Scoperti i marcatori biologici del PTSD?
Lo studio collega l'attività cerebrale correlata con l'apprendimento associativo e la severità dei sintomi di PTSD.
Un nuovo studio ha fatto luce sui contributi neurocomputazionali dello sviluppo del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) nei veterani di guerra.
La ricerca, pubblicata sul giornale "Nature Neuroscience", ha rivelato differenti schemi di come il cervello ed il corpo rispondino alle situazioni di pericolo che sono risultati dipendere dalla severità dei sintomi PTSD. Questi risultati potrebbero aiutarci a spiegare perchè i sintomi del PTSD possono essere gravi per alcuni ma non per altri.
"I ricercatori hanno pensato che le esperienze di PTSD siano delle risposte automatiche di sopravvivenza ale situazioni di pericolo. Questo studio illustra perchè le persone con sintomi PTSD più gravi possano apparire simili nei comportamenti a quelli con minor sintomatologia PTSD. Le differenze sono principalmente nei diversi modi di rispondere ai segnali minacciosi" ha spiegato Susan Borja, Ph.D., a capo del Programma di Ricerca Dimensionale NIMH sul Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD).
Il PTSD è un disturbo che si può sviluppare dopo l'esposizione ad eventi traumatici. Le persone con PTSD possono avere esperienza di pensieri terribili ed invadenti e ricordi degli eventi traumatici, problemi di sonno, sentirsi distaccati ed insensibili ed essere facilmente impressionabili. Mentre circa la metà degli adulti americani ha vissuto esperienze di eventi traumatici nella vita, non tutti sviluppano PTSD.
Una teoria spiega perchè alcune persone sviluppano sintomi del PTSD, suggerendo che durante un evento traumatico, una persona può etichettare come minacciose le persone, i luoghi e gli oggetti che sono presenti nell'evento traumatico, nonostante non lo siano. I sintomi del PTSD risultano quando questi stimoli non minacciosi continuano ad alimentare paure e risposte difensive anche dopo l'accaduto traumatico.
La teoria non spiega però il modo in cui questa associazione occorre. In questo studio, Ilan Harpaz-Rotem, Ph.D., professore associato di Psichiatria alla Yale University, New Haven, Connecticut, Daniela Schiller, Ph.D., professoressa associata di Psichiatria e Neuroscienze alla Scuola di Medicina Icahn del Mount Sinai, New York City, esaminarono la realizzazione delle associazioni mentali nei sintomi PTSD.
I veterani di guerra con livelli variabili nella gravità dei sintomi PTSD completavano un compito di apprendimento inverso nel quale due facce umane lievemente arrabbiate erano accoppiate con uno stimolo lievemente minaccioso. Durante la prima fase del compito, i partecipanti imparavano ad associare una faccia con lo stimolo lievemente minaccioso. Durante la seconda fase di questo studio l'associazione era inversa: i partecipanti imparavano ad associare la seconda faccia con lo stimolo lievemente minaccioso.
Sebbene tutti i partecipanti, fossero capaci di fare bene nel compito di apprendimento inverso, quando i ricercatori osservarono i risultati, scoprirono che i veterani con una forte sintomatologia PTSD, mostravano livelli di arousal fisiologico molto alti (risposte di conduttanza galvanica della pelle) ed una alta attività in regioni cerebrali in risposta agli stimoli non minacciosi. L'amigdala, un'area cerebrale coinvolta nell'apprendimento per associazione, che codifica il valore emotivo, era particolarmente attiva.
Osservando l'amigdala era possibile predire chi fossero le persone con i sintomi più gravi di PTSD. Nel monitorare i valori e le associazioni, i ricercatori scoprirono le regioni cerebrali coinvolte nell'apprendimento della minaccia: lo striato, l'ippocampo e la corteccia cingolata dorsale anteriore.
"Quello che ci dicono i risultati sulla severità dei sintomi PTSD è stato che i veterani di guerra rispondevano agli stimoli non minacciosi come se lo fossero. Questo ci ha portato ad una comprensione maggiore dei processi di associazione derivanti da un trauma e sul fatto che questi possano avere conseguenze sui comportamenti. Tutto questo implica più di un target specifico per un potenziale trattamento futuro" ha spiegato la Dr. Schiller.
"L'incapacità di modificare in modo adeguato le risposte agli stimoli potenzialmente minacciosi ha una rilevanza clinica potenziale nel modo in cui il deficit possa guidare ai comportamenti di evitamento e depressivi " ha concluso il Dr. Harpaz-Rotem. Lo studio è stato finanziato in parte dall'Istituto Nazionale di Salute Mentale ed in parte dall'Istituto Nazionale della Salute.
Tratto da ScienceDaily
(Traduzione ed adattamento a cura del Dottor Claudio Manna)
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