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Bambina timida e impaurita (2006-11-22)

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Sofia 3

La mia bambina che compirà a breve tre anni e dolce e scatenata chiacchierona e giocherellona ma ... solo con la ristretta cerchia famigliare composta da me, suo padre e sua nonna. Frequenta la scuola materna e non ha avuto grossi problemi di inserimento ma rimane sempre in disparte, sembra spaventata quando i bambini le si avvicinano; le maestre mi dicono che gioca ma vedendola anche all'esterno della scuola al parco giochi o anche in giro mi è difficile crederlo. Se riesce a stabilire un "contatto" con un altro bambino è sempre un contatto a due mai di gruppo. Adora gli animali con i quali ha un rapporto di piena fiducia (abbiamo due cani un gatto e la portiamo spesso a dar da mangiare ad asinelli, caprette e cavalli). Ho provato a farle frequentare parchi giochi di tutti i tipi a pagamento o ai giardini pubblici ma la verità è che non si divertiva stava sempre vicina a me o a suo padre e non giocava quasi mai ... alla fine non ho desistito ma ho molto rallentato, mi sembra quasi inutile. Ha una fantasia molto fervida. Sono molto preoccupata anche perchè io e suo padre da alcuni mesi siamo separati per lo meno di nome in quanto la bambina vede suo padre tutti i giorni, il padre si ferma sempre a cena da noi e va via solo quando lei si addormenta. La mia piccola è sempre stata così chiusa da quando a 9 mesi ho dovuto lasciarla a mia madre per riprendere il lavoro. Sono molto in ansia per lei. Potete aiutarmi?

