Espressioni facciali: come il cervello elabora le emozioni
Avete mai pensato che qualcuno fosse arrabbiato con voi, ma in realtà avete semplicemente frainteso la sua espressione facciale? I ricercatori hanno recentemente scoperto che un’area del cervello, conosciuta come amigdala, è coinvolta in questi giudizi (a volte imprecisi) su emozioni ambigue e intense.
Identificare il ruolo dell’amigdala nella cognizione sociale, suggerisce degli approfondimenti sui meccanismi neurobiologici dell’autismo e dell’ansia.
La ricerca è stata condotta da Ralph Adolphs, professore di Piscolgia e Neuroscienze, oltre che di biologia, insieme al suo collaboratore Ueli Rutishauser.
Gli autori hanno dichiarato “Si conosce da tempo l’importanza dell’amigdala nell’elaborazione delle emozioni a partire dai volti, ma solo adesso si inizia a capire che essa contiene molte informazioni complesse utili a prendere decisioni complesse che culminano nei giudizi”.
Quando guardiamo un viso, i neuroni dell’amigdala inviano impulsi elettrici o “spikes” (potenziali d’azione) in risposta. Tuttavia, il loro ruolo nella cognizione sociale rimane poco chiaro.
Adolph e i suoi collaboratori, hanno misurato l’attività dei neuroni nei pazienti, ai quali venivano mostrate immagini di volti che esprimevano diversi livelli di felicità o paura. Ai soggetti sono state mostrate anche immagini di volti con emozioni piuttosto ambigue o neutre, come un moderato dispiacere o una modesta felicità. Per ogni tipologia di immagine, ai partecipanti è stato chiesto di decidere se il volto sembrasse spaventato o felice.
Successivamente, i ricercatori hanno cercato di esaminare il modo in cui i neuroni reagivano ai diversi aspetti delle emozioni e in che modo l'attività delle cellule del viso fosse associata alla decisione presa dai soggetti.
I ricercatori hanno scoperto che ci sono due gruppi di neuroni nell'amigdala che rispondono alle emozioni del viso.
Un gruppo, i neuroni di monitoraggio delle emozioni, rileva l'intensità di una singola emozione specifica, come la felicità o la paura. Ad esempio, un neurone di segnalazione di felicità, invia più impulsi se l'emozione in questione è felicità estrema e meno impulsi quando l'emozione è una lieve felicità. Gruppi separati di neuroni all'interno dei neuroni di monitoraggio delle emozioni codificano specificamente per paura o per la felicità.
L'altro gruppo, i neuroni codificanti ambiguità, segnala l'ambiguità dell'emozione percepita, indipendentemente dalla natura di quell'emozione.
Secondo i ricercatori, la visione di immagini di pazienti con facce emozionalmente ambigue era la chiave per capire come i neuroni specializzati nell'amigdala contribuiscono al processo decisionale.
Tali volti erano così ambigui che un paziente avrebbe potuto giudicare la stessa espressione a volte spaventata e in altre occasioni felice. I neuroni che codificano le emozioni indicano la decisione soggettiva presa dal paziente in base all’espressione del viso.
Shuo Wang, uno degli autori dello studio, ha spiegato: “La maggior parte degli individui, conosce la sensazione che si ha quando un volto sembra essere troppo ambiguo per poter decidere la reale emozione della persona. Il fatto che i neuroni dell’amigdala segnalino una decisione su un viso, in questo caso l’emozione, ci dà un’importante informazione, perché ciò dimostra che l’amigdala è coinvolta nel processo decisionale e non solo nella rappresentazione dell’input sensoriale”.
Oltre al monitoraggio dei singoli neuroni dell'amigdala, i ricercatori hanno inoltre effettuato uno studio di neuroimaging usando la fMRI in un gruppo separato di partecipanti.
Il team ha anche studiato i giudizi sulle emozioni di tre soggetti con lesioni dell'amigdala. I soggetti con lesione hanno mostrato una soglia anormalmente bassa quando si trattava di decidere se un volto era pauroso. Lo studio fMRI mostrava anche l'effetto specifico dell'intensità e dell'ambiguità emozionale nell'amigdala.
Questi risultati suggeriscono anche un’applicazione meccanicistica di questi dati per potenziali trattamenti che comportano la stimolazione elettrica indolore dell'amigdala, attualmente in fase di studio negli studi clinici in corso. I ricercatori stanno attualmente valutando se la stimolazione profonda dell'amigdala sia efficace nel trattamento di gravi casi di autismo o di disturbi post-traumatici.
I pazienti con grave PTSD, ad esempio, si ritiene che presentino un’iperattivazione dell’amigdala, che una stimolazione elettrica sarebbe in grado di inibire. Le informazioni ricavate sulla capacità dei neuroni dell’amigdala di inviare segnali sulla percezione soggettiva delle emozioni indica in maniera più specifica la ragione per cui la stimolazione elettrica potrebbe essere vantaggiosa per intervenire su alcune problematiche.
Tratto da: sciencedaily
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Rubina Auricchio)
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