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on . Postato in Dipendenze e Abusi | Letto 686 volte

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Daniela 30

Salve, mi chiamo Daniela e ho 30 anni. La mia e' una storia difficile e voi siete il mio primo passo per un tentativo di liberazione. Vorrei diventare mamma, sposarmi e rendere felice il mio compagno. Ma qualcosa mi blocca, un muro impenetrabile per me. Questo muro si chiama abuso sessuale, l'ho subito all'eta' di soli 10 anni da un mio zio di cui i miei genitori si fidavano. L'abuso sessuale ha consistito nel toccare la mie parti intime quasi a volerle esplorare. E' durato qualche mese, fino agli 11 anni. Poi questa persona e' morta. Ora ho un fidanzato ma non riesco ad avere un rapporto sessuale completo e la visita con un ginecologo mi terrorizza a morte fino allo svenimento quasi purtroppo, perche' tale visita in se', nel gesto di come viene effettuata mi ricorda l'abuso subito da bambina. Come posso liberarmi da questo blocco sessuale? Lo vorrei davvero tanto. Datemi un consiglio. Ne ho disperato bisogno. Soffro molto, grazie.

 Cara Daniela, comprendo che soffra veramente molto. Si sente bloccata ed impotente rispetto ad un progetto di vita, per altro naturale e di suo diritto: sposarsi e avere dei figli. Questo blocco arriva dalla sua infanzia, da un abuso subito da una persona di casa: una delle ferite più grandi che un bambino può subire! Non solo c’è una violenza fisica, ma c’è una violenza psicologica, fatta di paura, sensi di colpa, frustrazione, rabbia, incomprensione. Ma più di ogni altra cosa c’è la fiducia, che viene minata alla base. La fiducia in sé, nei familiari, nelle persone conosciute e sconosciute. In un certo senso lei ha subito due violenze, quella dello zio, che per altro si è protratta nel tempo e quella della sua famiglia che non ha visto e non l’ha protetta. Dove erano i suoi genitori, perché non l’hanno vista? Sicuramente il suo disagio e la sua sofferenza deve essere stata espressa in una qualche forma! Tanto più, essendosi protratta per dei mesi, deve averle fatto vivere una condizione di impotenza estrema, di frustrazione continua, uno stato di forte stress cronico. Perché non solo c’era il momento della violenza, ma anche il timore che questo evento si ripeta, l’attesa che questo accada veramente ed il tentativo di evitarlo, con tutti i vissuti corrispettivi. Poi la morte, che in un certo senso deve averla liberata, ma dall’altra deve anche averle scatenato paure e sensi di colpa. Chissà cos’ha vissuto, quella bambina! Quanta sofferenza, quanta angoscia. Comprendo bene che deve aver tirato su un gran muro ed il forte bisogno di non essere avvicinata dagli altri, di non essere in alcun modo toccata o invasa. E’ naturale che una visita ginecologica, sia vissuta con una tale portata. Credo che abbia compiuto un gesto importante, nel liberarsi finalmente di questo grande fardello. Finalmente ha rotto il muro di silenzio. Questo è il primo passo per liberarsi, adesso deve lavorare su sé, imparando ad avere fiducia in un’altra persona, che può aiutarla in questo importante viaggio di crescita e amore verso sé e gli altri. Avere un figlio è un passo importante e difficile per lei, scatena molti vissuti, paure ed angosce. Se vuol vivere quest’evento con gioia, deve prima guardare nel suo passato, nel buio della sua anima, imparando a dirsi che non meritava tutto quello che le è capitato. Perché mai teme di essere scartata? Da chi s’è già sentita scartata? Perché mai lei Daniela, è una persona da scartare? Impari a vedere sé stessa come qualcos’altro da uno scarto, come qualcuno da amare e da proteggere.

(risponde la Dott.ssa Sabrina Costantini)


Pubblicato in data 02/07/09

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