomi una "palla al piede". Interpreto tutto male, come segno di disattenzione, e sto aggiungendo un ulteriore problema a quelli che già avevo.

Tendenzialmente, penso che un ruolo importante in queste dinamiche sia la fiducia: avere il coraggio (e la sicurezza in noi stessi, nella possibilità di farcela anche da soli) di vivere le relazioni non in un continuo commiato per quello che potrebbe succedere quando finiranno, ma per quello che sono adesso. Io avevo fiducia (sebbene mal riposta) nel mio compagno, e non mi passava neppure per la testa che una sua mancata telefonata potesse significare che non tenesse a me. Probabilmente sono stata un'ingenua. E forse ora ne sto pagando le conseguenze. Ma penso che se un rapporto funziona veramente questi problemi non possano mettergli fine. La richiesta continua di conferme logora l'altro, certo, ed è importante riuscire a moderarsi: ma appoggiarsi ai palmi del nostro compagno/compagna penso sia anche un buon antidoto per guarire. Se il rapporto funziona davvero, chiedere aiuto e appurare di non essere abbandonati a causa di un nostro malessere penso potrebbe essere la sua cura.

Non so, su questa cosa ho ancora molto da mettere a fuoco, ma penso che colpevolizzarsi per il disagio che si sente serva solo a farlo aumentare. E' importante esserne coscienti, ma non autofustigarsi e stare sempre lì (per esempio) a chiedere scusa per come siamo. Dovremmo cercare di avere la forza di fermarci e dire che noi siamo così, in questo momento, e che abbiamo bisogno di aiuto. Decidendo di affrontare anche la possibilità che questo non ci sia dato. Parlo per me, naturalmente...e spero che l'aiuto di cui ho bisogno non mi sia negato, naturalmente!

In bocca al lupo!

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Non so, su questa cosa ho ancora molto da mettere a fuoco, ma penso che colpevolizzarsi per il disagio che si sente serva solo a farlo aumentare. E' importante esserne coscienti, ma non autofustigarsi e stare sempre lì (per esempio) a chiedere scusa per come siamo. Dovremmo cercare di avere la forza di fermarci e dire che noi siamo così, in questo momento, e che abbiamo bisogno di aiuto.

In bocca al lupo!

Sono molto interessanti le cose che scrivi.

buona notte.

una curiosità: ho esplicitato al mio terapeuta quanto mi sentissi verso di lui una palla al piede, noioso ecc...ha fatto di tutto per dissuadermi, passando a esclamazioni di estreme stima e fiducia....a volte si creano situazioni abbastanza comiche, mi viene da pensare che si arrampichi un pò come può... ma questo alla fine mi fa un pò sorridere, comunque per ora procede...

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Sono molto interessanti le cose che scrivi.

buona notte.

una curiosità: ho esplicitato al mio terapeuta quanto mi sentissi verso di lui una palla al piede, noioso ecc...ha fatto di tutto per dissuadermi, passando a esclamazioni di estreme stima e fiducia....a volte si creano situazioni abbastanza comiche, mi viene da pensare che si arrampichi un pò come può... ma questo alla fine mi fa un pò sorridere, comunque per ora procede...

Immagino il tuo psi che ti dichiara somma stima! In effetti, anche il mio, quando mi lamentavo (noiosamente) di essere noiosa, mi ha rassicurato sul fatto che non lo fossi. Tuttavia anche io sono un po' scettica: penso che il suo sia un estremo tentativo di mettermi a mio agio e di non farmi sentire giudicata (e meno male che è uno psicoterapeuta: se fosse un mio amico mi avrebbe già strozzata :rolleyes: ). Ma poi penso (sempre perchè sono anisiosa e molto recettiva alle critiche ma assolutamente impermeabile ai giudizi positivi): cosa penserà DAVVERO di me?

Tutto ciò è tragicomico, è vero. Ma per me è insopportabile essere così tanto in balìa di un altro essere umano.

Intanto continuiamo a fatica a capirci qualcosa (vivere stanca... :D: )

Buona domenica!

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Intanto continuiamo a fatica a capirci qualcosa (vivere stanca... :rolleyes: )

Buona domenica!

Anche a te, buona domenica :D:!

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Intanto continuiamo a fatica a capirci qualcosa (vivere stanca... :rolleyes: )

Buona domenica!

Anche a te, buona domenica :D:!

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Intanto continuiamo a fatica a capirci qualcosa (vivere stanca... :rolleyes: )

Buona domenica!

Anche a te, buona domenica :D:!

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Ciao Margherita, a parte il triplo commiato che, per quanto inconveniente da inceppamento del pc, ha dato luogo a una particolare successione di sbadigli... ritorno sul discorso che hai fatto, per quanto sia difficile mettere a fuoco le cose, ma l'ho trovato condivisibile, anch'io con i miei dubbi d'accordo...

Si può forse arrivare a un punto in cui è possibile chiedere al partner un aiuto, e allora il punto sta per esempio nel come glie lo si chiede, o in cosa significa propriamente aiutare, o nel fatto di essere in grado eventualmente di rinunciare a ciò di cui si ha bisogno, perchè con il tuo peso ci sai convivere, sai stare con te stessa, sperando comunque che il supporto arrivi, perchè la richiesta è, diciamo, legittima. Inoltre il punto sta nel fatto che il partner sia la persona giusta e abbia le tue stesse aspettative, fiducia ecc...

