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rapporti famigliari (44539)

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on . Postato in Relazioni, Coppia, Famiglia | Letto 514 volte

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Francesca, 33anni (14.10.2001)

Mi chiamo Francesca e ho quasi 34 anni. Da circa 15 mi trascino in una situazione emotiva che molto spesso trovo insostenibile e che scaturisce dai rapporti con la mia famiglia d'origine: sono figlia unica e vivo, spero ancora per poco, con i miei genitori, da cui sono stata sempre soffocata. Ho vissuto in un ambiente dove la mia vitalità di per sè divampante è stata castrata così come la mia voglia di comunicare, un ambiente in cui insomma il "nutrimento vitale" è stato quasi nullo. Tralasciando altri aspetti logoranti della vita in famiglia, vengo al problema numero uno: ho una madre di cui dire che è castrante e squalificante è veramente poco: ho sofferto tremendamente per anni e anni per la sua aggressività smodata e incomprensibile, completamente "ingovernabile" come 'sta notte stessa l'ho definita in un sogno! Tra spirito di provocazione ai limiti del credibile, ostilità, pesantezza con cui mi ha logorata non so davvero che cosa mi abbia risparmiato. Si scatenava e talvolta ancora si scatena contro di me in un modo che non lascia scampo: non posso nè ribattere, nè essere conciliante e alla fine comunque sfocia tutto sistematicamente in litigi familiari distruttivi in cui anche mio padre mi dà contro. Ho sempre paura di sembrare esagerata quando descrivo questa situazione e del resto ho imparato a difendermi dalle risposte semplicione della serie "tutte le madri sono così", che francamente trovo degli insulti.
Posso solo dire che questa è l'unica situazione (e mia madre l'unica persona) sperimentata nella vita per cui mi capita di esprimermi con tanta apparente esagerazione: tutto il resto è descrivibile, paragonabile, classificabile: questa situazione meno... Veniamo al dunque: benchè come ho detto, io mi trascini ancora in tale stato di cose, negli anni, lavorandoci, a suon di sudore e lacrime, sono riuscita a venirne fuori parzialmente per tappe successive (tra l'altro mi sono trovata un ragazzo, mi sono laureata, ho trovato un lavoro, oltre ai vari passi avanti puramente psicologici). In ciò mi ha aiutata anche l'analisi, che ho fatto però con uno psicanalista con cui non ho mai avuto vera sintonia e sul quale ho sempre mutrito molte perplessità. Dopo aver abbandonato l'analisi, ho continuato a lavorare da sola forte degli strumenti acquisiti nella precedente esperienza, ma il carico di negatività incredibile immagazzinato negli anni non si smaltisce tanto facilmente e mi limita molto, perchè non ho digerito il male subito e l'idea di aver sprecato la mia vita a sconvolgermi invece che a creare e andare avanti.
Oggi vado avanti e vivo la vita più di ieri, d'accordo, ma una quota di "paralisi" è rimasta e questa paralisi è determinata dalla rabbia. Credo a tale proposito di vivere un momento "positivo" perchè ultimamente la rabbia sta passando dallo stato passivo a quello attivo, cioè sta diventando energia per costruire ed inaugurare così una nuova svolta dopo tutte le piccole svolte precedenti. Il problema che mi pongo in continuazione però è se ce la farò a risolvere questa situazione da sola, oppure se un carico di dolore e rabbia così grande e così pieno di infinite complicazioni necessiti dell'aiuto di uno psicologo per essere risolto ed eventualmente questa volta di uno psicologo col quale fin dall'inizio senta di trovarmi bene. Mi chiedo inoltre se arriverò mai a sentirmi una persona con un carico di esperienze passate negative "nella media" invece che tanto oppressa da sentirmi spesso "diversa". Vi ringrazio dell'attenzione.
Francesca.

Cara Francesca, mi sembra che "paralizzarti" in situazioni insoddisfacenti rappresenti una tua tendenza che si è manifestata sia in famiglia, dove affermi di vivere tensioni insostenibili, che nella relazione con il tuo terapeuta, con cui sei andata avanti nel percorso senza raggiungere la sintonia necessaria. In altri termini appare più importante per te resistere e sopravvivere nella lotta, che sottrarti alla sofferenza e alla frustrazione, quindi vorrei chiederti: ti stai mettendo alla prova? Vuoi sperimentare la tua capacità di non farti sopraffare e di cavartela, nonostante tutto?
Credo che il problema sia qui, forse una relazione appagante, di vero scambio ti sembra più difficile da gestire perché hai imparato a "stringere i denti" e continuare per la tua strada, ma questo atteggiamento ti porta ad uno spreco di energie e ad uno stato di tensione costante che, certo, non è salutare per te. Abbandonare il campo, non sempre è segno di debolezza, e comunque cedere e rinunciare ad essere forti ad ogni costo, molto spesso è la risposta che la vita richiede per poterla vivere in modo completo e fluido.
Non ci viene mai richiesto di sopportare, spesso però, dobbiamo accettare, e accettando che una situazione, una persona, siano come sono, è possibile distaccarsi e recuperare il contatto con la propria esistenza. Una psicoterapia è certamente consigliabile. Auguri.

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