PSICONLINE NEWS n.186 - 21.3.2004
- AIDS: la minaccia è eterosessuale
- Donne in carriera più facilmente vittime dell'alcolismo
- Bambini, un linguaggio difficile
- Abuso di antidepressivi in bambini e adolescenti
- Memories Are Harder To Forget Than Currently Thought
- New research suggests that when children ask 'what is this?' they may seek an object's function
AIDS: la minaccia
è eterosessuale
Più di un terzo degli americani recentemente infettati dal virus dell’Aids
lo ha contratto da partner eterosessuali. Lo ha annunciato uno studio federale
che ha raccolto i dati in 29 stati (anche se la lista non ne include alcuni
di grandi dimensioni come California, Illinois, New York e Texas). Si tratta
comunque del primo studio su larga scala che non misura la prevalenza dell’Aids
ma la modalità di infezione. I ricercatori hanno esaminato le statistiche
dal 1999 al 2002 delle infezioni da HIV e hanno individuato che il 35% dei 101mila
casi studiati è stato contratto con rapporti etero HIV positivi o persone
ad alto rischio come i tossicodipendenti da eroina. Di questi il 74% era nero,
il 15% bianco e il 64% era rappresentato da donne. Tra i ragazzi di età
compresa tra i 13 e i 19 anni l’89% dei casi di infezione tra eterosessuali
interessa le ragazze e le giovani donne di colore appaiono essere a più
alto rischio, insieme agli adulti dai 30 ai 40 anni.
Donne in carriera più facilmente vittime dell'alcolismo
Le donne che hanno con un ruolo professionale elevato con una maggiore probabilità
possono cadere vittima dell’abuso di alcol.
Ricercatori britannici hanno osservato in uno studio che circa il 14% delle
donne che occupavano posizioni di lavoro elevate sviluppavano la dipendenza
da alcool, rispetto ad una percentuale appena del 4% delle donne con mansioni
di segreteria.
La stessa tendenza non è stata rilevata negli uomini. Circa l’11%
degli uomini presi in esame hanno mostrato i segni di un problema di dipendenza
da alcol.
Stephen Stansfeld, dell'Institute of Community Health Sciences di Londra, autore
dello studio, le donne di elevato rango professionale con una maggiore probabilità
finiscono vittima dell’alcol, perché hanno un maggior reddito disponibile
e con una maggiore probabilità sono single. La ricerca mostra che gli
impegni familiari tendono a ridurre il rischio di farsi affascinare dall’alcol.
Bambini, un linguaggio difficile
Lo studio dei disturbi neurocognitivi infantili è al centro della convenzione
tra Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale
delle Ricerche (CNR), Università degli studi di Parma, Fondazione Monte
di Parma e Diocesi di Parma. L’accordo, di durata decennale, può
contare sul finanziamento del Monte di Parma. Tra i progetti anche la realizzazione
di un Centro studi dedicato alla ricerca sui disturbi dell'età evolutiva
e alle relative applicazioni cliniche
Negli ultimi anni è andata sempre più aumentando l’attenzione
nei confronti dei disturbi del linguaggio, della comunicazione e dell’apprendimento
in età evolutiva. Si stima, infatti, che circa il 10-12 per cento della
popolazione infantile presenti, in modo diverso, difficoltà in aree cruciali
per lo sviluppo intellettivo, affettivo e sociale. Da qui l’idea di promuovere
un progetto di ricerca dedicato allo studio dei disturbi neurofunzionali.
Abuso di antidepressivi in bambini e adolescenti
L’assunzione di antidepressivi in bambini e adolescenti è in costante
aumento nonostante l’efficacia e la sicurezza non siano ancora state assicurate
e si trovino al centro di accesi dibattiti. La denuncia proveniente da uno studio
italiano, condotto presso l’Istituto Mario Negri di Milano, è stata
pubblicata sulla rivista British Medical Journal.
I ricercatori hanno analizzato le prescrizioni eseguite nel 2002 ad oltre 500.000
pazienti italiani minorenni. Complessivamente 1600 giovani assumevano almeno
un antidepressivo e, di questi, 1200 assumevano un inibitore della ricaptazione
della serotonina (SSRI). Inoltre due terzi delle prescrizioni erano per adolescenti
di 14-17 anni, in maggioranza femmine.
Memories Are Harder To Forget Than Currently Thought
While it might not seem so the next time you go searching for your car keys,
scientists at the University of Pennsylvania have shown that memories are not
as fluid as current research suggests. Their findings challenge the prevailing
notion on how memories are stored and remembered – or that a recalled
memory could be altered or lost as it is "re-remembered."
"Current theories of memory state that the act of remembering turns a stored
memory into something malleable that then needs to be re-encoded," said
K. Matthew Lattal, a postdoctoral researcher in Penn's Department of Biology
and a co-author of the study. "We show that the act of retrieving an old
memory and then putting it back into storage is a different process than creating
a memory in the first place. Unfortunately, it could mean that 'erasing' traumatic
memories is not as simple as one might hope."
The study will be published in the Proceedings of the National Academy of Science
and will be available on the Internet this week in the PNAS Online Early Edition.
New research suggests that when children ask 'what is this?' they may
seek an object's function
In the way magic eye posters simultaneously hide and reveal the main point of
the picture, new research suggests that children might well be asking more than
their simply-worded questions seem to indicate.
Normally, adults assume that when children ask, "What is this?" in
reference to an object, they are seeking merely a name--some kind of label to
help differentiate the elements of their rapidly burgeoning universes. However,
a new study explored the possibility that children posing such a question might
actually be seeking the object's function, not simply its name. These findings
by Swarthmore College researchers Deborah Kemler Nelson, Morghan Holt and Louisa
Chan Egan will be published in the June issue of Psychological Science, a journal
of the American Psychological Society.
The study separated two-, three-, and four-year-olds into two groups, and allowed
the children in each group to inquire about unfamiliar artifacts. In one group,
questions were answered with the name of the object; in the other, its function
was provided. Regardless of age, children were inclined to follow up with supplemental
questions about an object when they were told only its name. However, the children
given thorough, functional information seemed more satisfied with the response.