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Relazione con il terapeuta (13102014)

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Victor, 25

Salve dottori. Scrivo perché ho bisogno di un consiglio. Vi spiego subito il problema. Io circa un anno fa mi sono rivolto ad una psicoterapeuta a causa di problemi come una forte ansia,una fortissima paura del giudizio altrui,una forte ansia riguardo al mio rapporto con il sesso che purtroppo in rari casi mi ha anche impedito di avere rapporti completi e che comunque,anche negli altri casi in cui riuscivo ad avere rapporti completi,mi impediva di vivere bene il sesso.A questo si unisce il forte bisogno di ricercare l'amore altrui e un patologico pensare troppo!il pensiero ossessivo,non ossessivo su un qualche oggetto in particolare ma ossessivo su mille piccole cose...tipo :ma dovrei comportarmi così o cosi?e se mi comporto così allora va bene per questo e non per quello,mentre se mi comporto in quest'altro modo va per bene per quest'altro ma non per...etcetc..

La domanda che faccio è questa. Io dopo aver interrotto con la prima terapista (era di indirizzo psicoanalitico) a causa di gravi disturbi psichici della stessa,sono passato da circa 5 mesi ad una terapista ad indirizzo sistemico relazionale e sto facendo terapia individuale.Voi pensate che la terapia che sto facendo possa essere adatta per i disturbi che presento io oppure no?per il momento non sono stato meglio e la terapia non sta funzionando..è normale ed è solo questione di aspettare ed andare avanti oppure c'è qualcosa che non va?la mia terapista di fronte ai miei dubbi dice "il suo problema è la famiglia e si deve parlare di quello" però a me parlare di quelle cose non mi tocca!cioè sicuramente mi toccava quando ero piccolo ma adesso parlare dei miei genitori mi lascia indifferente e non mi mette in difficoltà ne mi da sollievo..

un'ultima domanda.la terapia individuale sistemico relazionale è efficace?ci sono stati degli studi sui suoi risultati che ne abbiamo evidenziato l'efficacia come per la cognitivo comportamentale?

grazie per l'attenzione.

Cordiali saluti;)

Gentile Victor,
non credo che il problema stia nelle differenze  fra  approccio psicoanalitico e orientamento sistemico relazionale. Penso invece che non si sia stabilita una relazione adeguata fra lei e i suoi terapeuti (transfert); già nella prima seduta occorre si instauri per entrambi (paziente e terapeuta) un rapporto di stima e fiducia reciproci. Forse, da quello che scrive, il suo timore del giudizio, l'ansia di non essere adeguati influenzano anche la sua relazione con il terapeuta. Generalmente queste difficoltà hanno origine nei primi anni di vita, anni nei quali si assume un modello di comportamento che influenza significativamente le condotte successive. Il lavoro del terapeuta è assimilabile a quella di un archeologo: occorre trovare proprio nei primi anni di vita quegli eventi o relazioni che hanno indotto a reagire in una determinata maniera e/o che hanno provocato un blocco nelle relazioni interpersonali. L'analisi serve proprio ad esplorare a fondo quei recessi nei quali si sono formati i sintomi. Forse lei ritiene che parlare della sua famiglia rischi che i suoi parenti "siano giudicati". Il compito del terapeuta, oltre all'obbligo assoluto di riservatezza, è trovare le cause del disturbo e mai, in nessun caso, di esprimere giudizi.
Quanto agli studi sull'efficacia dei trattamenti ce ne sono molti, ma nessuno può fornire certezza: come per tutte le discipline che si occupano dell'uomo ( es. Medicina, Sociologia....), non si possono avere misure "certe", in quanto ogni persona è un caso a sé, si possono vedere risultati nel tempo, ascoltare testimonianze ma non si possono confrontare "scientificamente" i risultati.
Oltre ad augurarle ogni bene, la saluto.
S. Bertini
 
 


  

(Risponde la Dott.ssa Susanna Bertini)

 

Pubblicato in data 13/10/2014

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