Ruolo cruciale dei padri nella depressione materna
Una relazione padre-figlio positiva può modulare gli effetti negativi della depressione materna.
Uno studio innovativo, pubblicato su Development and Psychopathology, dal Prof. Ruth Feldman e dai suoi colleghi del Department of Psychology, e Leslie e Susan Gonda del Multidisciplinary Brain Research Center presso la Bar-Ilan University, ha esaminato se una buona relazione padre-figlio possa modulare gli effetti negativi della depressione materna, agendo a livello del funzionamento familiare.
I risultati di questa ricerca sono stati i primi a descrivere le dinamiche familiari attraverso l’utilizzo di osservazioni dirette della maternità, della paternità e dei modelli familiari, all’interno di case in cui le madri hanno sofferto di depressione clinica, durante i primi anni di vita del proprio figlio. Anni in cui la sensibilità e la cura genitoriale verso il neonato si configurano come la componente più critica ed importante nel determinare lo sviluppo emotivo e sociale del bambino.
Precedenti studi hanno messo in evidenza come la depressione materna influenzi negativamente sia lo sviluppo cognitivo che quello emotivo del bambino e abbia ripercussioni sull’intero nucleo familiare, conducendo ad una minore coesione, un minor calore e una minore comunicazione fra i suoi membri, oltre che ad una maggiore conflittualità, rigidità ed un più elevato controllo affettivo.
A causa di questa condizione, infatti, le madri depresse non sono in grado di far fronte alle esigenze dei propri figli e non riescono ad occuparsi di loro in modo reattivo e funzionale alla loro crescita.
Nel suo studio longitudinale, Feldman ha monitorato ripetutamente lo stato depressivo di un campione (accuratamente selezionato) di donne sposate o conviventi aventi depressione cronica, senza però presentare un rischio contestuale di comorbidità con altri tipi di disturbi, sia durante il primo anno dopo il parto, sia quando il bambino ha raggiunto l’età di sei anni. Nel periodo prescolare, inoltre, le famiglie sono state osservate e video-registrate all’interno del proprio contesto domestico, allo scopo di verificare le interazione fra madre e figlio, fra padre e figlio ed anche quelle fra entrambi i genitori e il bambino.
Da queste osservazioni è emersa una bassa sensibilità e un’alta intrusione da parte delle madri depresse nei confronti dei figli, i quali (dal canto loro) hanno mostrato un minor coinvolgimento sociale durante le interazioni con i genitori. Anche per quanto riguarda i padri, una buona parte di essi ha mostrato di essere poco sensibile e attento, fortemente intrusivo e poco interessato agli impegni sociali dei minori, contribuendo a rendere l’unità familiare meno coesa, armoniosa, calda e collaborativa.
Tuttavia, quando i padri si sono mostrati sensibili, non intrusivi e interessati alle attività dei propri figli, allora la depressione materna non è stata predittrice di una bassa coesione familiare.
Feldman, a fronte di quanto emerso dai suoi studi, ha affermato che quando un padre affronta la sfida della co-genitorialità con una madre cronicamente depressa, investendo sulla relazione padre-figlio, nonostante i modelli offerti della propria moglie/compagna e forma un rapporto sensibile, non intrusivo e reciproco con il bambino, favorendone il suo coinvolgimento e la sua partecipazione sociale, egli può essere in grado di tamponare lo spillover (effetto domino/propagazione) della depressione materna sull'atmosfera familiare.
Secondo l’autore, inoltre, dal momento che i tassi di depressione materna stanno aumentando e il coinvolgimento paterno nella cura infantile è anch’esso costantemente in aumento (nelle società industrializzate), è fondamentale tenere in considerazione il potenziale contributo che i padri possono offrire rispetto al benessere di tutta la famiglia, attuando interventi per lo sviluppo di uno stile genitoriale sensibile e altri meccanismi compensatori, in modo tale che sia possibile rafforzare il loro ruolo come “tamponi” degli effetti negativi della depressione materna.
Tratto da: sciencedaily
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Claudia Olivieri)
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