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depressione (44103)

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on . Postato in Depressione | Letto 408 volte

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Erica, 28anni (3.10.2001)

Lo scorso anno ho vissuto con molto dolore la conclusione di una storia di sei anni molto tormentata, alla quale avevo dedicato tutte le mie energie e nella quale credevo molto. Sono una ragazza equilibrata, dalla vita tranquilla e serena, caratterizzata dal raggiungimento di tutti gli obbiettivi che mi ero riproposta (buon lavoro, una laurea, ecc.) eccezion fatta per quello sentimentale. Proprio per questo la reazione esagerata che ho avuto in questa circostanza mi ha spaventato, e mi spaventa il fatto che ne risenta tuttora, dopo un anno, gli effetti negativi. Ho reagito al momento con crisi di pianto continue (tutti i giorni per sei mesi), perdendo molti chili, somatizzando con dolori allo stomaco e intercostali e con cali di pressione, divenendo iperattiva e superimpegnata. Ancora adesso mi trovo a piangere anche se in misura minore, quasi tutti i giorni, pur conducendo una vita normale, piena di amicizie e con altre storie. Le persone che mi conoscono non si accorgono di nulla (eccezion fatta per quelle molto intime), anzi mi vedono addirittura rinata dopo il tormento passato. Io però noto questo squilibrio nella mia vita affettiva nel terrore di nuove storie durature e nel pessimo umore che mi caratterizza in maniera perenne. Senza contare una piena sfiducia nel futuro, specie in quello affettivo. VOrrei sapere quindi se in questo caso si può parlare di depressione, se un momento di stress trascurato o sottovalutato possa condurre a delle ripercussioni persistenti, e se vi siano dei rimedi anche per le forme più "lievi" e non patologiche di stress.
Grazie.

Cara Erica, più che di depressione, direi che soffri di uno stato d'animo depresso, di umore depresso, per distinguerlo dalla depressione vera e propria che è una malattia importante. Se si attraversano dei momenti depressivi, soprattutto in seguito ad una perdita (e una separazione è vissuta come una perdita dal punto di vista psichico), non si può parlare di malattia bensì, al contrario, di reazione sana. Se ci viene a mancare una persona cara e soffriamo di questo, in altre parole, è sano, oltre che legittimo. La separazione lascia una ferita aperta che richiede tempo per rimarginarsi, e durante questo tempo non è facile riuscire a comportarsi, soprattutto in ambito affettivo, come se nulla sia accaduto.
E sebbene a volte ci si provi, pensando o sperando che magari una relazione nuova possa "scacciare" i dolori della ferita ancora aperta, in genere ci si trova costretti a constatare che le cose non funzionano proprio così. La ferita, per rimarginarsi, ha bisogno, piuttosto, di cure e di attenzioni, di medicazioni adeguate. In altre parole a volte piuttosto che cercare di non pensare a quello che ci fa soffrire, è bene andare a vedere da vicino cosa sia accaduto, cosa stia succedendo al nostro interno. Fermarsi un attimo, insomma, per riflettere su se stessi ed elaborare quanto sia accaduto o stia accadendo nella propria vita. Questo può servire, ad un certo punto, ad aiutare il normale processo di rimarginazione delle ferite affettive. E dopo, solo dopo, avremo nuovamente a disposizione tutte le energie necessarie da investire eventualmente in una nuova relazione. Tutto questo richiede inevitabilmente del tempo, che è il tempo dell'elaborazione interna dei propri vissuti.
Rispetta i tuoi tempi se pensi di trovarti su questa strada. Se invece senti di trovarti in un vicolo cieco, se senti che pur muovendoti non riesci a venire fuori da comportamenti e vissuti sempre uguali, se temi di essere rimasta "incagliata" in qualche conflitto senza uscita, allora puoi chiedere un aiuto psicoterapeutico, che è il rimedio più efficace in questi casi.

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