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Pensare al passato fa male...


Ste

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Ma esistono infinite forme di pensiero... la libertà di pensiero consiste anche nel non vincolarsi alla convinzione che

ce ne debba essere per forza una più giusta delle altre in assoluto. Il pensiero libero va indietro e avanti, in su e in

giù, dentro e fuori. Poi chiaro che se uno parte dalla convinzione che c'è il fiore azzurro in qualche posto particolare,

poi cercherà di andare in quella direzione... nel tuo caso nella direzione dell'introspezione, in altri casi magari la

direzione è un'altra. Nulla c'è di male, in questo: scegliere una direzione e seguirla con tenacia per perseguire le

proprie ambizioni e per raggiungere la meta che ci si prefigge, non è certo sintomo di mancanza di libertà... anzi

è proprio uno spirito da uomini liberi (i pionieri, i grandi esploratori, hanno sempre fatto così!). Semmai potrebbe

essere sintomo di mancanza di libertà il non poterlo fare perché spinti o ostacolati in modo da andare solo in

direzioni scelte da altri, oppure lo spingere e ostacolare per fare andare gli altri nella sola direzione scelta da noi

(cioè, appunto, quando una direzione diventa "giusta" in assoluto).

concordo in pieno con questa affermazione.... :im Not Worthy:

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Il pensiero è sempre presente. Preso dal passato può essere al massimo qualche ingrediente del pensiero.

senza memoria non puoi pensare se non ....... ad andare da un bravo medico e sperare che la cosa sia curabile.

Poco tempo fa è morto l'uomo senza memoria, cioè un signore che aveva questa disfunzione che... beh... ne parla qui:

http://www.corriere.it/salute/08_dicembre_...44f02aabc.shtml

Per certi versi sarà sicuramente un vantaggio, ma...

attenzione....non avere memoria implica non poter parlare....

tu parli di memorie parziali senza alcun ricordo...

tornando al pensiero....

allora il pensiero come fatto del pensare è presente, tutto cio che esiste è solo adesso sempre e comunque ....

la cosa pensata è sempre passato, modificati ma sempre passato...il pensiero è chiuso nei limiti del conosciuto , io lo definisco meglio come un suo movimento.....non può mai guardare il nuovo, l'inconosciuto....

solo la tecnica e i fatti tecnici sono migliorabili e possibili di scoperte....ma pensare è proprio tipico del passato...

posso applicare una legge fisica ad un macchinario creandone uno nuovo, ma è di questo che stiamo parlando....

pensare al nuovo implica pensare ad una cosa che ancora non è accaduta dunque è impossibile.....

quando immaginiamo trasformiamo un'immagine vecchia secondo gusti e condizionamenti....

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Certo, il pensiero non può essere che "presente", noi viviamo il presente attimo per attimo, ma COS'E' questo "presente"? Da cosa è costituito? Comunque da esperienze e vissuto del passato. Che è solo nostro, ed è quello che ci contraddistingue dagli altri. O meglio, rappresenta la nostra INTERPRETAZIONE del passato...

Beh, no... cioè, è vero che rappresenta un'interpretazione della realtà, ma non in maniera assoluta, a meno appunto che non sia

completamente disancorato dalla realtà. Per capirsi, se io penso che il bicchiere era mezzo pieno e tu che era mezzo vuoto, i due

i pensieri contengono un'interpretazione diversa dello stesso ricordo, ma anche il ricordo stesso della realtà, che non è diverso nei

due casi: il ricordo è un bicchiere contenente un liquido in quantità pari alla metà del volume, e aria in altrettanta quantità.

Ora, può anche darsi che quel ricordo non corrisponda alla realtà, ma a come io e te ci siamo in qualche modo accordati su di essa,

mentre magari il bicchiere nel passato nemmeno esisteva. Il pensiero quindi non ci contraddistingue ma ci unisce... abbiamo escluso

il passato e l'abbiamo sostituito con un accordo presente apposta per questo. Ora se vuoi possiamo trasporre la cosa in politica...

Se io penso ADESSO che c'è da aver paura per un colloquio di lavoro, è perché nel PASSATO mio padre mi ha castrato psicologicamente facendomi sentire un incapace...(pura verità per quanto mi riguarda).

Se pensi *adesso* che c'è da aver paura di un colloquio di lavoro, non hai bisogno di dare la colpa a papà perché adesso come adesso

i colloqui di lavoro sono delle vere e proprie aggressioni... il motivo è abbastanza semplice e piuttosto oggettivo: la tavola è vuota, tu

sei un aspirante commensale e chi ti fa il colloquio è uno che aspira a rimanere a tavola. Se tuo padre t'ha castrato psicologicamente,

hai meno motivi di temere un colloquio di lavoro *adesso*, perché è una condizione che tranquillizza la maggior parte dei selezionatori.

