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Cinzia, 38anni (4.1.2002)

La mia famiglia è composta da me, mio marito, e mio figlio di quasi 7 anni. abbiamo una normale vita lavorativa e affettiva,ed irapporti coniugali sono buoni. Mio figlio frequenta la prima elementare, ed ha degli atteggiamenti che mettono in crisi noi genitori. Qualunque cosa li venga chiesta di fare ha una risposta negativa con notevole quantità di polemiche, è molto disordinato ed evita accuratamente di mettere a posto le sue cose, quando glielo imponiamo inizia a sbraitare e a dire che allora lui ci dirà cosa noi non dobbiamo fare.E' una "battaglia" quotidiana che ci mette a dura prova, ed è peggiorata da quando è iniziata la scuola elementare. Le sue maestre lamentano le nostre stesse problematiche e ripetono che nonostante sia un bambino estremamente precoce (ha iniziato a leggere e scrivere a 4 anni) ha degli atteggiamenti di insofferenza ad ogni regola ed è sempre disinteressato di ciò che accade in classe, inoltre e sempre scomposto sul banco ed a mensa. Non dà fastidio agli altri bambini ma non riesce a legare particolarmente con nessuno.Noi non sappiamo più quale atteggiamento adottare (abbiamo provato a lasciar perdere, ad essere più severi con lui spiegandoli che le regole vanno rispettate, ma i risultati sono sempre gli stessi) e siamo preoccupati per il suo futuro e perchè non è possibile ogni giorno affrontare nuove discussioni sulle stesse cose.
Grazie per ciò che mi potete suggerire

