Rapporto con gli altri, (012577)
Cristiano, 33anni
Buongiorno, complimenti per il vostro sito. Ho 33 anni ed il mio problema credo
possa essere quello di essere insensibile verso gli altri che mi stanno vicino.
In una certa misura mi preoccupo per familiari, amici, colleghi. ma quando si
verifica un avvenimento importante (e/o purtroppo tragico) ho la sensazione,
che cerco di negare a me stesso, che potrei fregarmene altamente senza il minimo
complesso di colpa. Anche di fronte alla malattia o alla morte. Mi ricordo la
morte di mio padre, in un incidente stradale, quando avevo 18 anni. Tornavo
da scuola con l'autobus e passai davanti al luogo dell'incidente. Mi ricordo
ancora la sensazione di quando riconobbi le lamiere della sua macchina. Fu uno
shock. Però dopo qualche giorno ero già in forma. Certo avevo
dei periodi di malinconia e pianto, ma mi ero ripreso. Mia madre credeva che
io dimostrassi una tempra simile per il bene della famiglia. Ma era tempra o
menefreghismo? Poi persi mia nonna che aveva sempre vissuto con noi, persi degli
amici in incidenti stradali, uno di loro si suicidò, persi l'altra nonna,
mio zio. ma in tutti questi casi, a parte la recita delle solite frasi di circostanza
corredate dall'espressione triste che l'avvenimento richiede, dopo trenta secondi
avrei potuto dire: - ok, ma ora devo andare a lavorare, devo raggiungere gli
altri al bar, ho la partita di pallone... Quando un amico od un collega mi parla,
lo ascolto, cerco i dargli consigli, di consolarlo se necessario. ma dentro
di me c'è sempre quella maledetta frase:- "Ma a me che c..zo me
ne frega di cosa mi sta dicendo questo!" Mi sto chiudendo in me stesso,
consapevole che qualunque rapporto inizi sia falso in partenza proprio per il
mio atteggiamento. Sto perdendo amicizie, il rapporto con il mio unico fratello,
ho deteriorato quello in ufficio con i colleghi di cui sono il capoufficio (poveracci!).
Cerco di essere cortese, amichevole, sereno con chi mi sta intorno, ma poi un
bel giorno mi rendo conto di stare fingendo. E non si può fingere per
sempre. Non posso recitare un carattere che non è il mio, e quel giorno
butto tutto all'aria. Ho provato a cercare risposte nella fede, poi presso psicologi,
poi con l'ipnosi. Scatta sempre il solito interruttore, dopo un po' di conversazione
o terapia il mio cervello inevitabilmente mi dice: ma che razza di cavolate
sta dicendo questo! E lì il mio interlocutore, il povero prete o lo psicoterapeuta,
perde ogni credibilità, ogni ascendente su di me.
Per favore, consigliatemi. Si raccoglie ciò che si semina. Io non ho
seminato e vedo il mio futuro triste e solo. Per colpa mia!
Grazie anticipatamente. Cordiali saluti!
Probabilmente la tua insensibilità è come una maschera che ti
sei imposto di portare ma che non corrisponde alla tua vera natura e sensibilità.
Lo shock che hai vissuto per la morte di tuo padre ti ha indurito e ha posto
le basi per la costruzione di una corazza che ti allontana dal mondo e ti fa
respingere la complessità delle relazioni umane e dei sentimenti. Ma
di questa corazza sei prigioniero e non riesci più a distinguere il bene
dal male, rifiutando tutto.
Allora, è necessario far emergere quello che sei veramente, nella forma
più autentica possibile, anche se questo è un compito difficile
che implica conoscersi, almeno in parte.
E' un lavoro pesante che ognuno deve affrontare e che non si può rifiutare,
pena l'assenza dal mondo reale, specialmente dai sentimenti. L'insensibilità
è una condanna ancora peggiore.
E' dentro di te che devi cercare, accettando e vivendo con passione gli eventi
della vita, partecipando alle tristezze e alle felicità che ne possono
derivare. Non ci sono scorciatoie.
Con il tempo poi saprai anche imparare a capire e gestire meglio le emozioni,
in particolar modo quelle afflittive.
( risponde il dott. Renato Vignati )
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