Le cellule dell'ansia
Gli scienziati hanno trovato cellule cerebrali specializzate nei topi che sembrano controllare i livelli di ansia.
La scoperta, riportata mercoledì sulla rivista Neuron, potrebbe col tempo, portare a trattamenti migliori per i disturbi d'ansia, che colpiscono quasi 1 adulto su 5 negli Stati Uniti.
"Le terapie che abbiamo ora hanno degli svantaggi significativi", ha affermato Mazen Kheirbek, dottorando presso l'Università della California, San Francisco ed autore dello studio. "Questo è un altro obiettivo che possiamo provare ad approfondire mediante la ricerca per ampliare così da trovare nuove terapie sempre più efficaci e specifiche".
Ma la ricerca risulta essere ancora in una fase iniziale e le scoperte di laboratorio sugli animali non sempre vengono portate avanti per gli esseri umani.
La scoperta delle ‘cellule dell’ansia’ è solo l'ultimo esempio degli "enormi progressi" compiuti dagli scienziati per capire come funziona l'ansia nel cervello, dice Joshua Gordon, direttore dell'Istituto Nazionale di Salute Mentale, che ha contribuito a finanziare la ricerca.
"Approfondendo la ricerca sempre di più, con maggiori studi, potremmo provare a sviluppare degli strumenti per attivare e disattivare i fattori principali che regolano l'ansia nelle persone", ha affermato Gordon.
I disturbi d'ansia comportano un'eccessiva preoccupazione che non va via. Questi disturbi includono il disturbo d'ansia generalizzato, il disturbo da panico ed il disturbo d'ansia sociale.
Kheirbek e un gruppo di ricercatori della Columbia University hanno scoperto delle cellule particolari nell'ippocampo, in un'area del cervello nota per essere coinvolta nell'ansia, e nei principali processi di memoria.
Questa scoperta derivava da un esperimento condotto studiando alcuni topi che presentavano alti livelli di ansia.
"I topi tendono ad avere paura dei luoghi aperti", ha dichiarato Kheirbek.
Per aumentare i livelli di ansia nei topi i ricercatori li posizionavano in un labirinto il cui percorso li conduceva ad aree aperte più grandi. Ed in questo modo, i ricercatori riuscirono a monitorare l'attività delle cellule cerebrali nella parte inferiore dell'ippocampo.
La scoperta fondamentale in questo studio, riguardava il fatto che alcune cellule ippocampali diventavano più attive ogni volta che il topo entrava in un'area aperta, “cosa che aumentava i livelli di ansia dell’animale" ha affermato Kheirbek.
Tuttavia, questa attività non ha dimostrato che le cellule stessero causando un comportamento ansioso. Quindi il team ha trovato un modo per controllare l'attività di queste cellule usando una tecnica chiamata optogenetica.
Il team di ricercatori decise di rispondere a una semplice domanda:
"Se interrompiamo questa attività, gli animali diventeranno meno ansiosi?”
Quello che scoprirono fu che i topi diventavano meno ansiosi, e spesso tendevano voler esplorare anche le aree più aperte del labirinto. Quando i ricercatori stimolavano invece, l'attività delle ‘cellule dell’ansia’, i topi diventavano sempre più ansiosi e non volevano affatto esplorare gli spazi del labirinto.
Kheirbek ha affermato che: "Queste cellule sono probabilmente solo una parte di un circuito molto più esteso attraverso il quale l'animale impara informazioni sull'ansia".
Ad esempio, le cellule dell'ippocampo comunicano con un'altra area del cervello chiamata ipotalamo che “dice” ai topi quando evitare qualcosa di pericoloso. Inoltre è stato già constatato in molte ricerche precedenti, che anche altre parti del circuito dell'ansia potrebbero rilevare odori o suoni pericolosi.
"Si potrebbe pensare a questo ricerca come un mattone su un grande muro"; Negli ultimi anni, ha affermato Gordon, gli scienziati hanno trovato e assemblato altri mattoni da aggiungere a questo grande muro con un ritmo incalzante.
“E’ essenziale continuare studiare ed indagare i disturbi d'ansia, che si stanno presentando in maniera sempre più presente nella nostra società, per poter sviluppare nuove ed efficaci terapie " ha concluso Gordon.
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Emanuela Torrente)
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