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consulenza sulle psicosi (05092001)

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on . Postato in Relazioni, Coppia, Famiglia | Letto 488 volte

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Lorenzo V., 34 anni (5.9.2001)

Gentili esperti, sono un giovane di 34 anni che ha un fratello sofferente da oltre dieci anni di gravi disturbi psichici.

Vi racconterò per cenni la sua storia e infine vi chiederò alcuni consigli pratici per cercare di orientarmi meglio dentro a questo dramma. Mio fratello, di 30 anni, ha avuto le sue prime crisi psicotiche quando frequentava il primo anno di psicologia a Padova, al punto che rifiutava il rapporto con la famiglia e vagava disperato per le strade di quella città.

Fu ricoverato a forza all'ospedale della mia città, La Spezia, dove purtroppo alle crisi si aggiunsero deliri e allucinazioni, sotto l'influenza, pare, di un altro ricoverato che gli mise in testa l'influenza del diavolo.Allora gli venne diagnosticata una sindrome maniaco depressiva, e da alcuni medici, in seguito, schizofrenia.Per la mia famiglia fu un tracollo, io stesso ebbi crisi di accettazione di questa realtà, e tenendo duro, riuscii a terminare i miei studi universitari e a intraprendere con grandi difficoltà la carriera lavorativa.

Da allora il clima familiare è paragonabile ad un buco nero che assorbe ogni forma di energia. Mio fratello dopo anni di crisi ripetute, trattate farmacologicamente dal dott. Petracca di Pisa, si è ripreso e ha progressivamente, tra alti e bassi, iniziato a lavorare con un impiego alle dipendenze di mio padre e si è ricostruito alcune relazioni sociali.Ha dimostrato molta tenacia e fatto grandi progressi, ma ha avuto sempre ricadute, come in questi giorni.Ora soffre di attacchi quotidiani di autoaggressività: si picchia in faccia, procurandosi graffi e lesioni che non riesce a controllare, anche se lui si dichiara lucido e consapevole.

Io ho vissuto da allora un mio dramma personale, non riuscendo ad accettare che questa disgrazia condizionasse pesantemente la mia esistenza e l'inevitabile destino di farmene carico in futuro. Tra l'altro venni anche lasciato da solo dalla mia ragazza e dagli amici.Ora, dopo anni di esilio disperato dal contatto quotidiano con la famiglia, sono nelle condizioni di poter almeno cercare marginalmente di aiutare i miei genitori nel sostegno e nella ricerca di una soluzione.Purtroppo loro sono passivi, seguno i consigli periodici del dott. Petracca e di uno psichiatra locale che opera in una struttura pubblica.Ora pare che mio fratello sia nuovamente in una crisi difficile, anche perché, credo, si accorge di essere prigioniero di una vita non autonoma e handicappata.

Io credo che noi familiari pur affidandoci agli esperti, dovremo essere più attivi, cercando di creare per mio fratello un ambiente complessivamente più favorevole, con relazioni, terapie, attività sociali tipo volontariato o simili, perché ho il forte sospetto che altrimenti questa situazione di stallo non avrà mai soluzione. Perciò vi chiedo indicazioni su nomi di medici non troppo lontani dalla Spezia, strutture specializzate, terapie complementari, sull'opportunità di creargli un nuovo ambiente di lavoro, magari protetto e staccato dalla famiglia, su che strade seguire per poter favorire la sua socializzazione e la sua uscita dal guscio familiare, e su quant'altro riterrete opportuno consigliarmi.

Vi chiedo inoltre come devo rapportarmi con lui, dato che troppo vicino sento la mia vita svuotata e che se dovessi allontanarmi per autodifesa, mi sentirei in colpa per aver abbandonato la mia famiglia su una nave che affonda lentamente.Confido in qualche vostra indicazione utile

Cordialmente
Lorenzo

 


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Caro Lorenzo, comprendo appieno il senso di solitudine e le difficoltà che i familiari di pazienti psicotici vivono quotidianamente , in quanto spesso si sentono abbandonati nella cura, anche se questo non mi sembra del tutto il tuo caso, dato che tuo fratello è seguito da tempo da vari specialisti e strutture.Mi sembra, anche, che il tuo scoramento attuale sia legato alla nuova crisi che tuo fratello sta attraversando, che ti fa pensare a qualche intervento terapeutico diverso.Purtroppo la schizofrenia è una malattia cronica, che dura a lungo con ricadute e miglioramenti, anche consistenti, che permettono al paziente di condurre una vita molto vicina alla normalità.

