Depressione e post-depressione (010488)
Otto,25 anni
Gentile dottore, le scrivo per avere una consulenza sulla depressione, sui farmaci,
e sulla terapia idonea.
Ho 25 anni, ho iniziato a soffrire di disturbi depressivi (lievi mi dissero
allora) a circa 19 anni, da 4 o 5 anni prendo più o meno regolarmente
una compressa di deniban al giorno. In questo lasso di tempo la mia depressione
ha avuto un andamento altalenante, in cui nei periodi "buoni" cercavo
di smettere di prendere farmaci, mentre nei periodi "difficili" integravo
il deniban con efexor (una o mezza compressa da 37,5 die),oppure con altri farmaci
di cui onestamente ricordo soprattutto gli effetti collaterali, che mi hanno
spinto ad abbandonarli in fretta, rispetto ai giovamenti. Non avendo però
ottenuto i risultati sperati ho provato a cambiare approccio, sono passato da
questa terapia adottata con un psicoterapeuta ad una terapia psicologica. Seduta
dopo seduta mi sono reso conto che "le seghe mentali" scaturite dal
dialogo erano superiori agli effetti positivi, tanto da andare a creare problemi
laddove in precedenza non vi erano. Ho provato a cambiare ancora, rivolgendomi
ad un altr
o specialista psicoterapeuta, il quale mi ha consigliato di prendere dello zoloft,
con dosaggio crescente per potermi abituare. Puntualmente con un nuovo farmaco
ho avuto problemi di adattamento e di "reazioni secondarie" e dovendo
affrontare un periodo impegnativo (studio e lavoro) ho preferito temporeggiare.
Ora mi trovo in una situazione di transizione credo. Ho intenzione di smettere
di prendere il deniban, ma per farlo so di dover ridurre con molta cautela il
dosaggio (inizio ora a prendere mezza compressa e andrò avanti credo
fino a febbraio), ma mi spaventa il fatto che nel frattempo i miei disturbi
siano cambiati. Diciamo che se fino a qualche tempo fa' ero chiuso in me stesso
e non avevo voglia di uscire ed avere rapporti sociali, ora vorrei farlo, ma
sento la diversità tra me e gli "altri", quasi come un handicap
mio, come se mi fossi creato un mondo a parte e ora dovessi riprendere a vivere
"come una persona normale". Solo per il fatto che la penso così
a volte vivo in ansia,
mi dico di essere matto e mi autosuggestiono negativamente, al punto di credere
di vivere in un mondo quasi a parte.
Ora chiedo a voi, è possibile venir fuori da una situazione del genere
"con le proprie gambe" (abbattendo anche i pensieri negativi che a
volte portano a pensare che da questa sistuazione non c'è uscita!)? Oppure,
che tipo di terapia dovrei affrontare, a chi rivolgermi?
Grazie per l'attenzione
Caro Otto, alcuni degli elementi chiave che contribuiscono ad alimentare il
tuo stato depressivo sono l'evitamento e il senso di incapacità acquisito.
Tutto ciò chiaramente non fa che peggiorare il tuo problema. Purtroppo
a volte anche i farmaci possono contribuire a cronicizzare un problema psicologico.
Mi chiedi se esiste un modo per uscirci... io posso dirti che una buona psicoterapia
può certamente aiutarti ma non una psicoterapia lunga (con la quale hai
già provato) ma una psicoterapia breve (come ad esempio una psicoterapia
cognitivo comportamentale o in alternativa una psicoterapia ipnotica o strategica
breve) dove gli obiettivi ed i tempi sono chiari fin dall'inizio (contratto
terapeutico). Questo purtroppo non è molto frequente, come a dire "si
sa quando cominci ma non quando finisci" e questo atteggiamento (dal mio
punto di vista) è profondamente sbagliato.Un peso molto importante per
la buona riuscita di queste terapie è la tua motivazione che deve essere
molto alta. Nelle parole di Silone "Il destino è un'invenzione della
gente fiacca e rassegnata". Se ti piace leggere ti consiglio anche un libro
molto semplice e molto chiaro che ti potrà essere di aiuto: "Le
vostre zone erronee" di W. Dyer Edizione Superbur.
( risponde il dott.Fabio Gherardelli )
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