PSICOLOGIA E LETTERATURA
È merito di Dostoevskij se la letteratura europea diventa un campo psichico in cui domina la dimensione interiore. A differenza della narrativa oggettiva, con lo scrittore russo si assiste a un capovolgimento di scena a piacimento dell’inconscio. Si tratta di un nuovo modo di raccontarsi, visto che l’Io decide attivamente di sognare e di mettersi in contatto con il suo “sottosuolo” piuttosto che limitarsi a descrivere ciò che lo circonda. Del resto non è semplice permettersi di fare esperienza del proprio “sé”, poiché è doloroso e faticoso, tanto che il più delle volte ci si lascia trasportare dai 'canti delle sirene' del mondo fenomenico che per Omero devierebbe dal vero compito: la realizzazione del sé stesso. Il confronto con l’interiorità, spesso è dovuto ad un evento traumatico, da una crisi al punto che il periodo di introversione che ne consegue è percepito dal sociale come una malattia. Ed è proprio così che esordisce Dostoevskij nella sua opera più compiuta sotto il profilo dell’introspezione psicologica. “Sono un malato” dice “l’uomo del sottosuolo” nelle sue memorie.
Anche Herman Hesse nel suo celebre romanzo “Il lupo della steppa” compie un’approfondita indagine interiore in cui emerge un uomo che lotta tra i suoi opposti, tra i sentimenti più contrastanti. Ed è proprio il penoso confronto con la propria “Ombra” che porterebbe, secondo Jung, all’accettazione della essenziale duplicità che risiede in tutte le persone. Non si dimentichi, del resto, come questo sia il periodo in cui non solo sorge la psicoanalisi di Freud ma anche il relativismo di Einstein e la scoperta del tempo interiore di Bergson.
Tratto da: "benessere.com" - Prosegui nella lettura dell'articolo