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Capricci (127951)

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Debora 35

Salve, sono Debora, ho 35 anni e una stupenda bimba di quasi due anni e mezzo, vivacissima, molto molto intelligente e sveglia e con un'ottima capacità di linguaggio per la sua età. Frequenta il nido da quando aveva 10 mesi molto volentieri (o almeno così pare), all'inizio solo mezza giornata, ma da 2 mesi tutto il giorno. Da 2 mesi, al ritorno a casa e nei fine settimana fa un sacco di capricci, e io e mio marito abbiamo pensato che sia un modo per farci pagare la mancanza di tempo per lei. Quando siamo a casa cerchiamo di dedicarle più tempo possibile, ma lei sembra approfittare della situazione tanto che a volte diventa piuttosto aggressiva. Premesso che mi sento tremendamente in colpa per il fatto di lavorare tutto il giorno (ma non ho altra scelta se non stare a casa e posso permettermelo)la mia domanda è: che risvolti in futuro può avere il fatto di passare tutto il giorno al nido? mia figlia un giorno nutrirà dei risentimenti nei miei confronti per non esserci stata quando lei era piccola? Sarà meno attaccata a noi due rispetto ad altri bimbi che sono cresciuti coi nonni? Grazie.

Cara Debora, il primo passo per affrontare questa situazione è quello di “scavalcare” i sensi di colpa che, molto spesso, tendono ad offuscare la visione reale delle cose e a porci nella condizione di ripetere le stesse azioni che ci fanno sentire in colpa (una sorta di autopunizione). Il più delle volte i genitori si sentono in colpa non appena affidano il proprio bambino a tempo pieno presso un nido d’infanzia, indipendentemente dalla reazione del piccolo. Quest’ultima è influenzata da diversi fattori, come l’atteggiamento e la percezione che i genitori hanno rispetto a questa prima ed importante separazione e l’età stessa del bambino. Molto spesso non si pensa che durante i primi tre anni di vita del bambino il tempo scorre particolarmente veloce. Per fare un gioco di parole potremmo dire che più il bambino è piccolo più cresce in fretta! In effetti tra un bambino di dieci mesi ed uno di diciotto c’è un salto enorme nella crescita, come tra un bambino di due e uno di tre. Arriviamo a lei. Prima di tutto la bimba fin dall’età di dieci mesi era abituata a frequentare il nido per mezzo giornata: ciò significa che appena finita la pappa o poco prima della preparazione del pasto la piccolina si “aspettava” di vedere la mamma o il papà per andare a casa. Da due mesi è cambiato lo “schema” ed è normale che la bambina abbia bisogno di un po’ di tempo per abituarsi alla nuova situazione, tempo che è proporzionale all’età e al comportamento reattivo dei genitori. Normalmente, infatti, i bambini di questa età appaiono piuttosto “ambivalenti”, a prescindere da condizioni esterne. In particolare le reazioni affettive nei confronti del genitore si alternano a momenti di intenso bisogno di vicinanza, di coccole, a momenti di prepotente desiderio di autonomia. Il bambino teme, da un lato, la perdita dell’amore materno, come conseguenza di una separazione da lei, e dall’altro, di essere “fagocitato” nella sua orbita, perdendo la possibilità di esplorare il mondo con le proprie gambe. Se il bambino viene affidato al nido durante questa fase della sua crescita è probabile che tenda ad “esasperare” per un pò di tempo questa “ambivalenza”. Come deve reagire la mamma?  Il bambino che pochi mesi prima sembrava tanto indipendente è diventato più bisognoso, più esigente. Insiste per avere il suo aiuto, ma lo rifiuta, anche, in modo tormentato. Alcune madri accolgono con piacere la possibilità di riportare il figlio sotto una campana di vetro, mentre altre rifiutano questa retromarcia momentanea, nella convinzione che “è ormai un ragazzino grande”. Entrambe queste reazioni potrebbero avere effetti negativi sia sull’inserimento al nido del bambino sia sul futuro legame genitori-bambino. I genitori, invece, devono essere capaci di “muoversi insieme” al figlio, accogliendo le diverse sfumature della loro crescita, senza sottovalutare o sopravvalutare determinati comportamenti o esigenze del bambino e, soprattutto, senza lasciarsi sopraffare dalla proprie emozioni, specie se i sensi di colpa fanno da protagonisti. Infatti, le colpe (con conseguenti visioni “catastrofiche” per il futuro) potrebbero esasperare ancora di più l’ambivalenza tipica di questa età: i bambini, percependo un’analoga “ambivalenza” anche da parte dei genitori, si sentirebbero giustificati nel perpetuare i loro capricci e le loro provocazioni. Al contrario, lei e suo marito dovreste manifestare una certa “fermezza” in voi stessi  rispetto alla decisione presa, perché sarebbe proprio tale fermezza a permettere alla bambina di riacquisire la fiducia in se stessa, senza ricorrere ad altre “strategie”, di cui capirà di non aver bisogno. Vi saluto con affetto. 

(risponde la Dott.ssa Aurora Capogna)

Pubblicato in data 21/11/08

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