attacchi di panico e Seroxat (43406)
Laura, 33anni (17.9.2001)
Ho
partorito l'8 ottobre del 2000 il mio secondo bambino, al termine di
una gravidanza difficile, dopo pochi giorni dal parto ho iniziato a
soffrire di attacchi di panico in maniera sempre più acuta
tanto da indurmi ad andare da uno psichiatra il quale mi prescrisse
una terapia di una compressa di seroxat e due (una la mattina una la
sera) di neurontin. A luglio di quest'anno, visto che stavo bene, su
indicazione del medico ho ridotto la cura fino ad interromperla.Dopo
pochi giorni dall'interruzione sono riaffiorati i disturbi che col
passare delle settimane erano sempre maggiori quindi, sempre su
indicazione del medico, ho ripreso la terapia con il solo seroxat e
come la volta precedente l'effetto si è fatto sentire nel giro
di poco tempo.
Già la prima volta che iniziai la cura chiesi al medico se lo
seroxat poteva indurre ad una dipendenza, cosa che lo psichiatra mi
ha assolutamente escluso anche se non ha escluso l'uso, magari
ciclico del farmaco nell'arco degli anni al ripresentarsi del
sintomo. La domanda però si ripropone alla luce di un articolo
del Corriere della Sera di pochi giorni fa sul farmaco che riporto di
seguito. "Il Gigante farmaceutico in tribunale. La Glaxosmithkline
dovrà affrontare una causa intentata da un gruppo di pazienti
Californiani consumatori abituali di Paxil, un antidepressivo
prodotto dalla casa farmaceutica britannica e molto simile al Prozac.
I pazienti affermano di essere diventati dipendenti cronici del
farmaco, che in Gran Bretagna viene venduto sotto il nome di
Seroxat" Vorrei un vostro parere su questo articolo e sul farmaco in
genere. Ringrazio anticipatamente per la Vostra disponibilità
e rimango in attesa di una risposta Distinti Saluti
Cara
Laura, lei pone un problema molto serio e per il quale le risposte
non sono nette, purtroppo. In linea di principio e per quanto se ne
sa a livello scientifico, il suo psichiatra ha ragione: il farmaco di
cui parla ha come principio attivo la paroxetina, una molecola che
rientra negli antidepressivi di nuova generazione (inibitori della
ricaptazione selettiva della serotonina), che non ha evidenziato una
significativa induzione di dipendenza. La dipendenza da farmaco e'
una nozione molto complessa, non sempre facile da definire. Per
definirla come tale in senso proprio, e' necessario che il paziente
manifesti alcuni sintomi tipici (fra cui la ricomparsa della
sintomatologia a livelli uguali o peggiori rispetto al periodo
precedente l'interruzione) quando la sostanza non viene piu'
somministrata.
Quindi, il rapporto fra molecola e sindrome di astinenza dev' essere
causale e lineare. Tale rapporto non e' stato dimostrato per questa
classe di antidepressivi. E' pero' vero che sono stati descritti
alcuni fenomeni clinici (fra cui il ripresentarsi della
sintomatologia) che compaiono quando il farmaco viene sospeso, in
alcuni soggetti ma non in tutti. In questo caso, si parla di sindrome
da discontinuita' (discontinuation syndrome) piuttosto che di
sindrome da astinenza (withdrawal syndrome), il che sembra avere un
peso clinico, oltre che legale, diverso, tale comunque da far
attivare alcune associazioni di consumatori nel mondo, soprattutto
negli Stati Uniti. Passando da un livello generale al suo caso in
particolare, la probabilita' di una sindrome da astinenza o da
discontinuita' e' molto bassa ma non la si puo' escludere del tutto,
in linea di principio.
Deve essere il suo psichiatra a valutare clinicamente se puo'
delinearsi questo caso e quindi prendere eventuali contromisure,
quali ad esempio la sostituzione del farmaco con un altro ugualmente
appropriato per il disturbo di panico ma verso cui lei mostra
maggiore tollerabilita' alla sospensione.