vaginismo (48112)
Virginia,29anni (6.2.2002)
Forse la mia storia le sembrerà simile a tante altre che ha
già ascoltato e non le nascondo che questo mi conforta molto
perché da una parte non mi sento sola, dall'altra so che le
mie parole saranno lette da una persona esperta e distaccata.
Sono una donna - anche se preferisco sentirmi ragazza -di 29 anni e
da sei anni ho una relazione con un uomo di un paio d'anni più
grande di me. La nostra è una bella storia d'amore che non
riesce a coronarsi in matrimonio a causa del mio vaginismo. Che
parola strana! Una parola di cui ignoravo l'esistenza fino a qualche
anno fa. Eppure questa parola racchiude in sé tutta la mia
sofferenza e la mia frustrazione. Sono vergine e prima di questa
relazione ho avuto pochi rapporti sentimentali, tutti abbastanza
brevi perché non soddisfacevano la mia sete di essere amata.
Le premetto che sono sempre stata una tipa "seria" all'eterna ricerca
del principe azzurro, ho sempre trovato difficile esternare i miei
sentimenti che spesso ho soffocato pur di non mettermi in gioco.Per
diversi anni non riuscivo nemmeno a baciare i pochi ragazzi con cui
uscivo e che, non so come -nonostante la mia freddezza -mi
corteggiavano -(e io dentro di me ricambiavo) perché un
qualcosa di misterioso e più grande di me mi bloccava . Alla
fine un fugace principe azzurro ha rotto il maleficio ed io da bella
addormentata mi sono risvegliata e ho vissuto diverse storie. Con
nessun uomo sono andata al di là di qualche bacio e qualche
carezza sul seno. Poi ho incontrato Lui, l'uomo che ha appagato il
mio animo e che vorrei appagasse il mio corpo. Inizialmente il sesso
è stato un gioco piacevole ed una bella scoperta per entrambi
(anche lui è vergine con poche storie alle spalle). Purtroppo
ho scoperto di non essere in grado di farlo entrare dentro di me. Non
le dico! All'inizio era una tragedia, mi hanno assalito crisi di
panico: piangevo, gridavo, lo respingevo.
Poi c'è stata una fase di "indifferenza", abbiamo esplorato
altri modi di vivere la nostra sessualità per raggiungere il
piacere e la soddisfazione reciproca. Tuttavia di penetrazione non
se ne parlava proprio, si provava, mi chiudevo, qualche pianto e lui
che cercava di spronarmi e poi di rassicurarmi dicendomi che mi
avrebbe aspettata. Quando abbiamo finito di studiare e abbiamo
iniziato a lavorare e ad avere una nostra indipendenza economica il
"problema" si è ripresentato. Non possiamo sposarci senza
questa fondamentale certezza. Io, dal canto mio, ho voluto sapere
perché sono così, come si chiama il mio problema e se
posso uscirne fuori e superarlo. Ho inviato lettere ai giornali che
mi hanno dato risposte -giustamente- confuse. Sono andata da uno
psicologo che mi ha diagnosticato un eccessivo potere dell'
"intelligenza" o razionalità sulla mia parte istintiva che
viene fuori in particolare in queste situazioni dove la
razionalità non può governare. Una diagnosi forse
corretta che preannunciava una cura lunga, costosa e non mirata alla
risoluzione del problema "vaginismo" per cui mi ero rivolta a lui.
Essendo ignorante totalmente del mio corpo in quella zona lì
mi sono rivolta ad una ginecologa esponendole la mia situazione. La
visita è stata particolare: all'inizio non volevo nemmeno che
la dottoressa aprisse le grandi e piccole labbra, per cui sotto la
sua guida, per la prima volta, ho imparato ad aprirmi. Tutto normale
e regolare sebbene mi sia rifiutata di farmi inserire una specie di
bastoncino per controllare la profondità del canale vaginale
facendomi prendere dalle solite crisi di panico. Ho voluto ignorare
la situazione per altri mesi confidando che ce l'avrei fatta da sola
con il mio Lui. Poi è venuta l'estate e nonostante abbiamo
trascorso una decina di giorni da soli lontani da tutto e da tutti
(il mio ragazzo lavora da un paio d'anni in un'altra città e
ci vediamo il fine settimana ospiti delle nostre famiglie) non
abbiamo mai pensato a fare l'amore, uniti da un tacito patto di non
"rovinarci" le vacanze. A settembre ho voluto darci un taglio. Se il
mio lui a parole dice di desiderare questa esperienza nei fatti non
fa alcuna pressione su di me. Io, invece, nel mio inconscio mi sento
incompleta e ne sento la mancanza. Anche se lui non mi sprona (forse
stanco delle mie reazioni, anche se ha sempre dimostrato la sua
attrazione fisica nei miei confronti in altri modi) io ho maturato
l'idea di cominciare una cura e lui si è mostrato contento e
fiducioso della mia scelta.
