La comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale comprende tutti gli eventi comunicativi personali che non siano la parola parlata o scritta, e consente di avere una visione globale per creare ipotesi sul vissuto inespresso verbalmente dal soggetto.
Per inviare in modo congruente questi segnali è importante anche sapersi muovere mentre si comunica qualcosa, dimostrando una certa padronanza dello spazio circostante.
Il non verbale sappiamo che riguarda il linguaggio del corpo: la gestualità, la mimica facciale, la postura, la prossemica, quindi la gestione del proprio corpo e del proprio spazio.
Noi ascoltiamo con tutto il corpo; gesti quali muoversi in continuazione, ammiccare, mordersi le labbra, aggrottare le sopracciglia, controllare l’orologio ecc. sono tutti segnali disturbativi che possono confondere o distrarre l’interlocutore.
Viceversa, un atteggiamento positivo ed incoraggiante, una postura ben centrata e frontale rispetto all’interlocutore, un’attenzione rilassata ecc. sono segnali che vengono interpretati positivamente dall’interlocutore.
Il corpo stesso è in grado di fornire numerose “informazioni” involontarie quali il sudore, il tremito, l’arrossire, elementi molto utili se usati come indizi per intuire alcuni stati d’animo.
Gesti quali giocare con l’anello, pizzicarsi il naso, annodarsi i capelli su un dito (tipico del sesso femminile), grattarsi la nuca o toccarsi un indumento in continuazione come ad esempio un polsino e altri comportamenti simili, sono segnali che produciamo in modo quasi automatico, senza intenzione di trasmettere alcunché.
Nelle interazioni quotidiane si tende a ignorare tutti questi movimenti o a giudicarli privi di senso.
Ciò non significa, però, che i segnali del corpo non vengano colti e non producano effetti. Il processo avviene, per lo più in modo inconsapevole.
Insomma, il corpo è un ricco “parolaio”, ma purtroppo parla una lingua che non sempre riusciamo a comprendere o invia messaggi che spesso travisiamo.
Quando “leggiamo il corpo” non dobbiamo soffermarci su un singolo gesto, lo stesso messaggio spesso riverbera in più parti del corpo. Ad esempio, l’ansia può essere manifestata in una mano contratta, in un’alterazione del respiro e nell’abbassamento del tono di voce. Tuttavia non è detto che tali segnali agiscano tutti in accordo (come nel caso descritto dell’ansia), ma contribuiscono a creare in “coro” un messaggio globale ben più complesso.
A volte un segnale non dice granché se preso singolarmente, ma assume valore se accompagnato da un’espressione facciale o da altri comportamenti: grattarsi lo zigomo ad esempio, non ha un significato preciso, ma se contemporaneamente la testa viene piegata di lato, può significare fastidio, perplessità o disappunto.
Tratto dal libro: Comunicare bene, la comunicazione come forma mentis – edizioni Psiconline. In tutte le librerie
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