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Ma esistono infinite forme di pensiero... la libertà di pensiero consiste anche nel non vincolarsi alla convinzione che

ce ne debba essere per forza una più giusta delle altre in assoluto. Il pensiero libero va indietro e avanti, in su e in

giù, dentro e fuori. Poi chiaro che se uno parte dalla convinzione che c'è il fiore azzurro in qualche posto particolare,

poi cercherà di andare in quella direzione... nel tuo caso nella direzione dell'introspezione, in altri casi magari la

direzione è un'altra. Nulla c'è di male, in questo: scegliere una direzione e seguirla con tenacia per perseguire le

proprie ambizioni e per raggiungere la meta che ci si prefigge, non è certo sintomo di mancanza di libertà... anzi

è proprio uno spirito da uomini liberi (i pionieri, i grandi esploratori, hanno sempre fatto così!). Semmai potrebbe

essere sintomo di mancanza di libertà il non poterlo fare perché spinti o ostacolati in modo da andare solo in

direzioni scelte da altri, oppure lo spingere e ostacolare per fare andare gli altri nella sola direzione scelta da noi

(cioè, appunto, quando una direzione diventa "giusta" in assoluto).

allora , parto dal presupposto che non comprendo il termine "giusto" sia in assoluto che in parzialità....

voler inseguire uno scopo per un qualsiasi motivo è libertà??? qui non concordo,,,perchè sono condizionato e non libero dall'obbiettivo stesso

che mi obbliga a perseguirlo.....

per me libero è colui che ovunque sta e qualunque cosa fa la fa appieno senza voler essere altrove....

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Certo, il pensiero non può essere che "presente", noi viviamo il presente attimo per attimo, ma COS'E' questo "presente"? Da cosa è costituito? Comunque da esperienze e vissuto del passato. Che è solo nostro, ed è quello che ci contraddistingue dagli altri. O meglio, rappresenta la nostra INTERPRETAZIONE del passato...Se io penso ADESSO che c'è da aver paura per un colloquio di lavoro, è perché nel PASSATO mio padre mi ha castrato psicologicamente facendomi sentire un incapace...(pura verità per quanto mi riguarda).

è tutto cio che esiste...il problema è come rendercene conto....

bhè il pensare è distrarsi da tutto cio....

il pensiero è sempre condizionato....sempre....

accantonarlo comprendendone la falsità sia come pensiero e soprattutto mascherare la falsità del pensatore...

senza scopi, senza mete, senza malinconie.......fermo : ecco il presente! ma non posso vederlo per te.... :icon_surprised:

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Beh, no... cioè, è vero che rappresenta un'interpretazione della realtà, ma non in maniera assoluta, a meno appunto che non sia

completamente disancorato dalla realtà. Per capirsi, se io penso che il bicchiere era mezzo pieno e tu che era mezzo vuoto, i due

i pensieri contengono un'interpretazione diversa dello stesso ricordo, ma anche il ricordo stesso della realtà, che non è diverso nei

due casi: il ricordo è un bicchiere contenente un liquido in quantità pari alla metà del volume, e aria in altrettanta quantità.

Ora, può anche darsi che quel ricordo non corrisponda alla realtà, ma a come io e te ci siamo in qualche modo accordati su di essa,

mentre magari il bicchiere nel passato nemmeno esisteva. Il pensiero quindi non ci contraddistingue ma ci unisce... abbiamo escluso

il passato e l'abbiamo sostituito con un accordo presente apposta per questo. Ora se vuoi possiamo trasporre la cosa in politica...

Se pensi *adesso* che c'è da aver paura di un colloquio di lavoro, non hai bisogno di dare la colpa a papà perché adesso come adesso

i colloqui di lavoro sono delle vere e proprie aggressioni... il motivo è abbastanza semplice e piuttosto oggettivo: la tavola è vuota, tu

sei un aspirante commensale e chi ti fa il colloquio è uno che aspira a rimanere a tavola. Se tuo padre t'ha castrato psicologicamente,

hai meno motivi di temere un colloquio di lavoro *adesso*, perché è una condizione che tranquillizza la maggior parte dei selezionatori.

e se io guardo il bicchiere e non lo giudico ...lo vedo a che pro giudicarlo...se ho sete bevo.

se io lo vedo, vedo il bicchiere per quello che è ..ecco il presente...

