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Solitudine e depressione (139456)

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on . Postato in Depressione | Letto 559 volte

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Massimo 29

Salve, sono un ragazzo omosessuale di 29 anni. La mia vita è stata abbastanza strana avendo subito molestie da bambino, molestie a cui non addebito (o almeno non in pieno) la mia omosessualità, ma che ritengo siano state la causa principale della mia difficoltà ad accettarla. Ho mentito a me stesso per tutta la vita cercando scuse e giustificazioni che mi potessero ricondurre a definirmi etero o quantomeno bisessuale. Questo fino a quando non mi sono innamorato di un ragazzo che chiamerò A. Ho tenuto tutto dentro, in silenzio con tutti per quasi un anno e mezzo sino a quando mi sono aperto con un paio di amici e poi mi sono dichiarato con lui. La risposta è stata negativa, non è omosessuale, ma mi aveva garantito la sua amicizia. Purtroppo però il suo comportamento nei miei confronti è mutato radicalmente arrivando in tanti momenti a non guardarmi nemmeno negli occhi quando parla. Questo mi ha portato lentamente a crollare, a vedermi come una persona schifosa ad addebitare il fatto che lui non riuscisse a cambiare comportamento nei miei confronti (perché dopo un periodo in cui soffrivo in silenzio ho iniziato a chiedergli di cambiare nei miei confronti) ad una mia inferiorità, a dirmi che fossi io a non meritarlo. Avevo smesso di amarlo una volta credendo o provando (non lo so più) sentimenti verso una ragazza (pur senza attrazione fisica), con lei non è nato nulla e poi mi sono riscoperto innamorato di nuovo di quel ragazzo e la mia parabola discendente è ripresa fino ad arrivare a pensare più volte al suicidio, ma in quei momenti cercavo lui, avevo bisogno di vederlo, di salutarlo, di dirgli addio e lui ogni volta mi ha fermato.
A gennaio ho iniziato ad andare in terapia e mi sentivo meglio, l'ho lasciata, perché avevo trovato lavoro in un altra città e perché mi ero innamorato di un altro ragazzo (una storia breve ma per me molto intensa). Le volte che vedevo A mi faceva male il suo comportamento nei miei confronti, la sua freddezza, ma riuscivo a giustificarlo o quantomeno a capire ed accettare perché si potesse comportare così. Ho riattraversato un altro periodo in cui mi stavo sentendo crollare quando, dopo che ho dovuto lasciare quel lavoro e quell'altra città sono dovuto tornare nella mia. Un pò il "subire" giornalmente la sua indifferenza, un pò il vedere che non riuscivo a concludere nulla nella vita mi stavano portando verso il basso e la paura di arrivare di nuovo a crollare mi ha riportato a supplicarlo di non farmi pesare ciò che ho provato e chi sono. La situazione si era rasserenata ad agosto quando avevo incontrato un altro ragazzo, una storia bella per i giorni che era qui ma che si è spenta dentro me per l'enorme distanza che dopo i primi 15 giorni ci ha separato. Adesso lavoro di nuovo in un altra città, un lavoro che stenta a decollare, il mio umore altalenante, A che continua a trattarmi come al solito con freddezza e non so spiegare quanto possa fare male sentirsi colpevolizzati per avere amato. Ed a completare il quadro mi sto accorgendo sempre più di amarlo di nuovo. Non riesco ad allontanarmi completamente da lui, significherebbe perdere anche degli amici ed alcuni molto importanti, ma non riesco nemmeno ad affrontare e sopportare il dolore che mi provoca quel suo modo di essere verso di me. Ho paura di riprendere a cadere verso il basso, che mi ritorni quel pensiero di farla finita ed ho paura che stavolta nulla riesca a fermarmi. Cosa posso fare?

Gentilissimo Massimo, dalla storia che racconti emerge tanta sofferenza ma anche tanta forza: racconti molti momenti drammatici (dalle molestie da bambino all’amore non ricambiato, ai problemi sul lavoro e ai conseguenti spostamenti in altre città), ma ogni volta sei riuscito, anche se al prezzo di molte sofferenze, a uscirne, addirittura riuscendo anche ad avere altre storie. L’amore non ricambiato è sempre fonte di grande frustrazione e dolore e il fatto di essere omosessuale probabilmente ha reso ancora più difficile la situazione, aggiungendo al dolore la paura di “essere diverso” o di non poter essere compreso dalla maggior parte dei tuoi amici. Quando parli di A sembra si tratti ormai di un punto di riferimento per te, visto che comunque, nel tempo, pur cambiando luoghi e persone, non lo hai mai dimenticato. Bisognerebbe indagare un po’ meglio se si tratta di una “dipendenza affettiva” o di un’”ancora di salvataggio” a cui torni quando la tua vita ritorna ad essere meno soddisfacente (quando il tuo lavoro “stenta a decollare” o un’altra bella storia finisce per la distanza, ecc). Scrivi che a gennaio avevi iniziato ad andare in terapia e che questo ti aveva portato a stare meglio: forse è arrivato il momento di riprendere quel percorso. Se non puoi più continuare con il/la tuo/tua terapeuta di prima perché hai cambiato città, cercane un altro nel posto in cui vivi ora. So che quando si è iniziato un percorso di terapia con una persona, non è mai facile riprenderlo con un’altra (ricominciare a raccontare, ritrovare la fiduci), ma credo che il beneficio valga la fatica. Spero di esserti stata utile, non so in che città vivi adesso, se vuoi puoi sicuramente trovare un valido aiuto tra i professionisti elencati su questo sito, oppure puoi scrivermi: conosco colleghi in diverse parti d’Italia. Buona fortuna.


(Risponde la Datt.ssa Bongiorno Laura)

Pubblicato in data 24/11/09
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