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Maternità (122639)

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Alice 34

E' da molto tempo che seguo questo sito e leggo tutti i vari problemi riferiti da persone che vorrebbero trovare una soluzione o un po' di sollievo. Ora sono qui anch'io a chiedere aiuto. Sono una mamma di una bimba di dieci mesi, ma ho mille dubbi, mille incertezze, mille angosce e, soprattutto, innumerevoli gelosie. La paura più grande è di non essere riconosciuta come mamma. Mi spiego meglio. Appena partorito, dopo circa dieci giorno, ho dovuto riprendere il lavoro e ho dovuto delegare a mia suocera e ai miei genitori il compito di accudire mia figlia. I primi tre mesi la allattavo, ma appena finito la davo in braccio o a mia madre o a mia suocera finché un giorno la mia piccola non ha più voluto attaccarsi a me (un rifiuto netto), così ho iniziato a tirar fuori il latte e lo prendeva con il biberon. Che dolore mi ha dato il sentirsi rifiutata come mamma. Ora sta crescendo, ma vedo che è sempre più staccata, faccio fatica a farla dormire, non vuole le coccole, si scosta sempre. Ho sbagliato tutto, non dovevo riprendere a lavorare, dovevo passare più tempo con lei. Cosa posso fare? Il tempo perduto è perso? Aiutatemi.

Cara Alice, devo dirle, prima di tutto, che se lei non fosse una brava mamma, probabilmente non mi avrebbe scritto chiedendomi consigli e confidandomi la sua paura più “grande” che, le assicuro, è molto più diffusa di quanto creda tra le mamme lavoratrici. L’unica differenze è che non tutte sono disposte ad ammetterlo o a scriverlo nero su bianco come fa lei. La mia impressione è che lei tenda a percepire ogni comportamento della bambina secondo un unico “filtro”, ovvero secondo un’unica idea, quella di essere rifiutata come mamma. Di fatto lei sta mettendo in atto quella che in psicologia si chiama “preoccupazione materna primaria”, ossia la capacità della mamma di mettersi al posto del suo bambino e di rispondere continuamente ai suoi bisogni. Questa capacità, fondamentale per un sano rapporto madre-bambino, si sviluppa durante la gravidanza, dura alcune settimane dopo la nascita e si spegne progressivamente per lasciare il posto a una diversa capacità che contraddistingue ogni madre "sufficientemente buona”, cioè una madre che accetta di non essere totalmente gratificante per il suo bambino e di non avere l’esclusiva sulla sua vita affettiva e relazionale. Nelle madri che per motivi di lavoro sono costrette a separarsi precocemente dai loro bambini per diverse ore al giorno, la “preoccupazione primaria materna” potrebbe prolungarsi oltre il tempo necessario, proprio perché il senso di colpa conduce le mamme ad attribuirsi stati d’animo che sono propri del bambino e che, spesso, vengono interpretati in modo equivoco. Nel suo caso, come in molti altri, la preferenza che la bambina mostra, ad un certo punto, per il biberon rispetto al seno non dovrebbe essere interpretato come un “rifiuto” o una mancanza di riconoscimento materno. Consideri che un numero molto elevato di donne smette di allattare al seno dopo la quinta o sesta settimana non per mancanza di tempo o scarso affetto, ma per “troppo amore”, arrivano spesso a chiedersi “ma il mio latte è abbastanza nutriente?” . Ovviamente il latte materno è sempre nutriente, a meno che la stessa mamma non sia molto denutrita (ma nella società occidentale è piuttosto raro). Mettere sotto “esame” il proprio latte potrebbe essere la spia di un ansia latente molto più estesa, ansia che spesso collude con le aspettative sociali e con i valori di mercato, veicolati soprattutto dalla pubblicità. Certe volte mi sembra incredibile! Le mamme di oggi, nonostante siano molto ben informate, tendono spesso a mettere in atto comportamenti “irrazionali” dettati dalla paura e dal senso di colpa, arrivando ad “ignorare” il proprio istinto materno. Provi a guardare la parte piena del bicchiere: lei è riuscita nell’impresa (oggi è proprio il caso di dire così) di allattare la bambina al seno per i primi tre mesi, nonostante abbia ripreso immediatamente a lavorare. Il distacco dal seno materno potrebbe essere dettato da ragioni soprattutto “pediatriche” e non affettive. Ci sono bambini che prendono il latte materno anche a due anni, ma questo non è di per sé indicativo di un “appagante” rapporto madre figlio, anzi, in alcuni casi, è più una “comodità” per la madre, per tenere buono il bambino. Infine, a dieci mesi i bambini entrano in quella fase di “schiusa” per cui  cominciano a “staccarsi” dalla mamma per mettere alla prova le progressive capacità acquisite, come la motricità e la percezione, che li aiuteranno ad esplorare un mondo sempre più vasto ed esteso, un mondo da cui saranno affascinati, ma che gradualmente li metterà a contatto con la realtà delle cose, cioè con il fatto di essere piccoli in un ambiente vasto e con il fatto che la madre non sempre è disponibile. Questo ha anche delle ripercussioni sui momenti dei pasti e quando è l’ora di andare a dormire: manifestano gradualmente una certa “ambivalenza”. Vorrebbero lasciarsi coccolare, prendere per mano, ma nello stesso tempo hanno paura di perdere una certa autonomia. Mi sembra che la sua bambina stia attraversano questa fase, fase che si concluderà intorno ai due anni e mezzo. Per finire, le consiglio di affidarsi sempre meno ai sensi di colpa e ai dubbi che, sicuramente, non aiutano il rapporto tra lei e la bambina, e di affidarsi al proprio istinto. E’ lei la mamma ed è lei che sa cosa è meglio per la bambina, lasciando ai suoi genitori e suoceri la possibilità di aiutarla senza prevaricarla. Comunque, le consiglierei di rivolgersi presso il consultorio della sua città per informarsi se esistono gruppi dove vengono affrontate queste tematiche (le assicuro molto diffuse), in modo da condividere emozioni e timori con altre madri. Una volta esisteva il “cortile” dove le mamme si confrontavano direttamente, ora esiste il web, ma secondo me non è proprio la stessa cosa! Le auguro un buon proseguimento e rimango a sua disposizione per ogni dubbio.

(risponde la Dott.ssa Aurora Capogna)

Pubblicato in data 18/08/08

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