Gentile sig.ra Cinzia, il problema di relazione con suo figlio è attualmente molto diffuso tra le famiglie. Non vi è dubbio che i comportamenti descritti possano divenire una notevole fonte di stress familiare. In queste situazioni aumenta notevolmente la probabilità che il genitore reagisca con la collera. La collera è l'emozione che più di altre interferisce con l'adozione di adeguate modalità educative, stimolando piuttosto ad agire d'impulso senza la sufficiente "lucidità", provocando poi rimorsi e sensi di colpa. Fermiamoci un momento a riflettere sui fattori che ci fanno irritare. Chiediamoci: quante volte accade che uno stesso comportamento del bambino a volte viene punito, a volte viene completamente ignorato, o addirittura reagiamo ad esso sorridendo? Questo atteggiamento incoerente dei genitori è legato alla interpretazione attribuita al comportamento del figlio, in relazione al nostro stato umorale del momento. L'incoerenza educativa sia nello stesso genitore, che nella coppia genitoriale è stata identificata come una tra le cause dei comportamenti inadeguati dei bambini. I bambini hanno necessità di regole chiare e certe, così come di conseguenze chiare , certe. Può anche accadere che il genitore non sia abbastanza deciso nella richiesta fatta al bambino. Nel senso che il genitore di fronte alle "resistenze" del figlio, recede. Il bambino, di conseguenza, impara ad ignorare la richiesta del genitore, poichè la conseguenza più probabile sarà quella per lui più desiderabile, cioè evitare di fare quanto gli è stato chiesto. Alcuni genitori tendono ad imporre il rispetto di un numero molto elevato di regole, creando situazioni altamente stressanti per i figli e per la relazione con questi ultimi. Al contrario, sarebbe opportuno focalizzarsi su quelle che si valutano estremamente importanti e che appaiono adeguate allo sviluppo cognitvo e cronologico del bambino. Una credenza piuttosto comune è che quando i bambini si comportano adeguatamente sia una cosa scontata. Le espressioni più frequenti sottese a questa tesi sono:<< lo hai fatto per te stesso..>>, << è tuo dovere..>> ecc..Numerosi studi, però, hanno evidenziato come la carenza di rinforzi (riconoscimenti positivi) ed il conseguente uso frequente dell' attenzione negativa ( come rimproveri e punizioni ) produce un aumento dei comportamenti negativi. Nel caso di comportamenti oppositivi piuttosto frequenti, la relazione genitore -figlio, se basata su questa modalità d'interazione, genera una escalation distruttiva. Si deve porre attenzione ad un'altra conseguenza per il bambino di simili modalità relazionali. Risulterà, infatti, altamente probabile la possibilità che sviluppi una immagine di sé negativa. Come anche è probabile si sviluppi l'idea di non "essere amato" dai genitori o peggio ancora che i genitori lo vedano "tutto negativo". Anche l'uso di alcune espressioni piuttosto che altre può avere con il tempo effetti negativi sull'autostima del bambino e sull'immagine di sé. Talvolta alcuni nelle situazioni difficili utilizzano nei confronti dei bambini espressioni del tipo << sei una peste>>, <<sei cretino >>, <<se continui così non combinerai mai niente di buono!>>. Queste espressioni etichettano la persona del bambino come negativa ed in fondo con delle caratteristiche che potrebbero essere immutabili. Riflettiamo un momento, se questa è l'opinione dei genitori perchè il bambino dovrebbe modificare il proprio comportamento?. Sicuramente, molti non pensano affatto quello che esprimono nei "momenti di collera", ma i bambini questo non lo sanno o perlomeno hanno difficoltà a pensarla diversamente, soprattutto quando questi episodi sono piuttosto frequenti. Sarebbe molto più funzionale ed equilibrato utilizzare espressioni che indichino la negatività del comportamento non della persona, come per esempio: << ti sei comportato molto male con Giorgio>>, << hai fatto proprio una stupidaggine>>. Occorre, quindi, necessariamente imparare a vedere i comportamenti positivi del bambino, che comunque sono sempre presenti anche nei casi che appaiono più difficili e rinforzarli. La psicologia cognitivo-comportamentale, sulla base degli studi effettuati sull'apprendimento, sostiene che se un comportamento ha delle conseguenze piacevoli tenderà ad essere ripetuto. I rinforzi appunto rappresentano queste conseguenze piacevoli e possono essere di varia natura: rinforzatori sociali, cioè le espressioni di ammirazione, approvazione, affetto; i rinforzatori materiali: oggetti vari o cibo; i rinforzatori costituiti dall'avere situazioni o attività piacevoli o particolari privilegi. Nel passato quando ancora non era molto diffusa la conoscenza delle teorie dell'apprendimento e dell'uso dei rinforzatori, essi erano visti negativamente. Alcuni ritenevano, infatti, il loro utilizzo una modalità ricattatoria nei confronti del bambino. Un modalità ricattatoria, al contrario, si realizza quando si pone una scelta, che non è libera e che pone di fronte a due conseguenze ugualmente negative ed aversive. Un esempio può essere: << o mangi la minestra o ti prendi uno schiaffone >>. Se da una parte, quindi, si sollecita l'attenzione ai comportamenti positivi, facendoli seguire a riconoscimenti positivi (rinforzi) di vario genere (espressioni d'affetto, espressioni di ammirazione, approvazione, situazioni piacevoli ecc..), dall'altra è necessario intervenire sui comportamenti negativi con la sottrazione di benefici, ma con coerenza e chiarezza. Ciò significa che quando il bambino non esegue una richiesta del genitore, bisogna attendere qualche attimo, quindi, ripeterla una seconda volta specificando la penalità che si metterà in atto nel caso di un rifiuto. La sottrazione del beneficio può essere non vedere il cartone preferito, oppure non giocare al video gioco preferito ecc.
Bisogna porre attenzione, però, sia alla modalità di porre la richiesta che alla frequenza d'uso della modalità. Per ciò che concerne la richiesta occorre che sia espressa con tono fermo, ma non adirato, nè perentorio, deve essere chiara specificando nei particolari cosa vogliamo che sia fatto. Educare è anche rispettare l'individualità del bambino e ciò si realizza anche nella modalità di rivolgergli le richieste, ponendole proprio come desidereremmo fossero rivolte a noi stessi. Allora da quanto abbiamo visto dobbiamo cominciare proprio da noi genitori autosservando le nostre modalità relazionali con i figli. Un primo passo è utilizzare la nostra agenda dividendo la pagina del giorno in corso in due colonne, su di una indicheremo, utilizzando un simbolo a nostro piacimento, tutte le situazioni in cui abbiamo rimproverato o punito il figlio, nell'altra indicheremo invece quelle in cui abbiamo sottolineato i comportamenti positivi. Dopo circa una settimana di osservazione ed un pò di pazienza avremo con chiarezza tutti gli elementi per conoscere qual'è la nostra modalità relazionale prevalente.
Già questo è l'inizio di una modificazione!. Naturalmente, questi sono alcuni dei suggerimenti che potrebbero essere dati in questa situazione. Un'altro intervento che generalmente sortisce buoni risultati è il contratto educativo tra genitori e figlio. Il contratto educativo aiuta a sviluppare nuova modalità educativa, educa alla democrazia in quanto è stilato sulla base di un accordo tra le parti: genitori e figlio; offre libertà di scelta per il figlio ed infine abitua i genitori alla contrattazione. Da quanto mi riferisce suo figlio sembra avere problemi anche in ambiente scolastico, quindi, anche in quel contesto sarebbe necessario approfondire i problemi presenti e sviluppare un programma d'intervento educativo adeguato, che includa anche la possibilità di stilare un contratto educativo inseganti- bambino.

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