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Mania di persecuzione (02092001)

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Un' amica, 34 anni (18.11.99)

Salve, vorrei chiedervi un aiuto: un carissimo amico (34 anni, vive solo, I genitori sono morti e non ha relazioni sentimentali) da circa due anni ha dei comportamenti strani. Tutto è cominciato con la fissazione di essere seriamente ammalato, dicendo di accusare sintomi verosimilmente compatibili con patologie importanti. Ciascuno di noi (siamo un gruppo di amici d'infanzia), in buona fede, ha dato la sua disponibilità (indirizzi utili, contatti con medici, etc..) perchè si facesse tutte le analisi del caso. Risultato? E' sano come un pesce eppure lui non ci crede. Anzi, crede che tutti gli nascondino "la verità", che le analisi fatte siano truccate, che le nostre conoscenze (??!!) hanno fatto sì che I medici fossero corrotti con noi nel "silenzio". Invano abbiamo cercato di farlo ragionare. Dopo vari tentativi ed inutili rassicurazioni che non hanno fatto altro che rinforzare la sua convinzione (cioè che gli nascondessimo la verità "per il suo bene"), gli abbiamo consigliato di farsi aiutare da un bravo psicologo o psichiatra, ma alla fine la sua risposta è stata che volevamo che lui andasse da un professionista affinchè, meglio di noi, potesse rivelargli la sua malattia, poi per controllarlo etc... Ha cominciato ad isolarsi, a vedere nemici e complotti ovunque (addirittura per farlo ammalare), soprattutto tra chi ha cercato di aiutarlo. Spesso fa discorsi deliranti a dimostrazione di quanto lui sostiene con una pseudo-lucidità che mi spaventa non solo per la notevole abilità associativa e creativa nel creare ponti tra fatti ed episodi assolutamente estranei tra loro e lontani nello spazio e nel tempo, ma anche perchè dimostra quanto lui creda profondamente a ciò che va ripetendo. Al momento sono tra le poche persone ad essere ancora "salvata" dalla sua incessante selezione, forse anche perchè un giorno mi sono infuriata gridandogli tutto il mio rifiuto per l'immagine che voleva cucirci addosso, la mia disponibilità a rinunciare alla nostra amicizia, se anche io dovevo diventare una nemica per lui, e il mio dolore per il suo star male che io sì riconoscevo, ma nella sua testa, non nel suo corpo. Non so se abbiamo sbagliato ad essere così solleciti nei suoi confronti: questo continuo dirci di essere ammalato ci è sempre sembrato una richiesta implicita di aiuto e ancora credo che lo sia, nonostante poi " faccia fuori "o renda impotente chiunque ci provi. Mi addolora vederlo così perso e impaurito dietro quell'immagine apparentemente sicura di sè e così profondamente solo e non posso stare qui a guardarlo impotente mentre si fa del male. E' possibile che non ci sia alcun modo per far breccia in questo suo modo distruttivo e "autistico" di percepire sè stesso e il mondo e di allungargli quella mano che, ne sono certa, almeno una parte di lui sta chiedendo?
Chiedo scusa per la lunghezza dell'esposizione Ciao amica, è paradossale come tu, e i tuoi amici, stiate convincendo qualcuno che non sta male (fisicamente) ma vi preoccupate per lui perchè sta male (psichicamente). Affermi e neghi allo stesso tempo.
Questo è un messaggio che confonde il tuo amico. Forse dovreste lasciarlo girovagare per i medici fin quando troverà qualcuno che gli dirà ciò che lui ha bisogno di sentirsi dire. Chissà? D'altra parte è impossibile curare qualcuno che non vuole farsi curare. Accettalo quando senti di essere forte, emotivamente, abbastanza per farlo e arrabbiati quando senti che è il momento per farlo. Se senti che la tensione che lui ti provoca diventa insopportabile, parlane con qualche esperto nel quale hai fiducia.

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