Affetto
L'affetto (dal latino "adfectus", da "adficere", cioè "ad" e "facere", che significano "fare qualcosa per") è un sentimento di particolare intensità, che lega una persona a qualcuno o qualcosa.
Nell’uso comune, infatti, l'affetto riguarda anche l’inclinazione sentimentale per creature animali o vegetali e persino per particolari oggetti, soprattutto se ricollegati ad una persona cara o a dei ricordi.
In altri termini, si potrebbe definire l’affetto come uno di quegli elementi caratterizzanti il sentimento, in quanto esso permette di essere consapevoli del piacere e del dolore, che si provano in relazione all’oggetto dell’emozione. Quindi l’affetto regolerebbe non solo la semplice sensazione esperienziale, che si attiva di fronte ad uno stimolo gradevole o sgradevole, ma anche la risposta del soggetto stesso di fronte ad esso (avvicinamento/accrescimento nel primo caso, allontanamento/diminuzione nel secondo).
Alcuni dati sperimentali hanno dimostrato che particolari composti neurochimici, soprattutto le endorfine e le catecolamine cerebrali, sono responsabili dell'affetto: infatti, le stimolazioni elettriche delle vie neuronali, ricche di queste ultime sostanze, inducono gli animali a ricercare o ad evitare le stesse, mentre stimolazioni simili negli uomini provocano, rispettivamente, sentimenti di felicità e di sconforto o ansia.
Il termine nacque in psicoanalisi, per esprimere l’aspetto qualitativo della quantità di energia pulsionale, che può essere:
- Gradevole o sgradevole;
- Vago o specifico;
- A scarica violenta o a tonalità diffusa.
Infatti, è opinione comune, tra questi studiosi, che l’affetto coincida con l’emozione, in quanto consiste nel risultato della scarica emotiva stessa a livello neuronale (da qui l’assunto che la causa di alcune nevrosi, quali l’isteria, vada ricondotta proprio ad un scarica insufficiente dell’affetto stesso), ma si distingua dal sentimento, in quanto esso è la risposta corporea del soggetto all’emozione stessa.
Secondo Freud, in particolare, l’affetto è sempre legato ad una rappresentazione, perché entrambi i termini si riferiscono al modo con cui ogni pulsione si esprime. Jung, inoltre, definisce l’affetto come uno stato di sentimento, caratterizzato sia da un'innervazione corporea percettibile, sia da un'agitazione specifica del decorso rappresentativo. L'affetto deve essere distinto dal sentimento, sia perché è da quest’ultimo che partono le innervazioni corporee che lo determinano, sia perché l’affetto può essere una funzione di cui si dispone a propria volontà, cosa che non accade nell’altro. Altri autori (ad es. Bleuler), invece, hanno preferito usare il termine affetto come sinonimo di sentimento ed emozione, senza adoperare nessuna differenza tra questi.
Bibliografia:
- Enciclopedia Treccani.
- Maldonato M., Dizionario delle Scienze Psicologiche, Edizioni Simone.
- Wilhelm A, Eysenck H. J., Meili R., Dizionario di Psicologia, Edizioni Paoline.
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