Trauma da lutto (144398)
Carlotta 29
Salve, sono una ragazza, che circa tre mesi fà, ha conosciuto un ragazzo durante una cena di lavoro. Nel giro di un mese, è nata una storia che poteva avere tutte le qualità per essere una storia d'amore. Abbiamo trascorso l'intero mese di gennaio in completa armonia tra serate, week end insieme, passeggiate e chiacchierate a telefono. Poi il week end di San Valentino nel trascorrerlo da lui, ho notato che c'era la foto di una ragazza che fino a quel momento non c'era (gli ho chiesto chi fosse e lui mi ha detto che era un'amica di famiglia purtroppo morta), e aldila' di tutto abbiamo trascorso l'intera serata davanti alla tv. Ho notato che era strano, quasi turbato. Diciamo che poi da quel momento in poi, la sua freddezza è stata sempre piu' manifesta, fino al punto in cui, durante una serata, eravamo a cena a lume di candela, lui mi ha confessato che oltre ad aver perso il primo che per lui era un semidio, circa un anno e mezzo aveva perso anche la ragazza perchè malata di epilessia. Mi ha confessato, che fondamentalmente, non si è mai ripreso da questi lutti e che appunto da un po' di giorni, era ripiombato nuovamente nello stato depressivo, con fatica ad alzarsi dal letto e andare a lavoro e voglia di stare solo in casa, magari trascinandosi dal divano al letto. Mi ha chiesto se volevo continuare a stargli accanto perchè in fondo quando trascorreva le serate con me stava bene e non pensava ai suoi drammi interiori. Mi ha anche detto che ha un rapporto conflittuale con la madre, alla quale lamenta di non essergli stato accanto abbastanza. Io gli ho promesso di stargli accanto. Ad oggi, la storia si è conclusa. Da un lato, non ho retto di fronte alla sua estrema freddezza nei miei confronti. Certo c'è stato un contatto quotidiano via telefono, ma sostanzialemente un contatto in cui non esprimeva mai un pensiero, una sensazione su qualche serata trascorsa insieme a cena o andando a cinema. Mi ha sempre scritto messaggi algidi però costanti e premurosi. Da lì anche di fronte alla mia domanda se stavamo insieme oppure no, visto che, anche come donna, non mi cercava (infatti l'unico contatto erano semplici baci), lui rispondeva di sì e mi sembrava pure convinto. Lui ha chiarito che ha problemi, che la sua testa non funziona, che non è colpa mia e che non puo' darmi cio' che merito. Ogni tanto ci scriviamo e lui mi pare sia anche piuttosto allegro. Io vorrei sapere se è finita davvero perchè lui non ha la capacità di reggere una storia per questi suoi drammi esistenziali e quotidiani (al momento, mi ha anche detto che la mamma sta male e questa cosa gli pesa) o semplicemente non ha mai avuto il coraggio di dirmi che forse non è mai scattato l'amore nei miei confronti (cosa che ha negato quando gliel'ho chiesto) e che solo per la paura di affrontarmi ha continuato a mantenere un filo che poi si è comunque spezzato. Chiedo anche un consiglio per sapere se c'è un modo per aiutarlo. Servirebbe non cercarlo mai più? O fargli capire che almeno come amica, per un'uscita spensierata, ci sono? Grazie. Attendo risposta
Cara Carlotta, dal breve racconto che riporti si evince un gran caos che ha forse accompagnato questa storia sin dalle sue origini ma che sembra ancora permanere. Credo che nel vortice delle difficoltà dell'altro ci sei entrata anche tu, forse per uno "spirito crocerossino" che immagino ti caratterizzi e che forse è in tutti noi. Quando investiamo massicciamente il nostro capitale affettivo nell'altro siamo anche meno propensi a cogliere alcuni aspetti che, in momenti diversi, attiverebbero la nostra parte razionale e con essa i vari comportamenti difensivi. In tal modo, l'altro ricopre non solo una funzione completante, ma diventa anche l'oggetto su cui proiettiamo aspettative di vita e benessere. Da quanto leggo, nella coppia sembravi essere proprio tu l'anello forte della catena sul quale, come regolarmente succede, si esercitano le forze maggiori e le "magiche" aspettative risolutrici di problemi più o meno gravi. Se ad oggi questa storia ufficialmente passata è ancora così presente, fa riflettere sul fatto che a tenerla ancora viva non siano motivi di natura sentimentale, ma piuttosto sensi di colpa dai quali fatichi a liberartene. Questo si ricollega al quesito che proponevi rispetto alla fine della storia che, come dicevo, credo sia ancora da definire dal momento che non tutte le "porte" sono state chiuse... e il senso di colpa è forse quella più difficile da chiudere! Credo fermamente che prima di separarsi veramente bisogna prima appartenere e forse, dopo una tua costruttiva riflessione, sia opportuno concedersi ancora un momento in cui incontrarsi e non scontrarsi al fine di ridefinire il tutto.
(Risponde il Dott. Serafino Parisi)
Pubblicato
in data 10/01/2011
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