Cara Sofia, mi incuriosisce molto il fatto che, nonostante una descrizione molto articolata della vita di sua figlia e dei suoi problemi con i coetanei, non mi abbia detto come si chiama. A partire da questo particolare, nonché dal modo in cui mi scrive, avverto una grande ansia in lei, probabilmente legata al timore di fallire con sua figlia dopo aver tentato di tutto. Questa situazione sembrerebbe averle generato un sentimento di impotenza e, forse, anche un senso di colpa, tanto che adesso appare in parte rassegnata al destino, comincia a “rallentare” perché ormai le “sembra quasi inutile”. Pare che tutto sia cominciato da quando lei ha ripreso a lavorare, per cui ha “dovuto lasciare” la sua bambina di 9 mesi alla nonna. Per ogni mamma è sempre difficile conciliare il desiderio di maternità con il bisogno di lavorare, specie se fino al momento di riprendere a lavorare il bambino ha vissuto quasi esclusivamente con la mamma. Tuttavia si tratta di un momento inevitabile, che non si può rimandare, ma che al contrario andrebbe “digerito” gradualmente, magari parlandone col proprio partner o con qualcuno che sia in grado di ascoltare tale ansia. La mia impressione generale è che lei, Sofia, non riesca a perdonare se stessa per aver lasciato la bambina a sua madre mentre andava a lavorare, anche se mi sembra d’aver capito che con la nonna la bambina sia piuttosto serena. Oltretutto, nonostante un discreto inserimento alla materna e nonostante le maestre le dicono che la bambina gioca, a lei “riesce difficile crederlo”. Tanto per cominciare vorrei aprire con lei una parentesi su ciò che succede, in genere, ai bambini di 9 mesi: a quest’età ogni bambino distingue chiaramente la madre dall’estraneo o da un altro conoscente. Il rapporto con la madre diventa “naturalmente” privilegiato, per cui il bambino, anziché sorridere genericamente un po’ a tutti, come faceva prima, ha ora reazioni negative, ostili verso le persone diverse da sua madre. Non sono soltanto in gioco sentimenti di delusione, ma anche di paura. Si parla a questo proposito di “angoscia verso l’estraneo”, che il bambino prova di fronte alla figura non materna. Ciò significa che la reazione di chiusura di sua figlia, che lei ha percepito, al momento di riprendere il lavoro, sarebbe molto legata alla fase di sviluppo della bambina, una fase necessaria per crescere e continuare a confrontarsi con la realtà, ovvero con qualcosa di“diverso”, che non può controllare. D’altra parte, alla stessa età, ogni bambino possiede anche le risorse adeguate per superare questa “angoscia” che è solo transitoria. Infatti, a nove mesi, il bambino comincia ad esprimere più chiaramente le proprie intenzioni nei confronti dell’adulto, sa comprendere che l’adulto possiede una “mente” diversa dalla sua, e come tale cerca di influenzarla: è molto evidente quando il bambino, per esempio, cerca prima di ottenere l’attenzione dell’adulto per poi raggiungere un giocattolo troppo distante, o quando cerca di condividere con l’adulto l’interesse per qualcosa che sta osservando. In altri termini, il bambino non dà più per scontata la presenza di un adulto al suo fianco che anticipa ogni suo desiderio o bisogno, ma sa che deve darsi da fare, e questo, in fondo, non gli dispiace affatto. Inoltre, sempre a quest’età, il bambino comincia gradualmente a pensare oggetti o persone anche quando non sono davanti ai suoi occhi, raggiunge, cioè, la “permanenza dell’oggetto”, per cui riesce a tollerare di più la distanza dell’adulto perché sa che c’è, che non può “sparire”, come credeva precedentemente. Badi bene, Sofia, che queste tappe dello sviluppo non sono mai statiche, nel senso che una volta raggiunte non ci si pensa più, ma sono continuamente riorganizzate e rielaborate dal bambino nel corso dei primi tre anni ogni volta che deve affrontare situazioni nuove, come iniziare a dormire da solo, a mangiare da solo, a togliere il pannolino, ad inserirsi a scuola, ecc. In particolare, di fronte ad ogni nuova situazione, il bambino percorre un periodo di “transizione”, per cui sembra “tornare indietro come età”, mentre di fatto ha bisogno di tempo per metabolizzare la sua graduale crescita. Le ho spiegato tutto questo per farle capire che nella vita è sempre necessaria un po’ di delusione o di paura per crescere: fa parte del naturale sviluppo. Il problema si pone quando i genitori, per senso di colpa o altro, cercano di nascondere a se stessi e ai propri figli queste paure e queste delusioni, quando vogliono apparire ai loro occhi dei “genitori perfetti”. Nella seconda parte della richiesta mi ha scritto due cose molto importanti: prima di tutto che sua figlia ha una fantasia assai “fervida” e, secondo, che da alcuni mesi si è separata da suo marito. A questo punto le posso dare due consigli fondamentali: prima di tutto stabilisca con suo marito qual è la situazione reale fra voi due: si tratta di un momento di crisi, ma avete intenzione di ristabilire un rapporto, oppure è una situazione già definitiva? Anche se forse non è il vostro caso, state attenti come genitori a non creare quelle situazioni ambigue per cui “non si è del tutto separati”, ma, allo stesso tempo “non si riesce a stare uniti”. Sarebbe necessario affrontare con coraggio e chiarezza questo momento, piuttosto che rimandarlo e far finta che le cose siano rimaste come prima. E’ chiaro che non ho a disposizione informazioni sufficienti per darle un consiglio preciso, ma, in linea di massima, le posso dire che con i bambini bisogna “giocare a carte scoperte”, non è possibile nascondere quello che sta accadendo all’interno della famiglia. Non so fino a che punto sua figlia sia stata messa al corrente della crisi familiare, ma consideri quanto le ho detto prima: di fronte ad ogni nuova situazione ogni bambino si riorganizza e per un breve periodo sembra tornare più piccolo, rinchiudersi in se stesso. Poi, “naturalmente” e, con l’aiuto degli adulti, il bambino riprende il suo viaggio di crescita, a patto che venga messo chiaramente di fronte alla nuova situazione. Siccome sua figlia ha una fantasia molto fervida, potrebbe provare, insieme a suo marito, a sfruttare questa risorsa per avvicinarla pian piano al discorso di mamma e papà che non vivono più assieme, ma non per questo smetteranno di volerle bene. Ciò che non viene detto in famiglia, viene percepito dal bambino per altre vie, ed è probabile che sua figlia, forse, non riesca a “sganciarsi” da lei o da suo marito perché ha il presentimento che stia accadendo qualcosa di spiacevole fra la mamma e il papà, e questo pensiero, magari, non le permette di giocare liberamente con i coetanei, forse avverte il bisogno di non “perdervi di vista”. Comunque sia, come non è possibile rimandare o evitare il momento in cui la mamma riprende a lavorare, allo stesso modo non è possibile rimandare o nascondere il momento della separazione fra due genitori, anche si mi rendo conto di come sia difficile. Detto questo le auguro molta fortuna a lei, Sofia, e alla sua bambina, e per altri consigli sappia che sono sempre a sua disposizione.

(risponde la dott.ssa Aurora Capogna)

 

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