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allora , parto dal presupposto che non comprendo il termine "giusto" sia in assoluto che in parzialità....

voler inseguire uno scopo per un qualsiasi motivo è libertà??? qui non concordo,,,perchè sono condizionato e non libero dall'obbiettivo stesso

che mi obbliga a perseguirlo.....

Beh, Mio, il tuo è un bel giro di parole per escludere la volontà con l'accusa di essere un obbligo.

per me libero è colui che ovunque sta e qualunque cosa fa la fa appieno senza voler essere altrove....

Come una statua di gesso. Ancora, anche qui c'è l'esclusione della volontà.

Mi fai venire in mente l'espulsione di Nietzsche nella partita tra crucchi e greci... :D:

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Ma il pensiero è SUL bicchiere, non è IL bicchiere pieno (o vuoto) a metà...Il pensiero è sulla cosa, non è mai LA COSA, quindi il pensiero è sempre soggettivo e non rappresenta alcuna realtà.

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Ma il pensiero è SUL bicchiere, non è IL bicchiere pieno (o vuoto) a metà...Il pensiero è sulla cosa, non è mai LA COSA, quindi il pensiero è sempre soggettivo e non rappresenta alcuna realtà.

Il pensiero è anche la cosa e raramente è soggettivo. L'esempio che ho fatto era proprio per mostrare come:

- il pensiero vincolato da troppi recinti esclude la realtà (es: non c'era alcun bicchiere) per sostituirla con altro (c'era il bicchiere).

- l'esclusione della realtà dal pensiero non è una cosa soggettiva, bensì un punto d'incontro tra me e te.. un punto d'incontro

fondamentale per dare valore ad entrambe le nostre diverse interpretazioni. Un "luogo", insomma, e non mio o tuo ma "comune".

Un luogo comune... quanto di più lontano ci sia dal soggettivo anche se lo si scambia spesso per tale perché non c'è accordo

esplicito tra le persone che lo pensano.

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Ma il pensiero è SUL bicchiere, non è IL bicchiere pieno (o vuoto) a metà...Il pensiero è sulla cosa, non è mai LA COSA, quindi il pensiero è sempre soggettivo e non rappresenta alcuna realtà.

ovvio e giusto

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Beh, Mio, il tuo è un bel giro di parole per escludere la volontà con l'accusa di essere un obbligo.

Come una statua di gesso. Ancora, anche qui c'è l'esclusione della volontà.

Mi fai venire in mente l'espulsione di Nietzsche nella partita tra crucchi e greci... :D:

la volonta che nasce dal pensiero non è libera....

la volonta che è per uno scopo non è libera....

essere libero significa che ovunque solo posso goderne.....senza dover essere altrove o ancor peggio doverci pensare....

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la volonta che nasce dal pensiero non è libera....

la volonta che è per uno scopo non è libera....

Fai prima a dire che la volontà non è libera e poi metterci un punto.

essere libero significa che ovunque solo posso goderne.....senza dover essere altrove o ancor peggio doverci pensare....

Questo più che essere libero è essere gaudente, o rassegnato (a seconda di dove sei), ma in ogni caso legato (al dove sei).

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Voglio riportare un bellissimo brano della Bhagavad Gita sull'argomento:

Quando lo yogi controlla il pensiero con la meditazione sul Sé, è simile ad una fiammella di luce che non trema in un luogo senza vento. Quando il pensiero si arresta con la meditazione; quando l'ego è veramente soddisfatto della visione del Sé; quando l'infinita Gioia che trascende i sensi viene percepita dall'intelletto; quando lo yogi si stabilisce nel Sé e non si distoglie mai dalla Realtà del Sé; quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera il tesoro più prezioso; lo stato in cui egli non viene scosso neppure dal più forte dolore.

Bhagavad Gita, 6, 19-22

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Voglio riportare un bellissimo brano della Bhagavad Gita sull'argomento:

Quando lo yogi controlla il pensiero con la meditazione sul Sé, è simile ad una fiammella di luce che non trema in un luogo senza vento. Quando il pensiero si arresta con la meditazione; quando l'ego è veramente soddisfatto della visione del Sé; quando l'infinita Gioia che trascende i sensi viene percepita dall'intelletto; quando lo yogi si stabilisce nel Sé e non si distoglie mai dalla Realtà del Sé; quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera il tesoro più prezioso; lo stato in cui egli non viene scosso neppure dal più forte dolore.

Bhagavad Gita, 6, 19-22

Lo yogi lo considera il tesoro più prezioso, ma son gusti. Io ad esempio uno stato in cui non verrei scosso

neppure dal più forte dolore lo trovo aberrante.

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riporto questo testo, spero aiuti a capire il mio punto di vista...

