Uno studio offre una nuova pista per capire il meccanismo d'azione dell'anestesia (Rochefeller University)
L’anestesia, clinicamente importante per i pazienti ed ampiamente usata nella pratica chirurgica, è ancora oggetto di studio, poiché non si riesce a comprendere come questa tipologia di farmaci interagisca con il cervello, fino a bloccare il dolore ed indurre uno stato simile al coma e che non resta in memoria.
Il dibattito ha diviso la comunità di ricerca sull’anestesia in due campi: uno che crede che gli anestetici agiscano principalmente sulla membrana cellulare (il doppio strato lipidico) delle cellule nervose, forse alterandole al punto che le cellule integrate non possono funzionare normalmente; l’altro che ritiene, invece, che queste stesse proteine di membrana siano alterate direttamente dagli anestetici.
Un nuovo studio supporta quest’ultima posizione. Un gruppo di ricercatori del Weill Cornell Medical College ha trovato che sono le proteine ad essere colpite dall’anestesia usata comunemente. I ricercatori riportano che, nello specifico, l’attività delle proteine del canale ionico, importanti per la comunicazione da cellula a cellula, è ridotta in modo marcato quando vengono somministrati gli anestetici.
“Questa è, secondo la nostra esperienza, la prima dimostrazione che gli anestetici alterano il funzionamento di rilevanti canali ionici senza alterare le proprietà delle membrane cellulari”, ha detto l’autore principale dello studio, il dr. Hugh C. Hemmings, professore e presidente al Weill Cornell, che ha lavorato in stretta collaborazione con il dr. Olaf S. Andersen, un esperto del doppio strato lipidico, che ha sviluppato dei metodi specifici per quantificare gli effetti che perturbano la membrana, ad opera di farmaci ed altre molecole.
In particolare, lo studio ha testato clinicamente concentrazioni rilevanti di isoflurano, un anestetico volatile, ampiamente usato in chirurgia, a differenza di quegli studi precedenti, i quali avevano trovato che la membrana era alterata, ma che usavano dosi molto più alte, che non sarebbero mai state usate nei pazienti. “La distinzione è importante”, ha detto il dr Karl Herold, autore principale dello studio e ricercatore associato nel Dipartimento di Anestesiologia, che ha eseguito ed analizzato gli esperimenti. Infatti, è stato trovato che questa tipologia di anestetici inibisce il funzionamento del canale voltaggio-dipendente del sodio (Nav), attraverso interazioni dirette con le proteine di canale, senza influenzare le proprietà del doppio strato fosfolipidico, quindi escludendo un coinvolgimento della membrana cellulare (essa è alterata solo a dosi tossiche, che non riguardano il caso dell’anestesia).
“I farmaci non sono perfetti - hanno sempre effetti collaterali” ha detto il dr. Herold.
“Puoi solo migliorare i farmaci se sai come agiscono, il che significa che hai bisogno di sapere quando i famaci hanno effetti non specifici o indesiderati sulla membrana”, ha aggiunto il dr Andersen. “Ora che abbiamo una conoscenza di base su come gli anestetici influenzano le cellule nel sistema nervoso centrale, abbiamo la possibilità di migliorarli” ha detto “Nel futuro, potremmo essere capaci di disegnare gli anestetici che fanno solo quello che vogliamo che facciano e non il contrario”.
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