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Rischio infarto più alto per le vittime di mobbing

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on . Postato in News di psicologia | Letto 1209 volte

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Non bastavano le classiche 'cattive abitudini' (fumo, diabete, pressione e colesterolo alti) ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari (170 mila all'anno gli infarti in Italia). Ora si fanno sempre più spazio i cosiddetti fattori psico-sociali quali ansia, depressione, mobbing, stress, isolamento sociale. Associati ai più noti fattori di rischio raddoppiano la possibilità di infarto, così come la accoppiata ansia-deopressione aumenta il rischio cardiaco nel post-infarto.

Ma bisogna anche aggiungere, tra i fattori psico-sociali, la malinconia, i dispiaceri e le preoccupazioni quotidiane. A sostenerlo è il professor Gulizia, direttore dell'unità operativa di cadiologia dell'ospedale di Catania e presidente del primo congresso di cardiologia mediterranea in corso a Taormina.

A un anno e mezzo da un episodio d'infarto, muore mediamente il 17 per cento dei depressi rispetto al solo 5 per cento delle persone che non soffrono di questo male oscuro. La depressione, ha aggiunto Gulizia, favorisce una serie di comportamenti che sono alla base dei principali fattori di rischio delle malattie di cuore. Una persona depressa infatti è portata più facilmente ad accendere la sigaretta, a seguire un regime alimentare sbagliato, a trascurare l'attività fisica. In una parola tenede a lasciarsia andare. Il rischio è che tutti questi elementi negativi si sommino pericolosamente nello stesso individuo portando ad abitudini dannose per la salute.

Circa il rapporto con il lavoro, è emerso che il 50 per cento di chi ha avuto un infarto dichiara di essere stato vittima di ingiustizie o gravi discriminazioni sul posto di lavoro fino alla perdita dello stesso.

Come trovare una soluzione a questi problemi in una vita che vede frequente protagonista lo stress? Ritagliandosi momenti quotidiani di serenità, come accade a quanti possono contare sull'impegno sociale. Nei soggetti sani - è il messaggio del congresso - il 70 per cento dichiara di svolgere volontariato o di essere impeganoto in attività culturali e o ricreative, contro il 30 per cento di quelli infartuati.

Gian Ugo Berti - tratto da www.repubblica.it

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