Convivere con un malato di Alzheimer (121613)
Clelia 23
Salve, ho 23 anni e sono l'ultima di 3 figli. A settembre di quest'anno a mio padre (62 anni) è stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. Già da più o meno un anno il suo comportamento era molto cambiato, prima era sempre disponibile e gentile, soprattutto con me, adesso è completamente diverso, si innervosisce per qualsiasi cosa gli si chieda, ci tormenta dicendoci tutti i giorni le stesse cose, comincia ad avere difficoltà nell'esecuzione di compiti abituali, come per esempio usare la tv o la macchinetta del caffé. Quando appresi della diagnosi non ero affatto stupita perché avevo cominciato ad informarmi circa i sintomi che presentava, le dimenticanze, le difficoltà che aveva, e quindi mi ero già fatta la mia idea in proposito. Però quando ne ho avuto la conferma in me si è scatenato uno strano meccanismo. Cerco di evitarlo il più possibile, mi dà fastidio la sua presenza, mi dà fastidio che si rivolga a me e, mi vergogno a dirlo, ma certe volte penso che sarebbe meglio se morisse. E questo mi spaventa, perché io gli voglio tanto bene, sono la figlia che prendeva sempre le sue difese quando litigava con mamma, sono la sua piccola e lui è il mio adorato papà. Quando penso a questa cosa la giustifico pensando che forse sarebbe il suo bene, perché la malattia gli porterà lunghe sofferenze, però ho anche paura di essere io l'egoista che non vuole affrontarle. Inutile dire che il clima a casa non è dei migliori, perché anche mia mamma non riesce ad accettare questa cosa, ed è sempre nervosa, strilla sempre se lui fa qualcosa di sbagliato, il ché accade in continuazione, e quindi non abbiamo più un minimo di tranquillità. Di questi miei problemi non ne parlo mai con nessuno, perché non sono molto propensa a parlare delle cose private della mia famiglia a persone esterne e quindi molto spesso mi sembra di esplodere, di impazzire e vorrei solo potermi laureare il prima possibile per andare via da casa, via dalla fonte dei miei problemi. Sì, perché quando io sono fuori casa, all'università o con amici, sto benissimo e sono la ragazza allegra di sempre. Quando metto piede a casa comincio a diventare intrattabile e sempre triste ed arrabbiata. Allora penso che fuggire sarebbe l'unica soluzione, ma poi penso che sarebbe una scelta troppo egoista lasciare mia mamma sola con lui. E d'altro canto questo mio senso di responsabilità mi spaventa pure perché ho paura che possa bloccare le mie ambizioni. Vi prego, datemi un consiglio.
Cara Clelia, il morbo di Alzheimer è una malattia degenerativa molto grave. Solitamente le persone che ne sono affette incominciano un lungo cammino, che passa per diverse fasi, presentando sintomi diversi, tra cui irritabilità ed aggressività. E' normale che tu abbia difficoltà ad accettare un cambiamento così forte nel modo in cui percepisci tuo padre: prima era lui a proteggerti e prendersi cura di te, ora siete tu e la tua famiglia a dovervi prendere cura di lui e dovete affrontare tutto ciò tenendo conto di una certa dose di incertezza e di imprevedibilità dei suoi comportamenti. Ciò che pensi e le emozioni contrastanti che provi sono dei sentimenti del tutto umani e tipici in queste situazioni di forte sconforto ed instabilità. La rabbia ci fa pensare che non ci siano soluzioni e che la morte della persona da cui deriva la nostra instabilità sia l'unico rimedio, ma nel profondo tu lo sai che non è così ed è perciò che provi un forte senso di colpa per i tuoi sentimenti. Intanto non sentirti male per ciò che provi, col tempo alla rabbia subentreranno altri sentimenti, come la rassegnazione e l'accettazione e tu saprai farti una ragione di tutto ciò. Informati circa la possibile partecipazione da parte tua a gruppi psicoeducativi per i figli o i parenti dei malati di Alzheimer: si tratta di gruppi informativi a cui partecipano parenti che condividono lo stesso problema. In questi gruppi è possibile scambiarsi informazioni ed avere conforto, penso che la frequentazione ad un gruppo potrebbe aiutarti ad avere delle risorse in più ed a sentirti meno sola e maggiormente confortata. Cerca di offrire il tuo contributo personale alla tua famiglia nella misura in cui ti riesce, senza sensi di colpa, anche semplicemente offrendo a tua madre la possibilità di uscire un po' per prendere una boccata d'aria e distrarsi, magari ritagliati del tempo per parlare un po' con lei e con i tuoi fratelli, senza isolarvi, ma cercando di essere di sostegno vicendevolmente: in queste situazioni di instabilità è molto importante mantenere l'accordo familiare. Coltiva intanto le tue amicizie ed i tuoi interessi, le tue ambizioni per lo studio e per il tuo futuro: tuo padre sarebbe molto contento ed orgoglioso della tua realizzazione professionale, non bisogna sentirsi in colpa per vivere la propria vita. Considera il vostro problema familiare come una prova di coraggio: affrontare questa prova costituirà per te un passaggio verso la vita adulta. Non aver paura per il tuo futuro, la situazione che vivi ora, essendo una situazione iniziale, ancora non vi ha permesso di organizzarvi bene e di capire come affrontare la malattia, vedrai che col tempo, quando tutti voi avrete le idee più chiare sulla malattia di tuo padre, riuscirete ad organizzarvi meglio e la situazione che vivete troverà la giusta collocazione nella vostra vita. Ti faccio tanti auguri.
(risponde la Dott.ssa Maria Rosaria Infante)
Pubblicato in data 29/07/08
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