D'altronde mi pare di capire che al momento non ti si stiano presentando, come del resto succede a me, alternative allo psicologo per condividere qualcosa che ci faccia migliorare.

Ho di recente conosciuto una ragazza a cui sono interessato e che mi ha fatto un discorso analogo al tuo: vedremo...faccio i miei più cari auguri anche a te.

Forse, e ben venga se la terapia può servire in tal senso, si può vivere il rapporto con una coscienza per cui il rapporto può funzionare, e del resto, se il problema comunque te lo porti appresso, negarlo o scansarlo ogni volta, non facilita le cose, nemmeno per ottenere l'aiuto, perchè no, che in un modo o in un altro il partner ti può fornire.

Non ho meno dubbi di quanti ne abbia tu su questo problema, ma è possibile che facendo tesoro delle esperienze, con un lavoro di analisi, e con una persona veramente interessata a te, si possa venirne fuori...senza scusarti per quello che sei, sapendosi fermare come dici tu e dicendo che in questo momento sei così e hai bisogno di aiuto.

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D'altronde mi pare di capire che al momento non ti si stiano presentando, come del resto succede a me, alternative allo psicologo per condividere qualcosa che ci faccia migliorare.

Ho di recente conosciuto una ragazza a cui sono interessato e che mi ha fatto un discorso analogo al tuo: vedremo...faccio i miei più cari auguri anche a te.

Ecco, forse siamo vicini al punto. Negli ultimi tre anni sono stata ben lontana dal rischiare di legarmi nel timore di soffrire. Le occasioni ci sono state, ma sono scappata a gambe levate. Sicuramente non ho sofferto il "classico" dolore da abbandono (che ormai ritengo inevitabile in qualunque rapporto) ma mi sono impregnata di una sofferenza che sembrava più sottile, ma alla fine è stata più devastante. Anche in conseguenza di ciò, in questi ultimi mesi, ho concentrato sul mio psi tutte le ansie "arretrate", vivendo il rapporto in manieraassolutabente sbagliata: è come se lo considerassi un compagno cui chiedere conferme e non un medico che sta lì per curarmi. Tutto ciò mi fa sentire inadeguata, perchè so che non dovrei provare questi sentimenti. Li reprimo, non ne parlo con lui l'effetto è che stanno diventando sempre più forti. Di conseguenza, spero di avere il coraggio di parlargliene, finalmente, all'inizio di settembre.

Mi sembra che il punto comune è che ci sentiamo così inadeguati da vivere i rapporti come se, ogni giorno, stessero per finire, col risultato di "stancare" l'altro, dandogli troppa responsabilità. L'atteggiamento più giusto sarebbe lasciarsi andare nella certezza che sopravvivremo anche senza supporto (del compagno, dello psicologo, etc.). Ma questo richiede un'autostima, un coraggio e una coscienza delle proprie potenzialità che forse non abbiao (ancora) raggiunto. E' una questione di punti di riferimento: quanto più grande è la nostra coscienza di esserlo per noi stessi tanto più siamo forti e più "attraiamo" nella nostra "sfera di influenza" gli altri, perchè essere sicuri dà un fascino diverso. E' innegabile.

A volte penso alle cose peggiori che mi sono successe e mi dico: nonstante tutto sono sopravvissuta. Ce la posso fare ancora.

Scusate, stiamo monopolizzando questo topic!

P.S. Sei in cura da uno psicologo o da una psicologa? Qualche tipo di transfert? Se sì, perchè non fai un giro anche nell'altro topic?

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P.S. Sei in cura da uno psicologo o da una psicologa? Qualche tipo di transfert? Se sì, perchè non fai un giro anche nell'altro topic?

Sono in cura da uno psicologo: avevo molte resistenze ad andare da una psicologa: parlare un pò anche di questo potrebbe essermi utile.

Il topic mi pare sia "E se ci si innamora dello psicologo?", giusto?

Anche da parte mia, scusate se abbiamo monopolizzato questo.

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Aver paura d'innamorarsi troppo

non disarmarsi per non sciupare tutto

non dire niente per non tradir la mente

è un leggero dolore che però io non so più sopportare.

Non farsi vivo e non telefonare

parlar di tutto per non parlar d'amore

cercar di farsi un po' desiderare è proprio un vero dolore

Abbandonarsi senza più timori senza fede nei falliti amori

e non studiarsi ubriacarsi di fiducia

per uscirne finalmente fuori

Aver paura di confessare tutto

per il pudore d'innamorarsi troppo

finger che anch'io le altre donne vedo

è un leggero dolor temere di mostrarsi interamente nudo

e soffocare la sana gelosia

e controllarsi non dirti che sei mia

voler restare e invece andare via è proprio un vero dolore

Abbandonarsi senza più timori senza fede nei falliti amori

e non studiarsi ubriacarsi di fiducia

per uscirne finalmente fuori

Lucio Battisti

Album: Una Donna Per Amico

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