Omosessualità (019429)
Angelo, 26 anni
Salve io mi chiamo Angelo e ho 26 anni. Sono un ragazzo di taranto. Ho bisogno del vostro aiuto psicologico perchè mi trovo in un vicolo cieco. Allora sono omosessuale, vivo con i miei a taranto e conosco molti quasi tutti i gay della mia città però non sono dichiarato a casa. Mi sento come in una gabbia, non riesco a vivere più a casa con i miei perchè non riesco ad avere una vita mia, avere relazioni e storie. I miei vogliono che continui a studiare qui all'università ingegneria ,mi mancano 16 esami alla laurea ma io dati questi problemi ho perso interesse verso l'università. Altri problemi sono sorti nel 2003. Ho avuto un grave problema di salute,un tumore e entro un anno con la mia forza di volonta e positività sono guarito e ora faccio controlli ogni tanto ma sono fuori pericolo. Questa è la mia vita. Non so che fare mi sento chiuso in gabbia a taranto, non ho una vita e non mi interessa continuare gli studi, vorrei trasferirmi al più presto a roma, una grande città dove potrei vivere più serenamente la mia vita omosessuale dato che ci sono molti locali e più libertà. Qui non c'è nulla, nemmeno un bar dove conoscere altri ragazzi e le chat sono solo piene di brutta gente. vi prego di aiutarmi,davvero non so come uscire fuori da questo periodo. Grazie anticipate
Caro Angelo, purtroppo l’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità
che c’è in Italia è ancora molto chiuso, e questo vale in
modo forse ancora più forte per quanto riguarda il Sud.Dalla sua richiesta
però io non sono riuscita a capire se lei si senta in gabbia perché
non ha parlato ai suoi genitori del fatto che è omosessuale, o per la
città in cui vive. Credo però che il sentirsi in gabbia sia più
che altro un atteggiamento mentale, che non ha molto a che fare con il posto
in cui si abita. Probabilmente parlare con i suoi genitori l’aiuterebbe,
anche se mi rendo conto che non sarebbe affatto facile; ma potrebbe esserle
d’aiuto anche analizzare i motivi per i quali lei si sente così
costretto. Andare a vivere in una città più grande risolverebbe
il suo problema solo se lei non si creasse delle “gabbie” interiori….altrimenti
neppure New York sarebbe abbastanza grande. La libertà non è una
cosa che viene dall’esterno, ma dall’interno. Le faccio molti auguri
(risponde la dott.ssa Serena Leone)
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