Tossicodipendenza? (4176)
Morgana, 33 anni
Salve. Non so perchè
vi sto scrivendo. Forse solo per essere esortata, da qualcuno di competenza,
nel fare qualcosa di concreto per un problema che sta diventando per me ingestibile.
Premetto che ho avuto un passato di tossicodipendenza, superato, dopo 2 anni
di comunità, da ormai 11 anni. Convivo da 4 anni con un uomo di 34 il
quale, da un anno a questa parte, ha ricominciato a frequentare compagnie che
non mi piacciono. Premetto, io ho avuto la mia esperienza "negativa"
dalla quale ho tratto tutto il meglio che potevo trarne e ne ho fatto tesoro...
Sono cresciuta, ho imparato a camminare con le mie gambe e non mi sono mai più
voltata indietro rimpiangendo il passato. Anzi, ne ho fatto il mio punto di
forza per correre più veloce degli altri e cercare di recuperare il tempo
perso. Vengo al dunque. Ultimamente fa uso di cocaina, all'incirca 2 volte a
settimana, e tutto questo nonostante le mie "sfuriate" sul non rispetto
per il mio passato, la mia sofferenza, la mia scelta di vita e le mie continue
puntualizzazioni sul fatto che forse ha qualche problema e che dovrebbe affidarsi
a qualche psicoterapeuta. Puntulamente le sue risposte sono che per lui è
tutto normale, che non è un tossico, che sono amici con i quali è
cresciuto e che è un mio problema e non un suo problema... Insomma, tutte
le volte mi sembra di rivedermi in uno specchio. Avverto la sua rabbia, la sua
insoddisfazione, il suo malessere, il suo subire gli eventi... Mi sembra di
sentire le stesse cose che dicevo io, le stesse scuse, le stesse manipolazioni
per cercare di calmare l'interlocutore....
La cosa più grave è che più "batto il ferro"
e più ottengo una reazione inversamente proporzionale. Insomma, non so
più cosa devo fare... Cioè in cuor mio lo so... ma poi mi dico
che potrebbe passare. Che deve passare. Il fatto scatenante è accaduto
all'incirca un anno fa con il suicidio del fratello. Da allora è ingrassato,
le sue crisi di asma sono aumentate ed è avvenuto il riavvicinamento
con le persone che gli permettono "momenti di evasione". Io sicuramente
non sono affatto tenera su questo discorso, sono dura, intransigente, ma credo
e penso fermamente in tutto quello che dico... Non potrebbe essere altrimenti.
Altrimenti, scusate la ripetizione, fossi tenera con lui lo sarei pure con me...
Insomma, per farla breve, sono diventata peggio di una madre apprensiava, con
l'unico risultato che non riesco a dargli una mano, spesso non gestisco la rabbia
che provo e cerco di fargli deliberatamente male a parole per cercare di smuoverlo.
Gli ho spiegato che per me è difficile essere obiettiva in questa situazione...
che non può pretendere che resti impassibile al fatto che ogni tanto
sniffi dopo quello che ho passato io. Che non è corretto, rispettoso
e cosciente con i suoi comportamenti verso di me.
Gli ho anche chiesto di andare da uno psicoterapeuta insieme... perchè
è anche una mia necessità trovare una soluzione a questo problema...
Ho cercato di parlargliene facendo credere che principalmente una soluzione
del genere mi potrebbe aiutare (facendo leva sul suo presunto amore nei miei
confronti)... Ma il discorso è un altro. Io penso, come gli ho anche
detto, che qualsiasi psicoterapeuta vedrebbe in questa situazione, un rischio
per me, nonchè un problema serio per lui. Molte volte sono talmente sconfortata
che penso di essermi imbarcata in una sorta di battaglia contro i mulini a vento.
So che la svolta in positivo di questa situazione non dipende da me... anzi
forse io con la mia intolleranza la complico ulteriormente ma non voglio arrendermi.
Io so che ha dei problemi da risolvere. Per tre anni siamo stati benissimo,
poi sono successi, oltre il suicidio del fratello, altri eventi che lo hanno
marchiato, segnato nell'animo... Si è chiuso a riccio nel suo dolore
e nella sua rabbia, mai espressa fra l'altro, ed io son qui, da un anno a questa
parte a cercare di dargli una mano, ma più la tendo e più si allontana.
A chi mi devo rivolgere? A chi posso chiedere aiuto? Io penso di essere emotivamente
troppo coinvolta per poter dargli una mano.. Non so cosa sia più consigliabile
fra una terapia di coppia o una terapia individuale. Non so se la mia presenza
possa aiutarlo ad aprirsi o sortire un effetto contrario. Io sono dispostissima
a mettermi in discussione... Sono disposta a fare di tutto pur di farlo ricominciare
a vivere nel vero senso della parola. Voglio che superi questo momento. Voglio
che affronti ed impari a convivere con le sue paure...
Non so cosa altro
aggiungere. Anche perchè è inutile sottolineare che questo periodo
ha messo in seria discussione la mia fiducia in lui, nel nostro amore... Gli
ho urlato in faccia tante di quelle volte questi miei dubbi, gli ho vomitato
addosso rabbia, gli ho chiesto comprensione... ho fatto di tutto tranne che
ignorare il problema. Vi prego indirizzatemi verso "una strada" percorribile
che mi permetta di dargli una mano... sono talmete sconfortata che ultimamente
il mio egoismo (o istinto di conservazione!!!!) si sta prepotentemente facendo
risentire e mi spinge a "far finta di niente"... ma poi la mia coscienza
ed i sensi di colpa "urlano"... Grazie.
Gentile signora credo che
le converrebbe andare per prima lei da uno psicoterapeuta perchè questo
suo insistere che ci vada il suo compagno probabilmente è uno spostamento
di un suo stesso bisogno che lei proietta su di lui ..ma che date le scelte
di quest'uomo come lei sa per esperienza, difficilmente sarà ascoltata
la sua richiesta finchè egli trova sollievo alle sue sofferenze nell'uso
della cocaina...
Le consiglio dunque di aprire per prima la strada del colloquio e sostegno per
questi suoi nuovi problemi esistenziali e vedrà che rafforzandosi lei
anche il suo compagno se ne gioverà... Inoltre come lei saprà..
chi sta vicino a chi abusa di sostanze stupefacenti specie se ha già
un passato di dipendenza... si trova molto a rischio di ricadere lei stessa
nell'uso delle sostanze anzichè dissuadere il suo compagno... tragga
delle conclusioni.. e Auguri.
( risponde la dott.ssa Tina Carone )
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