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Depressione (23112006)

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on . Postato in Depressione | Letto 361 volte

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Anonimo 20

Salve, comincio dall'inizio, spiegando la mia situazione generale. Ho 20 anni, una compagnia stabile di amici seri, un bel lavoro e una famiglia dentro la quale purtroppo ho spento il dialogo con mio padre per 7 anni dopo litigi continui. Gli unici discorsi che facevamo durante questo periodo al massimo erano del tipo "passami il sale", "dammi una mano" ...ma niente di serio. Inoltre ogni suo tentativo di andare d'accordo con me era sempre frainteso o ignorato. Ultimamente con lui sto instaurando un legame di reciproco rispetto e affidabilità, stiamo migliorando e ne sono contento. Il problema è questo: ogni volta che mi accade qualcosa di brutto, o mi trovo da solo ad affrontare un problema grosso che non riesco a risolvere,(anche se la colpa non è mia) cado in forte depressione e la mia autostima scende. Mi sento solo e sempre triste durante questi periodi, pur avendo amici che cercano di aiutarmi, senza però trovare una soluzione. Ogni mattina mi sveglio sentendomi diverso, un'altra persona, e tutti i valori ai quali di solito do importanza svaniscono, lasciando spazio alla nuova persona. Io me ne accorgo, vedo che sono "diverso" e me ne dispiaccio, infatti ho provato dei metodi per ritrovare se stessi (che consistono nella meditazione, nell'osservare un oggetto senza pensare a niente) che funzionano per un pò e mi aiutano a ritrovare la felicità. Dopo un pò di tempo mi riprendo e ritorno sulle mie, ma so già che al prossimo problema ritornerò a quella situazione. In più durante questi periodi un altro problema mi affligge, arrivando al culmine della sopportazione: a lavoro non riesco a essere me stesso, ma apprendo i comportamenti e i ragionamenti dei miei colleghi. Me ne accorgo, ma non trovo nessun modo per oppormi a questa influenza. Già dall'inizio notavo differenze caratteriali tra di noi. Quando mi trovo in compagnia loro, tutto ciò che ho imparato si perde, prendo i loro comportamenti, le loro espressioni, i loro ragionamenti addirittura, fino a diventare proprio come loro. Di solito mi impegno inconsciamente per arrivare ad un livello di empatia con gli altri tale da capire come si senta l'altro quando dialogo, e forse questo mi frega (non lo faccio apposta, mi viene d'istinto e probabilmente è il segreto del mio successo con gli amici) Questo mi accade sempre, ma durante questi periodi di depressione i risultati si accentuano. Io di solito sono mite, calmo e con un carattere che mi fa star bene con i miei amici e i miei familiari. Purtroppo da quando lavoro in quel posto imparo ad essere scontato, ad arrabbiarmi per niente e a scherzare in modi che non sopporto nemmeno io. Imparo a fregarmene degli altri e a mettere il resto in secondo piano. Ne ho provati vari di metodi ma con pessimi risultati, dal ridurre la parola con i colleghi al sentirmi più deciso e a impormi quando serve. Mi sento diverso, ma non risolvo niente. Tutto questo si risolve quando passo parecchio tempo con i miei amici, ma poi il problema ritorna. E alcuni comportamenti persistono nei miei rapporti con gli altri fuori da lavoro. Io non voglio cambiare, voglio restare così come sono, sto bene e ho una paura matta di non riuscire a mostrarmi per quello che sono veramente. Le uniche volte che mi sento bene sono quando penso ai problemi delle persone messe peggio di me, cercando di aiutarle. Oppure quando vedo documentari sul terzo mondo o leggo di situazioni ben peggiori della mia. Così i miei problemi spariscono... diventano piccolissimi e io ridivento felice. Risultato: i miei amici mi dicono che non sono per niente stupido, anzi... e che non dovrei avere nessun problema! infatti con loro non ne ho... non faccio errori stupidi e penso di dare un'immagine di me abbastanza adulta, seria e simpatica (a loro conferma). Mentre a lavoro la convinzione generale è quella che io sia un ragazzo instabile e stupido, ragion per cui le persone si comportano di conseguenza, e io faccio errori, "indossando i vestiti che mi vengono affibbiati". Questa situazione era svanita fino ad un mese e mezzo fa... quando mi sono dichiarato (mentre stavo guidando) ad una ragazza (molto riservata e timida) per conoscerla... la sua unica risposta è stata un "non mi interessa", detto con un sorrisino direi falso... Seguito da un "non perchè sei tu" e da un silenzio durato per mezz'ora. So pure che poi si è sentita molto male ad avermi trattato così e ha scritto alla sua migliore amica di ciò. Da quel momento, sapendo che lei non mi conosce per quello che sono veramente, ho ricominciato a pensare troppo, a deprimermi, a sentirmi triste, e ogni giorno era una tortura. Rimasto senza sicurezze, non so cosa fare con lei, se lasciar perdere o cercare di farmi conoscere, visto che è un pensiero continuo e la cosa mi manda in crisi. Ora faccio una fatica immane ad essere me stesso. E mi da un fastidio infinito. Ringrazio in anticipo, e mi scuso per la longevità, ma non volevo escludere particolari. Aspettando una vostra risposta.

Carissimo, penso che ci sia dentro di te un'insicurezza di base che ti porta ad adattarti agli altri, senza rispettare te stesso, i tuoi pensieri e i tuoi bisogni. Questo stato di cose viene da un'immagine negativa di te stesso che hai costruito nel tempo e probabilmente ha a che fare con le tue figure di riferimento, innanzitutto tuo padre. Parli di forti contrasti con lui in passato. Credo che sarebbe utile per te lavorare con uno psicologo sull'autostima in modo che tu possa imparare ad apprezzare te stesso e a farti vedere così come sei, sia sul lavoro che con le ragazze, recuperando la serenità che viene disturbata da una posizione esistenziale "non ok".

(risponde la dott.ssa Raffaella Luciani)

 

 

 

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