Diecimila ore di esercizio non bastano a diventare campioni
Esercizio, esercizio e ancora esercizio. È quasi un luogo comune che per eccellere in qualche campo, che sia la musica o lo sport, sia necessaria una pratica intensa.
Ma quanto conta l’applicazione e quanto il talento?
Campioni si nasce, o si può diventare con il duro lavoro?
È l’eterno dilemma.
10.000 ore.
Negli ultimi tempi è diventata popolare l’idea, proposta dagli psicologi negli anni Trenta, che riuscire ad arrivare alle vette di qualche abilità deriva più dall’ostinazione e dal tempo passato a esercitarsi che da qualche forma di predisposizione innata.
Quest’ipotesi, riproposta dallo psicologo svedese Anders Ericsson, è poi diventata famosa anche presso il grande pubblico grazie al libro Fuoriclasse.
Storia naturale del successo in cui il giornalista Malcom Gladwell elenca una serie di personaggi che sarebbero arrivati al successo con la pratica costante e ostinata che lui quantifica in circa “diecimila ore”.
Da qui è nata la cosiddetta regola delle diecimila ore: riuscire a diventare ottimi violinisti o tennisti sarebbe alla portata di tutti, purché si sia disposti a sudare con l’archetto o la racchetta.
Tratto da www.focus.it - Prosegui nella lettura dell'articolo