Panico (146612)
Elena 42
Salve, mi chiamo Elena e ho 42 anni. VI espongo la mia situazione: il mio compagno è all'estero, dove lavora già, dovrei raggiungerlo a breve. Premetto che questa decisione è stata concertata insieme, ma ora sono nel panico più totale. Devo lasciare il mio lavoro e tentar fortuna anch'io visto che precedenti impegni economici non mi permettono di rimanere senza lavoro. Sono in una situazione di stallo. Non ho il coraggio di dire al mio compagno che non me la sento più, non ho il coraggio di prendere la decisione e via. Fantastico sulla possibilità che un grave impedimento, una grave malattia possa sopraggiungere ad impedire che io faccia il passo. Non riesco più a dormire, continuo a cercare conferme da chiunque sulle effettive possibilità di trovare un lavoro, continuo a pensare a me in terra straniera senza aiuto di nessuno e senza alcuna possibilità. La mia famiglia di origine è contraria e non fa che riempirmi di angosce che non fanno che peggiorare il quadro. Non posso parlarne con nessuno, mi vergogno delle mie paure e della mia situazione per la quale non posso non lavorare. Non voglio più stare così male, non so come uscirne. Sono stata in psicoterapia dal 2005 al 2007 per una depressione ma mi sembra di essere tornata indietro. E' come se sentissi che sto per perdere il controllo di me stessa e che i miei nervi stiano cedendo alla pressione della mia angoscia continua. Ma comunque, non so cosa fare e rimando ogni decsione o azione da una parte o dall'altra, nascondendo la mia condizione di panico.
Salve Elena, l'impressione che ho avuto leggendo la sua mail è stata di una persona che non si preoccupa tanto di valutare se e quanto un'esperienza come questa, nel corso della propria vita, sia attraente o meno. Ma che la scelta non sia imputabile a lei, cioè che lei possa evitare di rendere scontento il suo ragazzo o la sua famiglia. Una malattia sarebbe ideale, poichè le permetterebbe di restare dov'è senza assumersi alcuna responsabilità diretta verso gli altri. Ma non mette nel paniere la responsabilità diretta verso se stessa e la propria vita. Inoltre parla come se non potesse permettersi di essere indecisa o provare timore, essere preoccupata. Come se le cose dovessero scorrere lisce. Ma come potrebbero farlo in un momento come questo? Non crede che sarebbe piuttosto superficiale da parte sua prendere una decisione come questa con assoluta calma e tranquillità? Che resti o che se ne vada, se non compie una scelta per se stessa, anziché per gli altri, sarà comunque infelice del suo operato. Per come la vedo io, se qualcuno le risolvesse la situazione limitando la sua responsabilità, compirebbe un'atto scellerato nei suoi confronti, impedendole di affrontare una decisione importante. Concludo consigliandole di ricontattare il suo terapeuta al fine di fare qualche colloquio. Sono sicuro che l'aiuterebbe. Un Caro Saluto
(Risponde il Dott. Giusti Massimo)
Pubblicato
in data 26/04/2011
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