Ho consultato un sessuologo che conoscevo da anni e che lavora presso
un consultorio. Lui non si è perso in chiacchiere . Subito ha
fatto risalire il mio vaginismo all'ambiente sessuofobico in cui sono
cresciuta, mi ha insegnato alcuni esercizi di respirazione per
rilassarmi e mi ha regalato una candela (di circa un centimetro di
larghezza) per andare alla scoperta del mio corpo. Dopo un po' di
esitazioni mi sono armata di coraggio, speranza e candela e ho
iniziato ad esplorare la mia vagina. I primi tempi ero ottimista e
già pensavo al mio futuro sessuale con gioia. Il rapporto col
mio ragazzo migliorava. Finalmente lui entrava con il dito e con il
glande. Tuttavia, da una parte non provavo piacere pur essendo
rilassata, dall'altra non si riusciva ad andare oltre. Il sessuologo
mi ha invitata a continuare con la candela per arrivare ad 8 cm di
profondità ma - anche oggi a distanza di mesi- la candela
entra per 4cm e poi si ferma come se oltre ci fosse un muro. Sono
confusa al punto tale da confidarmi con mia madre che spesso mi
consigliava di sposarmi. Lei è caduta dalle nuvole non sapendo
nemmeno cosa sia il vaginismo e ha detto che lei ha atteso il
matrimonio e ha considerato il coito un fatto naturale, necessario
che ha vissuto senza pensarci su troppo. Tornando dal sessuologo
qualche giorno fa sono sprofondata nell'angoscia. Lui mi dice che
è colpa mia se la candela non entra perché sono
contratta e ho paura. Ha proposto di aiutarmi lui infilando un
dilatatore di Heger (mi sembra si chiami così) ma gli ho
risposto che era una situazione che mi imbarazzava troppo.
Allora ha detto che non sa più cosa fare con me e che questa,
volente o nolente, è l'unica strada per uscire da questa
situazione. Ma io mi chiedo: se sono in grado di inserirmi una
candela sono anche in grado di inserirmi un pene che mi piace anche
di più, o no? Ho detto al mio ragazzo di lasciarmi perdere
perché non potrò mai essere una donna completa, ma lui
si ostina a dirmi che, al contrario, è sicuro che faremo
l'amore. Nonostante tutto non voglio darmi per vinta e anche se lui
si stancherà di me e troverà una donna più
"aperta" credo che devo proseguire per la mia strada cercando, se
necessario, altre soluzioni. Ho fissato un appuntamento con una nuova
ginecologa per lunedì perché vorrei sapere che tipo di
imene ho, se la candela può farmi male e soprattutto per
sapere la profondità del mio canale vaginale. Questo, a dir la
verità mi fa paura: riuscirò a farmi fare questo
controllo senza le solite scenate? Non so proprio rispondere a questa
domanda, ormai non mi sorprendo più delle mie reazioni che
annullano ogni decisione maturata in precedenza. So già
comunque di essere completamente normale dal punto di vista anatomico
perché non ho mai avuto dolori, fastidi, irregolarità,
mentre il passato mi insegna che ho molti blocchi nella psiche.
Se ha avuto la pazienza di leggere questo lungo sfogo, ora le pongo
la domanda che più mi angoscia: dal vaginismo primario si
guarisce davvero? Io sono un caso patologico senza speranza? Se ha
un consiglio da darmi La prego mi scriva perché, come
avrà capito dalla mia lettera, ho bisogno di risposte, di un
confronto. Se pensa che non ci sono elementi sufficienti e che non
sono abbastanza forte per superare il mio handicap, per favore me lo
dica. Smetterò almeno di creare illusioni e di sognare un
futuro con la persona che mi sta affianco: non è giusto
né per lui né per me. La ringrazio di cuore se
vorrà dedicarmi un po' di tempo.per favore, per nessuna
ragione diffionda o risponda all'indirizzo e-mail perchè
è quello familiare!!
Cara Virginia trovo l'approccio terapeutico utilizzato dal sessuologo che
ti segue deontologicamente scorretto, aggressivo e troppo incentrato
sulle mansioni a scapito del lavoro psicoterapeutico, che nel tuo
caso ritengo indispensabile. Il lavoro di consulenza o di terapia
sessuale non prevede interventi di tipo clinico. Il lavoro si basa su
due fasi fondamentali: il setting terapautico e l'assegnazione delle
mansioni. Il setting è rappresentato dagli incontri
settimanali in studio dove i due attori (terapeuta e paziente),
insieme, esplorano e cercano di rimuovere le cause che possono aver
determinato l'insorgere del sintomo ed il suo mantenimento. Le
mansioni sono compiti che il paziente deve eseguire a casa da solo o
con l'aiuto del partner, quando è previsto.
Il vaginismo può essere affrontato e risolto con successo se
prima di operare sulla modificazione della reazione condizionata
(spasmo involontario dei muscoli che circondano l'accesso vaginale)
si trattano le cause più profonde che lo sostengono.Soltanto
quando l'apprensione, la paura e la riluttanza fobica, che spesso
accompagna il sintomo, sono superati si passa alla fase di
decondizionamento in modo molto graduale rispettando i tempi della
paziente.La percentuale di rimissione totale del vaginismo è
molto alta. Il mio consiglio è quello di cambiare
sessuologo.
Auguri.