Disturbo alimentare - paura di vivere (076100)
Elisabetta 25 anni, 17.09.2004
Ho 25 anni, sono femmina
, da 3 anni convivo col mio ragazzo, ho madre anziana e un fratello più
grande, mio padre è morto dopo malattia quando io avevo appena compiuto
5 anni (Di lui ricordo quasi nulla ma mi manca da morire e non accetto ancora
la sua morte ho fatto finta per troppi anni che tutto andasse Bene!!!)...
Riceviamo un'educazione molto rigida per quanto riguarda i valori (Dignità,
Onestà...)ma molto libera fisicamente (Giocare sempre senza guardare
l'abito bello...)
Mia madre é "rimasta fedele a mio padre sempre" e quindi abbiamo
vissuto solo con lei.
Dopo le scuole m'scrivo all'università ma mollo subito perchè
non convinta, da allora cambio vari lavori senza mai perdonarmi di aver mollato
l'università e aver deluso i miei; l'anno scorso dopo un anno di psicoterapia
per disturbi d'ansia e strisciante depressione mollo lavoro e mi riscrivo, primo
esame 30 (no meraviglia perchè sempre stata secchiona) e poi non studio
più...
Ora cerco di nuovo lavoro ma insoddisfatta, mi sento inadatta a questa società
frenetica e ho paura ad affrontare una nuova sfida di vita e lavoro...
Da 7 anni a questa parte continui sbalzi di peso: ingrassamento di 15 kg, poi
ne perdo 25 e ne ho ripresi 30 e più, ora vorrei tornare pesoforma una
volta per tutte ma in maniera equilibrata.
Faccio grandi abbuffate, ma mai vomitato o cose simili.
La psicoterapia mi ha preparata alla rinascita, ora sento che mi basterebbe
il salto finale per liberarmi del mio passato e dei miei condizionamenti eppure
sono ferma sul ciglio del burrone e non mi butto sto immobile ad osservare il
mondo al di fuori di me, ho troppa paura, mi sento inadeguata eppure avrei un'energia
interiore fortissima da donare la sento, ma molto spesso la reprimo, non me
lo concedo così come non voglio concedermi la meritata felicità
(cambiare, dimagrire, essere serena col mio compagno...)ma perchè?
A che mi serve sta Paura? E stare immobile sul passato? Non ho mai preteso niente
nella vita, ma questa volta mi
farebbe molto piacere il vostro ascolto e la vostra opinione, Grazie!
Carissima Elisabetta, la
tua è una bella domanda e non so se riuscirò a risponderti in
modo esaustivo; oltre alla psicologia per risponderti bisognerebbe andare a
frugare anche in ambito filosofico, sociale, antropologico….
Perché questa paura, dici tu; perché questa resistenza al cambiamento,
perché vivere sempre sentendosi legati e con la sensazione di esprimere
di sé solo una piccola parte….
Si tratta di una problematica vasta, che riguarda molte persone, ed uno dei
motivi principali delle richieste di psicoterapia.
Su un piano prettamente psicologico, questo tipo di paura è generalmente
legato ad insicurezze personali, dunque ad una valutazione di se stessi non
così positiva che implica una profonda paura di sbagliare, quasi ci venisse
richiesto di essere sempre perfetti e di dover corrispondere alle (alte) aspettative
di chi ci circonda o, a guardar meglio, alle proprie aspettative interne, a
volte sproporzionate, a volte determinate da un giudice severo che dentro se
stessi la fa da padrone.
Perché succeda tutto questo non è facile a dirsi, anche perché
naturalmente ogni persona è diversa dall’altra e i motivi possono
quindi essere dei più svariati.
Certamente la morte di tuo papà, quando eri così piccola, può
aver inciso non poco sulla costruzione di una figura interna sostitutiva e magari
particolarmente esigente, che ti richiede “prestazioni” sempre di
alto livello (è forse per questo che sei una “secchiona”?)
e rispetto alla quale puoi sentirti sempre in qualche modo inadeguata.
La morte di un genitore quando non si ha ancora l’età per comprendere
che la vita è anche questo, dolore e morte, può ingenerare sensi
di colpa in chi rimane; soprattutto nella mente di un bambino, che può
in qualche modo sentirsene responsabile.
E allora questo giudice severo interno invece di proteggere e indicarci la strada
giusta da seguire può divenire un carceriere, impedendoci movimenti liberi
ed autonomi.
Mi ha fatto pensare
la tua frase “senza mai perdonarmi di aver mollato l'università
e aver deluso i miei”…
Credo sia significativa e ti invito a considerare che ad un certo punto della
vita è importante riuscire a prendere contatto con quelle che sono le
proprie, personali, aspettative di vita, obiettivi, desideri ecc. oltre che
con quelle dei propri genitori (i genitori interni, ovvero quelli interiorizzati,
intendo; perché a volte sono differenti da quelli reali).
Insomma, crescere significa anche questo, seguire la propria strada anche se
questo può comportare un cambiamento di direzione rispetto a quella genitoriale.
Si tratta di un passo difficile e spesso doloroso per chiunque, e certamente
non da tutti.
Si tratta sicuramente di un passo ancor più difficile per te, che un
papà reale contro il quale opporti, eventualmente, non ce l’hai
e per questo puoi vivere come un tradimento ogni tuo passo che, presumibilmente,
si discosti da quello che avrebbe desiderato per te tuo papà.
Anche una mamma che gli sia rimasta fedele e con dei principi così saldi
e giusti può non essere di aiuto in questo.
Al di là di
queste, che sono solo alcune considerazioni sulla tua situazione personale,
voglio dirti che in generale l’essere umano teme il cambiamento; e che
ad una rinascita interiore non sempre corrisponde, immediatamente, una trasformazione
anche nella vita. Probabilmente hai bisogno di ancora un po’ di tempo
per elaborare il tuo lutto e per comprendere bene quale sia la tua strada personale,
e se fossi in te me lo concederei.
Sei giovane e puoi prenderti il tempo che ti serve per fare chiarezza in te.
Secondo me te lo devi…..E se non ci riesci allora potresti pensare di
riprendere il lavoro psicoterapeutico che, mi sembra, ha avuto buoni esiti,
nonostante sia stato relativamente breve.
P.S. Non sono molte
le persone che si sentono all’altezza di questa società frenetica.
E non tutte credo che lo siano, nel senso che ci sono lavori e attività
che non devono per forza fare i conti con i tempi accelerati del sociale, o
perlomeno non quanto altri lavori. Credo insomma che anche in questa nostra
difficile società ci sia dello spazio per chi invece di correre e rincorrere
ami semplicemente camminare.