Autolesionismo (003730)
Maria elena, 27 anni
Gentili
Signori, inizio ringraziando chi, come voi, mette a disposizione le proprie
conoscenze per aiutare gli altri, ma proseguo illustrando il mio problema o,
meglio, il problema per il quale scrivo: ho una carissima amica di 29 anni.
E' anoressica, bulmica e autolesionista. Ha le braccia e le gambe piene di cicatrici
profondissime che ormai non andranno più via, procurate con forbici,
coltelli, lamette, sigarette accese etc... Logicamente questi disagi si accompagnano
a stati depressivi, apatici, di isolamento, tristezza profonda eo di ansia.
Questa ragazza è in questo stato dall' età di 13 anni. Si è
sottoposta ad un sacco di terapie ma senza risultati. Attualmente va da una
nutrizionista, una psicologa ed uno psichiatra che, su sua inoppungabile richiesta,
le ha prescritto dei farmaci.
Aiutatemi ad aiutarla. Io le sto accanto. Cerco di non farla sentire a disagio
nè in colpa per i suoi disturbi. Provo a farle mettere piede fuori casa,
a farla sentire amata, in gamba, apprezzata. Le dimostro il mio piacere di stare
con lei, la mia fiducia nelle sue capacità e nella meravigliosità
della sua vita. Le offro la mia esperienza di psicoterapia per farla sentire
"normale" e per darle la speranza di guarire. Ma il punto è:
nonstante lei non ne possa più di stare così, ha paura di guarire.
Immagina che le sue giornate srebbero vuote senza il "passatempo"
del contare le calorie, dell'abbuffarsi, del vomitare, dello sfinimento fisico
dopo 2 ore di spinning e dei tagli. Cosa posso fare? Per favore indirizzatemi
e consigliatemi un comportamento che le sia di aiuto e che non alimenti il circolo
diabolico in cui è incastrata da più di metà della sua
vita. Grazie dal profondo del cuore.
Cara Maria Elena, la sua
lettera rivela come a volte sia molto difficile amare qualcuno. Soprattutto
quando è questa stessa persona a non amare, anzi ad odiare se stessa.
Purtroppo nel nostro lavoro impariamo che non è possibile aiutare qualcuno
se prima questa persona non decide di aiutarsi da sola.
Qualunque tentativo fallirà, o addirittura peggiorerà la situazione.
La sua amica soffre di questi disturbi da molti anni, essi sono entrati a fare
parte integrante della sua vita, ha ragione nel temere la guarigione, perchè
questo comporterebbe la remissione della sintomatologia, alla quale ogni persona
sofferente dopo un pò si affeziona, perchè rappresenta la sua
unicità, ciò che le permette anche di essere continuamente al
centro di un'attenzione sempre speciale (mi riferisco in particolare ai comportamenti
di autolesione). Rinunciare a queste attenzioni significa, per la sua amica,
diventare inutile e invisibile, anche se chi la ama le giura che non sarà
mai così.
Mi permetto di dirle che però questa è l'unica strada per uscirne.
Diventare autonomi significa non far dipendere completamente il proprio benessere
dalla continua attenzione degli altri, ma riuscire a confidare nel fatto che
chi ci ama c'è comunque, anche se non è sotto il nostro controllo.
La malattia è anche un potente strumento di controllo (inconsapevole,
ovviamente).
Amare qualcuno vuol dire anche permettergli di scegliere, quindi lei potrà
dimostrarle il suo affetto facendole questo discorso: io ti sono amica, se vuoi
il mio aiuto devi venire verso di me, sei l'unica che può fare qualcosa
per guarire, solo tu puoi scegliere, nessuno può farlo per te. Quando
deciderai, io sarò qui. Le assicuro che molto spesso è accaduto,
nella mia esperienza, che ragazze anoressiche e bulimiche ad uno stadio davvero
grave, decidessero ad un certo punto di smettere di essere "schiave"
di questa malattia tiranna, e come in tutte le forme di schiavitù, scegliessero
la rivolta, la libertà. Continui a starle vicino come sente di fare,
ma si ricordi che nessuno potrà cambiare le cose se non sarà lei
a farlo, non potrà prendere amore dagli altri se prima non deciderà
di smettere di odiarsi, se non si perdonerà invece di continuare a punirsi.
( risponde la dott.ssa Camilla Ponti )
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