E' l'azione che crea l'attore. Ossia, l'attore acquisisce esistenza quando l'azione ha un risultato, un fine in vista. Se nell'azione non c'è la prospettiva di un risultato, non c'è neanche l'attore; ma se c'è un fine o risultato in vista, allora l'azione dà origine all'attore. Di conseguenza, attore, azione e fine o risultato, costituiscono un processo unitario, un unico processo che si realizza quando l'azione ha un fine in vista. L'azione volta a un risultato è volontà; altrimenti non c'è volontà, no? Il desiderio di raggiungere un fine dà origine alla volontà, che è l'attore - io voglio raggiungere un risultato, voglio scrivere dei libri, voglio essere ricco, voglio dipingere un quadro.

Questi tre stati ci sono ben noti: l'attore, l'azione e il fine. Di questo è fatta la nostra vita quotidiana. Sto semplicemente vedendo ciò che è; ma cominceremo a comprendere come trasformare ciò che è solo quando lo esamineremo con lucidità, evitando ogni illusione, pregiudizio o parzialità.

Orbene, questi tre stati che costituiscono l'esperienza - l'attore, l'azione e il fine - rappresentano indubbiamente un processo di divenire. Altrimenti non c'è divenire, non è così? Se non c'è alcun attore, e non c'è azione rivolta a un fine, non c'è divenire; e la vita così come la conosciamo, la nostra vita quotidiana, è un processo di divenire. Sono povero e agisco con un fine in vista, quello di diventare ricco. Sono brutto e voglio diventare bello.

Dunque la mia vita è un processo per diventare qualcosa. La volontà di essere è la volontà di divenire, a diversi livelli di coscienza, in diverse condizioni, in cui c'è sfida, risposta, attribuzione di un nome e registrazione. Ma questo divenire è sforzo, è sofferenza, non è così? E' una lotta costante: sono questo e voglio diventare quello.

Dunque il problema è: può esserci azione senza divenire? Può esserci azione senza sofferenza, senza questa costante battaglia? Se non c'è un fine, non c'è alcun attore, perché è l'azione con un fine in vista che crea l'attore.

Ma può esserci azione senza un fine in vista, e quindi senza un attore - ossia, senza il desiderio di un risultato? Un'azione siffatta non è un divenire e quindi non è una lotta. C'è uno stato dell'azione, uno stato dell'esperire, in cui sono assenti sia colui che esperisce, sia l'esperienza. Tutto ciò suona alquanto filosofico, ma in realtà è piuttosto semplice.

ste, turbo cosa ne pensate ?

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Più che filosofico mi sembra retorico.

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Voglio riportare un bellissimo brano della Bhagavad Gita sull'argomento:

Quando lo yogi controlla il pensiero con la meditazione sul Sé, è simile ad una fiammella di luce che non trema in un luogo senza vento. Quando il pensiero si arresta con la meditazione; quando l'ego è veramente soddisfatto della visione del Sé; quando l'infinita Gioia che trascende i sensi viene percepita dall'intelletto; quando lo yogi si stabilisce nel Sé e non si distoglie mai dalla Realtà del Sé; quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera il tesoro più prezioso; lo stato in cui egli non viene scosso neppure dal più forte dolore.

Bhagavad Gita, 6, 19-22

questi testi sono da interpretare come le parabole, ......

comunque d'accordo sull'aspetto atterrante.....

anche per un euopeo del 1700 lavarsi tutti i giorni lo era....eppure....

credo che le cose vadano vissute.....comunque confermo, paura, sconforto, orlo del precipizio, ecc...ecc... sono i primi sentori....seguiti anche da forti malesseri fisici....

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Lo yogi lo considera il tesoro più prezioso, ma son gusti. Io ad esempio uno stato in cui non verrei scosso

neppure dal più forte dolore lo trovo aberrante.

Mi autocito per aggiungere che è uno stato che è ben descritto in questo video:

Immaginatevi di vivere in un mondo dove tutti hanno raggiunto lo stadio di "yogi"... brrrr

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... (duplicato) ...

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... (duplicato) ...

questo è assurdo...

sarebbe un mondo odove tutti vivrebbero con l'unico scopo di essere, staremmo tutti molto meglio credimi...

lo yogi che vive seduto è un povero illuso...un'altro condizionato dalla volontà del suo scopo...

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cosa??

Retorico.

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questo è assurdo...

sarebbe un mondo odove tutti vivrebbero con l'unico scopo di essere, staremmo tutti molto meglio credimi...

lo yogi che vive seduto è un povero illuso...un'altro condizionato dalla volontà del suo scopo...

In un mondo dove tutti vivessero con l'unico scopo di essere saremmo tutti morti in pochi giorni.

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