Ora, mi sembra che in questi dieci anni la situazione di tuo fratello sia migliorata: ha iniziato a lavorare presso vostro padre ed ha anche creato alcune relazioni sociali. Non penso che la crisi attuale sia legata al fatto che sente la sua vita non autonoma ed handicappata, ma al fatto che tali ricadute sono possibili durante il decorso della malattia. Ciò non significa però che si riparta da zero, come forse tu temi. Non ritengo utile , dato comunque i miglioramenti che tuo fratello ha avuto, consigliarti medici o strutture in alternativa; tieni, infatti, presente che tale cambiamento può essere traumatico sia per tuo fratello che per i tuoi genitori, che mi sembra ripongano fiducia in questi specialisti.

Ti consiglio, invece, se hai dubbi di parlarne direttamente con gli specialisti che hanno in cura tuo fratello, che penso potranno aiutarti in tal senso. Quanto al fatto di cambiare lavoro e favorire la socializzazione di tuo fratello, è utile che anche per questo parli con gli specialisti, per sentire anche il loro parere al riguardo, se cioè è indicato , da un punto di vista terapeutico, stimolare maggiormente tuo fratello in tal senso. Per una persona " normale", infatti, è importante avere un lavoro non protetto e socializzare; ciò è, naturalmente, importante anche per un malato, ma bisogna dosare molto bene la cosa, perché un'eccessiva stimolazione, quale un lavoro non protetto ed altri rapporti sociali, possono essere troppo stressanti per lui. Bisogna, insomma, dosare stimolazioni e protezione del paziente, onde evitare ulteriori scompensi. Potresti comunque interessarti, a mio avviso, presso gruppi ed associazioni di volontariato, ma parlarne apertamente con tuo fratello per vedere se è d'accordo e se la cosa gli interessa.

Lo stesso dicasi per una lavoro non protetto: se gli specialisti che seguono e conoscono molto bene tuo fratello ritengono che si possa provare, ci si può rivolgere ai Servizi Sociali della tua città o all'assistente sociale dei servizi psichiatrici. Anche qui , però, è molto importante non fare il passo più lungo della gamba e , comunque, che tuo fratello sia d'accordo.Quanto alla posizione che devi assumere, capisco che sia molto difficile accettare la malattia di un fratello e che tu viva una "normale" ambivalenza tra il volergli stare vicino ed il pensare anche al tuo benessere. Aiutare una persona malata non significa abnegarsi completamente, sia perché fa sentire il malato una persona " handicappata", sia perché comunque anche un malato ha parti sane che è i grado di utilizzare. Non devi, pertanto, farti sensi di colpa se a volte preferisci allontanarti da lui per una " sano " bisogno di pensare anche al tuo benessere.

Ciò non significa, poi, lasciare che la nave affondi lentamente, come tu vivi, perché comunque progressi di tuo fratello ci sono stati e ci possono essere.Mi sembra, poi, che i tuoi genitori siano i grado di affrontare tale situazione, anche se sicuramente un tuo sostegno in tal senso è importante. Mi sembra, infine, che tu viva la malattia di tuo fratello , comprensibilmente, con molta ansia, timore del futuro, forse anche un po' di rassegnazione. Al riguardo penso che ti possa essere utile parlare con uno psicologo di questi tuoi vissuti, solo qualche colloquio che ti aiuti però ad affrontare questo problema, certamente serio, con maggiore serenità e ti consigli sul da farsi sia verso la tua famiglia che verso tuo fratello.

 

 

 


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