Un caso disperato? (75631)
Aranel 25 anni, 28.08.2004
Premetto subito di avere
alle spalle un background familiare non proprio idilliaco, e penso che questo
sia alla base di molti dei problemi che mi ritrovo ad affrontare ogni giorno,
da sempre.
Non ho mai avuto un bel rapporto con mio padre (ex tossicomane e ex disoccupato),
o meglio l'ho avuto, ma a intermittenza.
So che mi ama molto, da sempre, so che è fiero di me anche se non lo dice mai
perché è fatto così (siamo uguali in questo), so che si è pentito di molte delle
cose che mi ha detto o fatto in passato.
So che non è una cattiva persona, che si preoccupa sempre troppo per gli altri,
so che se fosse necessario darebbe anche la vita per me. E io, in fondo, gli
voglio un bene dell'anima e a lui sono molto legata.
Questo non mi impedisce, però, di provare ancora un risentimento fortissimo
nei suoi confronti. Mi basta ripensare al passato, raramente mi tornano alla
mente i bei momenti trascorsi insieme - e anche di quelli ce ne sono stati.
Ricordo le urla, gli accessi di rabbia, la continua violenza psicologica, le
minacce, le (per fortuna rare, ma memorabili) volte in cui mi sono presa un
sacco di botte senza aver fatto niente di male, ricordo le notti passate a piangere
al buio.
Mi diceva in continuazione che non valevo nulla, che ero grassa, che non avrei
mai combinato nulla nella vita, che non vedeva l'ora che me ne andassi da casa,
minacciava addirittura di ammazzarmi.
Quando aveva la luna storta, io non avevo diritto di parlare se non interpellata
e non potevo avere una mia opinione. Questo, in breve, è l'ambiente nel quale
sono cresciuta.
Era un inferno, la sola prospettiva di tornare a casa dopo la scuola mi riempiva
di angoscia. In questo inferno io, già timida e introversa di natura, mi sono
chiusa sempre di più, mi sono convinta sempre di più di non valere nulla davvero.
Con questa convinzione ho chiuso con la scuola dopo le medie, con questa convinzione
mi sono isolata da tutto e da tutti e ho tagliato fuori dalla mia vita anche
gli amici pi ù sinceri.
E naturalmente ogni tanto capitava anche a me di uscire di testa: di solito
erano pianti e urla, nei casi peggiori me la prendevo con gli oggetti.
Una volta, avevo forse 17 o 18 anni, sono arrivata a minacciarlo con un coltello
da cucina; come dicevo, background familiare non proprio idilliaco.
Adesso vivo da sola, e nonostante senta spesso la mancanza di mia madre, che
è una persona splendida e molto forte, è stata una vera e propria liberazione.
In un certo senso ho iniziato a vivere, anche se di strada da fare ne ho ancora
molta.
Sono dimagrita, ho iniziato a scrivere per hobby e ho ripreso a disegnare, sto
studiando l'inglese da autodidatta con ottimi risultati, ho iniziato a interessarmi
a un sacco di cose.
Col tempo sono riuscita a trovare una specie di equilibrio e mi sono resa conto
che forse non è proprio tutto da buttare. Magari qualcosa di buono prima o poi
riesco a combinarlo anch'io.
Ultimamente poi i rapporti con mio padre sono migliorati notevolmente: mi rispetta,
mi ascolta, è felice di vedermi quando vado a trovarli, chiede in continuazione
di me a mia madre e dice che sente la mia mancanza.
Lo dice a lei, mai a me direttamente, ma è più che sufficiente. Mi rende comunque
felice, così come sapere che sembra intenzionato a costruire quel rapporto padre/figlia
che non abbiamo mai avuto.
Il problema è che io non riesco a sbloccarmi. Proprio nei confronti del prossimo,
o forse della vita in generale: sono diffidente, insicura, mi rendo conto di
avere paura di tutto.. stare in mezzo alla gente mi mette a disagio, mi sento
goffa e inadeguata, i confronti diretti mi spaventano. Gli amici che avevo li
ho allontanati tutti, tranne quelli virtuali.
La solitudine a volte è proprio una necessità, un po' perché ho iniziato ad
evitare come la peste ogni possibile causa di stress, un po' perché non voglio
sentirmi "in obbligo" nei confronti di nessuno.
Detto questo, in vita mi a ho avuto una sola relazione "importante", durata
due anni e finita due anni fa, e da allora non ho più lasciato che nessuno mi
si avvicinasse più di tanto.
Mi defilo prima! Vorrei fare qualcosa, vorrei non essere così ma faccio fatica,
arranco e infine mi blocco, inevitabilmente, mi chiudo in me stessa e non ci
sono santi che tengano.
Ho iniziato a considerare seriamente la possibilità di entrare in terapia (anche
se la vedrei un po' come una "sconfitta" personale, lo ammetto, perché nonostante
sia un po' malconcio ho un ego delle dimensioni di un pianeta), ma non potrei
permettermelo in termini economici. Oltretutto, so che mi troverei in difficoltà
se dovessi parlarne a voce. Non so davvero cosa fare.
Hai molte risorse personali e a quanto pare le sai anche usare bene.
Hai capito un sacco di cose e hai saputo reagire ad una situazione che, effettivamente, avrebbe potuto crearti danni maggiori. Di questo devi essere fiera.
Ma evidentemente tutto questo non ti basta, sei una persona complessa e curiosa, e hai voglia di capire e di crescere (intendo psicologicamente, interiormente) ancora e, evidentemente, vorresti liberarti dai nodi che a tutt’oggi ti tengono legata e poter vivere più liberamente la tua vita e quello che sei.
Francamente io non conosco molte altre strade da suggerirti per fare questo, al di la della terapia.
Credo che tu abbia delle paure, come è abbastanza normale per chiunque ipotizzi di intraprendere un lavoro psicologico; e credo siano queste paure, più che il tuo ego spropositato, ad impedirti di fare questo passo.
Eppure secondo me è il passo che devi fare, perché un lavoro su se stessi è come un viaggio interplanetario: l’esplorazione dei luoghi dell’anima riserva un mare di sorprese e di scoperte meravigliose, e la paura svanisce quasi subito.
L’uomo ha sempre avuto paura di entrare dentro di se a vedere cosa c’è: un tempo erano solo alcune persone “elette” che potevano fare questo e che per questo avevano poteri eccezionali, come per es. quello di guarire le altre persone (gli sciamani facevano questo).
E forse anche oggi è un passo riservato solo ad alcune persone, non è proprio da tutti, servono degli strumenti per far luce all’interno di se stessi….almeno una piccola torcia!
Ma tu ce l’hai la capacità di fare luce sui tuoi contenuti inconsci, e credo valga la pena usarla.
La questione economica di solito è un po’ una scusa….
I soldi per un’analisi si trovano, molti psicoterapeuti sanno regolare il proprio onorario sulla base delle possibilità del cliente ed esistono (poche ormai, ahimè) alcune strutture pubbliche dove effettuano psicoterapie di diversa natura.
Insomma, Aranel, il primo passo l’hai già fatto scrivendo questa mail….io ti consiglierei di fare anche il successivo