Stili di attaccamento e relazioni difficili
Un nuovo studio ha cercato di comprendere perché le persone “difficili” hanno spesso relazioni problematiche.
Se pensiamo ai nostri familiari, alla nostra cerchia di amici e di colleghi di lavoro, possiamo rapidamente identificare le persone alle quali ci sentiamo più vicini. Inoltre, è anche possibile individuare altrettanto rapidamente quelle “difficili”. Per quanto possiamo provarci, spesso è impossibile avere interazioni piacevoli con queste persone. Grazie ad una nuova ricerca, è stato possibile scoprire cosa c’è che non va in loro e, per estensione, come comunicare con questo tipo di persone.
Probabilmente, la spiegazione psicologica più immediata del perché le persone difficili abbiano relazioni difficili può essere fornita prendendo in considerazione gli stili di attaccamento. Secondo questa prospettiva, la modalità attraverso cui, da adulti, ci relazioniamo alle persone della nostra vita è fortemente determinata dai cosiddetti “Modelli Operativi Interni”, che si sviluppano sulla base della relazione stabilita con i propri genitori o altri caregiver durante l’infanzia.
Se da piccoli abbiamo sentito di poter contare sulla capacità dei nostri genitori di accudirci, da adulti possiamo pensare, allo stesso modo, di poter contare su chi ci circonda. Questo stile di attaccamento viene definito “sicuro” in contrapposizione agli stili “insicuri”, in cui il bambino sente di essere trascurato o abbandonato dai suoi genitori. All’interno dello stile di attaccamento insicuro, è presente una variante “evitante”, caratterizzata dalla tendenza ad evitare le delusioni fuggendo dalle relazioni più intime, ed una “ansiosa”, in cui vi è una costante ricerca di rassicurazioni.
L’individuo difficile, in questo quadro, è colui che ha sviluppato uno stile di attaccamento di tipo evitante. E’ difficile avvicinarsi a queste persone, poiché erigono costantemente barriere che impediscono l’altrui vicinanza.
La Teoria dell’Attaccamento assume, inoltre, che i nostri modelli delle relazioni sono prevalentemente inconsci. Le persone difficili non sono consapevoli di erigere barriere nel tentativo inconscio di proteggersi dall’abbandono. Non è possibile guardare attraverso la “scorza” esterna che hanno creato, perché hanno imparato a non mostrare la parte vulnerabile di sé.
Utilizzando come base teorica la Teoria dell’Attaccamento, Robert Ricco e Anthony Sierra (2017) hanno cercato di esaminare il ruolo delle loro credenze per comprendere in che modo quelli con attaccamento sicuro e insicuro gestiscono il conflitto: presumibilmente, le persone difficili hanno una maggiore tendenza ad evitare il conflitto e quando il conflitto è in atto, utilizzano metodi meno costruttivi per risolverlo.
Ricco e Sierra, nello specifico, erano interessati a confrontare lo stile di attaccamento ansioso con quello evitante in quanto predittori del tipo di strategia utilizzata dall’individuo per gestire un conflitto. Inoltre, è stato previsto che le credenze sul conflitto possano influenzare questa relazione.
Le quattro strategie di conflitto esaminate dagli autori sono state la tendenza a dominare, l’evitamento, l’integrazione e la costrizione. Naturalmente, l’unica strategia che permette di collaborare per la risoluzione del problema è l’integrazione, in cui entrambi i partner cercano di soddisfare le esigenze dell’altro.
Secondo Ricco e Sierra, gli individui con un attaccamento di tipo evitante, sono meno capaci di gestire il conflitto per tre principali motivazioni. Innanzitutto, sono diffidenti verso gli altri, che sono considerati poco leali e premurosi. In secondo luogo, non sono poi così capaci di immaginare il modo in cui si sentono le altre persone. Infine, gli individui evitanti si tengono alla larga dalle situazioni in cui potrebbero emergere conflitti perché, inconsciamente, non vogliono essere considerati come bisognosi di una relazione.
Utilizzando strumenti self - report per individuare la tipologia di stile di attaccamento, le strategie nel conflitto e le credenze, i ricercatori hanno ottenuto dei dati da un campione di 449 studenti universitari, di età compresa tra 18 e 56 anni. La maggior parte di essi aveva una relazione, mentre il 14% era sposato.
Rispetto alle persone con uno stile di attaccamento ansioso, coloro i quali presentano un attaccamento di tipo evitante tendono, probabilmente, a considerare il conflitto come svantaggioso. Questi individui, pertanto, hanno una maggiore probabilità di evitare un conflitto e quando si trovano a doverne gestire uno tendono ad utilizzare maggiormente una strategia basata sulla dominazione: questo è ciò che contraddistingue le persone “difficili”; allergici a rapporti intimi di qualsiasi tipo, tendono ad allontanare e quando interagiscono con l’altro sono polemici ed insistono per avere ragione.
Come concludono gli autori “L’attaccamento evitante risulta essere più problematico rispetto a quello ansioso, quando si tratta di gestire dei conflitti all’interno delle relazioni amorose”. In generale, gli individui che percepiscono le discussioni di coppia come fonte di benefici, hanno una maggiore probabilità di utilizzare tattiche basate sull’integrazione, che porterebbero, a loro volta, a risultati positivi.
Ritornando alle “persone difficili” che ci troviamo quotidianamente ad affrontare, il nostro tentativo di risultare flessibili e cordiali non sembra fare alcuna differenza per loro. Questi individui non sono disposti ad intraprendere semplici chiacchierate, dalle quali molte persone traggono giovamento, e quando lo fanno, ci sentiamo come se avessimo detto qualcosa di sbagliato o offensivo.
Lo studio di Ricco e Sierra ci invita a pensare al motivo per cui questi individui risultano essere freddi e distaccati. Potrebbe essere necessario uno sforzo da parte nostra nell’interagire con questi individui cercando di essere pazienti e amichevoli. Tuttavia, alla fine, è possibile rompere il ghiaccio ed avere con loro delle interazioni positive. E’ sicuramente più probabile che la soddisfazione nei rapporti personali venga raggiunta quando tutti si comportano bene, ma anche le persone difficili possono avere un lato più “morbido” se si ha la capacità di trovarlo.
Tratto da: psychologytoday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Rubina Auricchio)
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