Psicologia infantile (125594)
Silvia 30
Buonasera gentili psicologi. Sono mamma di due bimbe una di 4 anni ed una di 8 mesi. Purtroppo lo scorso anno, ho perso una bimba dopo solo quattro giorno di vita. La grande all'epoca aveva tre anni, e questo fatto lo ricorda molto bene nonostante l'arrivo dell'altra sorellina. Ne parla spesso e con serenità, più che altro pone sempre moltissime domande: perchè non hai potuto curarla, come fa ora se piange e tu non sei con lei, se ha fame o se si vuole vestire, ed ancora domande di questo tipo. La mia domanda è questa: come le devo rispondere? E' meglio che io mi tenga un pò sul vago ed astratto tipo "lei dove sta ora sta bene e non ha bisogno di nulla", oppure raccontarle di lei un po' come se fosse simile a noi e nel posto in cui si trova c'è chi provvede alle sue necessità? Non vorrei crearle aspettative, ma nemmeno confonderla troppo o, involontariamente, allontanarla dai suoi ricordi.
Cara Silvia, la morte di un figlio è sempre un evento molto doloroso, specie se vissuto come un vero e proprio fallimento. Spesso sotto la spinta dei medici, una perdita del genere viene affrontata iniziando una nuova gravidanza, quasi per esorcizzare la perdita e compensare con un altro bambino. Quindi, la morte di un bambino neonato induce spesso i genitori ad averne un altro al più presto ed è importante esplorare se il nuovo bambino o bambina viene ad assumere nell’immaginario mentale dei genitori lo stesso posto del figlio perduto, magari con lo stesso nome, le stesse aspettative. Il problema, insomma, è se il nuovo figlio avrà uno spazio, un suo riconoscimento e una sua identità. Un altro punto importante riguarda il momento in cui avviene la perdita, se avviene nell’ultima fase della gravidanza, se il bambino nasce, se continua a vivere per qualche giorno o per un mese, se la madre può vedere il suo bambino o no. Infatti, il poter o voler vedere il proprio bambino, anche morto, aiuta paradossalmente i genitori a mantenere un buon contatto con la realtà, a non negare la perdita e a trovare il modo per accettarla. Date queste premesse generali, mi sembra di capire che la “presenza” della bimba perduta occupi molto i pensieri di sua figlia anche a distanza di un anno dall’accaduto e nonostante l’arrivo dell’altra sorellina. C’è da dire che a 4 anni vi sono ancora molti bambini che pensano alla morte come ad un evento reversibile, una sorta di lungo viaggio o un letargo da cui si ritorna. Di solito queste “credenze” sono preservate e alimentate anche dalla paura degli adulti di affrontare l’argomento morte, specie se riguarda la perdita di una persona molto importante, creando nel bambino, come lei dice, delle aspettative, delle illusioni. Probabilmente, finché sua figlia continuerà a pensare alla sorellina scomparsa nei termini di: “chi si prende cura di lei, come fa se piange e la mamma non c’è, se ha fame”, ecc, non riuscirà a liberarsi da questa “presenza”, e non riuscirà a “ricordarla”, nel vero senso della parola, perché si ricordano le persone che non ci sono più, mentre quelle che si trovano in un altro luogo si aspettano. Credo che questa illusione non possa andare avanti all’infinito, e che prima o poi la verità debba venire a galla, sostituendo l’illusione con il ricordo, un ricordo accessibile a tutti, che faccia sentire al sicuro e allontani paure e timori. Colga l’opportunità di parlare chiaramente con sua figlia ora che la “martella” di domande, un fatto sicuramente positivo, perché la bimba continua ad avvertire al possibilità di parlarne liberamente con la sua mamma, sente che lei è disposta ad ascoltarla e non cerca di sviarla su altri argomenti. Tuttavia non basta. Io le consiglierei di affrontare l’argomento partendo proprio da lei, dai suoi sentimenti, dalle sue emozioni. Le dico questo perché può darsi che le continue domande della bambina siano più dettate dalla percezione “velata” che ha delle sue emozioni, rispetto alla perdita della neonata, che per il destino in sé della piccolina perduta prematuramente. Quando la bambina le chiede “perché non hai potuto curarla” le spieghi cosa è accaduto, magari sotto forma di favola, prendendo a “prestito” situazioni simili accadute ad altri, dopo di che le racconti come si è sentita lei, di cosa ha fatto, di come era triste. In questo modo sua figlia potrà collegare le emozioni della mamma ai fatti veramente accaduti, sentendosi, così, meno confusa e nutrendo aspettative diverse per il futuro, e mettendo da parte dei bei ricordi. Non abbia timore di usare la parola morte. Sicuramente sarà capitato a sua figlia di vedere un animale morto per strada o aver sentito alla televisione annunci di morte. I bambini di questa età non hanno gli stessi tabù degli adulti nell’affrontare certi argomenti, purché gliene sia data la possibilità. Infine, se sente come troppo “complicato” per lei affrontare questo argomento con sua figlia, può sempre chiedere l’aiuto di uno psicologo che le permetta di trovare il modo di rispondere a sua figlia, ma, soprattutto, a se stessa. Un affettuoso saluto e lei e alla bimbe.
(risponde la Dott.ssa Aurora Capogna)
Pubblicato in data 28/10/08
Pubblicità
Vuoi conoscere i libri che parlano di infanzia per saperne di più?
Cercali su Psiconline® Professional
Store