Bambini iperattivi: sotto accusa il cortisolo materno
PSICONLINE® NEWS n. 76 - 9.9.2001
Secondo uno studio recente riportato dal British Journal of Psychiatry, le preoccupazioni e gli stati ansiosi delle madri durante le ultime settimane di gravidanza possono aumentare la probabilità che i nascituri sviluppino una tendenza all'iperattività; dai dati ottenuti si è infatti rilevato che le donne incinte considerate ansiose presentavano infatti una percentuale maggiore del 50% rispetto alle altre di avere bambini con tendenza a quei disturbi del comportamento che rientrano nell'ambito della condotta infantile iperattiva. Si è inoltre rilevato che sono i bambini maschi a presentare maggiormente questo tipo di disturbo, mentre le femmine sembrano essere più soggette a problematiche di natura emotiva. La ricerca, effettuata nella regione dell'Avon in Inghilterra da un team di studio esperto in tematiche di psicobiologia perinatale capeggiato dalla dr.ssa Vivette Glover dell'Imperial College di Londra, è iniziata negli scorsi anni (dall'Aprile 1991 al Dicembre 1992) quando , ad un campione di oltre 7000 donne negli ultimi mesi di gravidanza, furono dati dei questionari per misurare il livello di stress soggettivo; fu individuato così un 15% di gestanti definibili come soggetti ansiosi. Dopo circa 4 anni furono invece sottoposti ad indagine psicologica i loro figli per vedere se si fossero sviluppate in loro problematiche del comportamento ed altre caratteristiche del disturbo da iperattività.La dr.ssa Glover ha ipotizzato che alla base del legame tra gli stati ansiosi riscontrati nelle future madri e lo sviluppo di sintomi di iperattività nei figli negli anni successivi ci sia soprattutto un fattore di natura chimica, mentre non inciderebbero direttamente altri fattori di natura ambientale più complessa, come per esempio la cattiva qualità delle cure materne ed il particolare rapporto madre-figli. In tal senso, l'ormone direttamente implicato nello sviluppo delle future problematiche comportamentali sarebbe il cortisolo, anche chiamato "l'ormone dello stress" per il fatto che la sua presenza in quantità superiori alla norma è stata più volte riscontrata in studi precedenti nei processi che implicano attività stressanti e stati di ansia prolungati.
I ricercatori hanno quindi ipotizzato che il cortisolo presente in quantità maggiore nelle madri stressate possa più facilmente attraversare la barriera placentare ed influire direttamente sulle cellule cerebrali del feto determinandone alcune alterazioni funzionali; d'altronde, precedenti studi condotti da un'ottica organicistica sull'argomento hanno già proposto che i prolungati stati di ansia delle gestanti possano causare una riduzione del flusso sanguigno nella zona uterinica con una conseguente diminuzione della quantità di ossigeno sanguigno diretta al feto.
(tratto da: "Hyperactive kids born from anxiety " - Netdoctor.co.uk - September 1, 2001)