Lacrime e ipocrisia, quelle dieci frasi da non dire a un malato di tumore
Qualcuno annuncia di avere un tumore. Cominciano interventi e terapie. E' un processo lungo, doloroso, faticoso. Ma alle sofferenze provocate dalla malattia se ne aggiungono spesse delle altre: i commenti di familiari ed amici, che spesso dicono la cosa sbagliata, sia pure in buona fede e non certo con l'intento di fare del male. Deborah Orr, nota cronista politica del Guardian, non ha smesso di comportarsi da giornalista nemmeno durante la sua lotta con il cancro, prendendo appunti proprio sulle frasi involontariamente nocive dei parenti e delle persone più care che venivan o a farle visita. E ora che la fase più dura della terapia post-operatoria è passata, ha scritto un lungo articolo per il suo quotidiano fornendo una specie di "decalogo" di quello che non si dovrebbe mai dire a chi ha un tumore, perché ha il significato opposto di quello desiderato.
Dieci comandamenti da ricordare, per non ripetere gli stessi errori se un congiunto o un amico ne viene colpito.
"Il cancro è una malattia grave, che ti pone al centro di attenzioni affettuose da parte della tua famiglia e dei tuoi amici", racconta la Orr. "Ma sovente si diventa il bersaglio di parole dette con le migliori intenzioni che sortiscono l'effetto di farti sentire peggio". La prima della lista è: "Non sai quanto mi dispiace per te". Una frase, osserva la giornalista, "che ti fa sentire oggetto di pietà e compassione, non è esattamente una bella sensazione ascoltarla". La seconda è: "Se c'è qualcuno che può combattere questa malattia, sei proprio tu!", che in realtà non suona affatto rassicurante, perché "sottintende che solo chi ha un carattere di ferro può farcela, non è di grande conforto, specie se in quel momento ti senti fragile e demoralizzato, come è possibile o normale che sia".
Tratto da: "repubblica.it" - Prosegui nella lettura dell'articolo