I nuovi farmaci «razzisti». Per non discriminare nessuno
MILANO - Tutti hanno gridato allo scandalo. "Io un farmaco razzista non lo prendo" dice un paziente (di colore) al dottor House- Ho il cuore rosso come il tuo". E lui (bianco) risponde: "E sarebbe razzista perché aiuta più i neri che i bianchi? Come bianco, che ha pochi benefici da questa medicina, mi sento discriminato" (Dr.House, Medical Division, seconda stagione,2005, episodio 3, titolo: Sensi di colpa). Ormai la serie è un trattato di clinica, terapia e storia della medicina in versione popolare: si trova di tutto, anche la questione del DiBil.
Il farmaco, usato per curare lo scompenso di cuore, sarebbe razzista perché funziona meglio negli afro-americani, come hanno dimostrato gli studi. L'idea, però, di prescrivere una cura sulla base del colore della pelle ha fatto riapparire, qualche anno fa, lo spettro della medicina razziale. Ma la storia del DiBil ha soltanto anticipato i tempi: oggi non si parla più di cure "razziste", ma di terapie "personalizzate" e qui la genetica conta (non quella che stabilisce il colore della pelle, ma quella che rende un farmaco più efficace o più tossico per gli asiatici rispetto agli europei, e viceversa).
Tratto da: "corriere.it" - Prosegui nella lettura dell'articolo