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depressione (47041)

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Angelo, 22anni (6.1.2002)

Gentili esperti di psiconline, vi ho già scritto una volta, per un problema di depressione....In ogni caso, cerco brevemente di raccontare la mia situazione. Sono stato un po' complessato per tutta la vita, da quando ero piccolo: mi sentivo grasso, brutto, rifiutato dagli altri, minorato, stupido, ma con brevi sprazzi di orgoglio nei quali invece mi sentivo bello, desiderabile e intelligente. Il punto di svolta è a settembre'98: io voglio iscrivermi all'università Cattolica e i miei me lo vietano, adducendo scuse falsissime, buttandosi in piagnistei (sia da parte di mia madre sia da mio padre) e crisi nervose bruttissime che ancora mi fanno tremare a pensarci. Da quel momento in poi sono letteralmente morto. Lì è iniziata la mia depressione. Mi sono iscritto ad un ateneo vicino casa per paura che i miei compissero qualche atto sconsiderato o si logorassero di preoccupazioni, e avevo anche il timore che in tal caso mio fratello e i miei parenti mi accusassero d'essere il responsabile (come è già accaduto per altre cose); ho frequentato 2 anni senza dare un esame, ero depresso, avevo pensieri di suicidio dalla mattina alla sera. Nel frattempo è venuto fuori un problema alla schiena, ernia al disco, ho passato molto tempo immobile sul letto e non potevo fare nessun tipo di sforzo. Ero bulimico, restavo alzato sempre fino alle 6 del mattino, tanto non sarei riuscito a dormire perché avevo mille pensieri di morte per la testa, mi abbuffavo di nascosto in cucina fino a scoppiare, poi mi sentivo in colpa, poi volevo procurarmi il vomito ma invece me lo proibivo per autopunirmi, e mi addormentavo solo quando per sfinimento di forze non potevo fare altro. Il risveglio era un momento bruttissimo, ricominciavo daccapo l'inferno. Non mi facevo la barba né la doccia anche per mesi. Non avevo nessun amico, nessuno sospettava e nessuno mi era vicino anche se talvolta qualche mio atteggiamento avrebbe potuto destare curiosità (d'altra parte sarebbe stato impossibile starmi vicino, non serbo rancore a nessuno per questo). Ma neppure i miei sospettarono nulla, pensavano che fossero capricci. Non avevo più concentrazione né memoria, sotto zero tutt'e due. Non avevo la benché minima forza di volontà, cercavo in ogni occasione di evitare conflitti interpersonali, anche se questo si risolveva in enormi svantaggi nei miei confronti. Dopo 2 anni, agosto-settembre2000, inizio a stare lievissimamente meglio. Prendo a frequentare della gente nuova, che non mi appagava molto ma meglio di niente. Ho meno episodi bulimici, meno voglia d'uccidermi, inizio a pensare che forse posso uscirne. Dopo esser andato da 2 psicologi e aver mollato subito, mi sono deciso a ottobre2000 ad andare da una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, iniziando un rapporto che continua ancor oggi. Da ottobre2000 a ottobre2001 ho cercato di risolvere i problemi di schiena e di psiche, senza far altro. I giorni trascorrevano nello strazio di non riuscire a fare niente, né di manuale né di intellettuale. A marzo 2001 vengo ricoverato in ospedale per appendicite e ci resto 19 giorni per sopravvenute infezioni post-operatorie: avevo il sistema immunitario ridotto ai minimi termini. Esco dall'ospedale che ero cadaverico. Faccio un mese di convalescenza in casa e poi faccio i bagagli e vado in Spagna da un mio amico, sia per rivederlo sia per recuperare un po' d'energie, altrimenti sarei impazzito. Un mese di sole e mare mi rimettono in sesto e al ritorno in Italia inizio a programmare il mio futuro. Opto per iscrivermi a psicologia. Si susseguono altri casini di vario ordine, inizio a frequentare altre persone con cui sto meglio di tutte le mie combriccole passate, mi iscrivo all'università ma è un inferno. Ho ricorrenti crisi nervose e di pianto (erano 3 anni, da quel settembre98, che piangevo) che mi vengono in qualsiasi circostanza, ovunque e con chiunque; non riesco a concentrarmi alle lezioni e nello studio a casa, ciò mi provoca ulteriori frustrazioni e malessere. Fino ad oggi. Devo preparare un esame per la prossima settimana ma mentre leggo il libro con la testa sto da un'altra parte a rincorrere mille pensieri stupidi e brutti. Stavolta sto facendo l'università che volevo ma non riesco a combinare alcunché. E in tutto questo la mia terapeuta, non so se è il suo metodo o proprio lei, mi pare stia facendo un lavoro pessimo. Quando le dicevo com'erano le crisi della notte passata, lei minimizzava: "eh, tieni conto che tu hai un problema ma definirlo depressione è una parola grossa.". Oppure le dicevo che ascoltando canzoni romantiche mi veniva a pensare a una ragazza che ho conosciuto da poco e mi mettevo a piangere e lei ribatteva: "tu non devi essere romantico: devi dare esami". Oppure quando nei momenti bui lei prendeva e ricominciava la solfa dell'insistere sulle sue soluzioni, nel fare quello e quell'altro, e io per l'ennesima volta le dicevo che ci avevo provato fino alla noia ma senza risultato, lei arrogante diceva "e allora cosa vuoi fare!?? Molliamo tutto allora! Che cosa vuoi fare!?". Ieri stesso mi ha detto che devo insistere nello studio fino a farmi male, anche se mi vengono le crisi nervose, che è giusto che mi crogioli nel dolore perché è così che uscirò dal problema dello studio. Oggi le ho telefonato per dirle che non ci riesco e ha detto che allora devo lasciar perdere, che non devo insistere. Io sto diventando scemo! Tra l'altro, un mese fa all'università ho frequentato un seminario di "psicoterapia cognitivo-comportamentale nel trattamento della depressione", proprio il mio caso. E sono rimasto sconvolto: la mia d.ssa non va per obiettivi, né ha stabilito un certo numero di sedute in partenza. Tralasciando il fatto che come orientamento il cognitivo-comportamentale mi pare un'emerita sciocchezza a prescindere dal mio caso, ora che ho un minimo di risorse per guarire vorrei sapere se è il caso che io cambi specialista, e in tal caso, a quale tipologia di esperto dovrei rivolgermi. Sono disposto anche ai farmaci. E vorrei sapere anche cosa ne pensate del mio caso. Vi ringrazio per l'attenzione che vorrete concedermi e mi scuso per essermi dilungato. Molte grazie ancora. Angelo Caro Angelo, il suo caso mi sembra abbastanza complesso, sia per la rapida evoluzione clinica del problema in un tempo relativamente breve che per le pesanti conseguenze sulla sua vita che, infine, per la sovrapposizione di sintomi comportamentali diversi (come il disturbo dell'alimentazione). Darle consigli sulla base di una sia pur articolata esposizione del suo caso ma senza colloqui diretti e' difficile e deontologicamente scorretto. L'unico consiglio che le posso dare e' di parlare molto francamente con la psicoterapeuta di tutte le perplessita' che ha espresso nella lettera, dalle sue idee sul tipo di trattamento ai suoi dubbi sulla fiducia che ripone in lei a quelli su eventuale uso di farmaci al desiderio di cambiare terapeuta. Parlarne con la collega potrebbe aiutare moltissimo sia lei stesso che l' evoluzione della terapia.
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